La recente riforma dello sport, attuata mediante il D.lgs. n. 36 del 2021, ha introdotto significative novità riguardanti i requisiti che devono essere soddisfatti dagli statuti delle associazioni e società sportive dilettantistiche (ASD e SSD). Tali requisiti mirano a garantire la corretta gestione di questi enti, assicurando trasparenza, democraticità e assenza di finalità lucrative. In questo articolo esamineremo nel dettaglio ciascuno dei requisiti statutari previsti dalla riforma, fornendo una guida completa per adeguare gli statuti alle nuove disposizioni. Analizzeremo aspetti fondamentali come la sede legale, la denominazione sociale, l’oggetto sociale, la rappresentanza legale, il divieto di distribuzione degli utili, le norme sull’ordinamento interno e gli obblighi di rendicontazione economico-finanziaria. Esploreremo anche tematiche più specifiche, come il diritto di voto per i soci minorenni e i modelli di rendicontazione adatti a enti di diverse dimensioni. L’obiettivo è offrire un supporto concreto agli amministratori e ai consulenti di ASD e SSD nell’importante compito di adeguare gli statuti alle nuove norme.
Sede Legale
La sede legale riveste un ruolo cruciale nell’identificazione di un’associazione sportiva dilettantistica. Si tratta di una clausola inderogabile dello statuto o dell’atto costitutivo, che indica l’indirizzo presso cui si presume venga svolta l’attività amministrativa e gestionale dell’ente. La sede legale costituisce il punto di riferimento ufficiale per tutte le comunicazioni e gli atti riguardanti l’associazione. Presso tale indirizzo devono essere conservati tutti i documenti e gli atti relativi alla gestione dell’ente, garantendone la disponibilità per eventuali controlli.
È importante sottolineare che la sede legale non necessariamente coincide con il luogo di svolgimento delle attività sportive. L’associazione può infatti liberamente istituire una o più sedi secondarie dove vengono concretamente svolte le attività istituzionali. Tuttavia, la sede legale resta il fulcro amministrativo dell’ente e il suo indirizzo deve essere sempre indicato con precisione nello statuto.
Denominazione Sociale
La denominazione sociale assolve una funzione identificativa dell’associazione, analogamente al nome per le persone fisiche. Non a caso, essa riceve la medesima tutela giuridica prevista dall’art. 7 del Codice Civile per il diritto al nome.
La riforma dello sport impone alcuni obblighi specifici riguardo alla denominazione degli enti sportivi dilettantistici. In particolare, è necessario inserire nella denominazione un esplicito riferimento alla finalità sportiva e alla natura dilettantistica dell’associazione. Tale indicazione deve essere utilizzata in tutti i segni distintivi dell’ente e in tutte le comunicazioni rivolte al pubblico, come chiarito anche dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 21/E del 2003.
Ulteriori vincoli riguardano l’originalità della denominazione, che non deve essere confondibile con quella di altre associazioni già esistenti, non deve contenere espressioni vietate dalla legge o idonee a trarre in inganno i terzi sulla reale natura dell’ente. Qualora la denominazione volesse richiamare, in tutto o in parte, marchi o prodotti di imprese commerciali o industriali, sarà necessario munirsi della preventiva autorizzazione dei titolari dei diritti.
Infine, per le ASD che intendono acquisire la qualifica di Ente del Terzo Settore (ETS), la denominazione dovrà contenere l’indicazione di “Ente del Terzo Settore” o l’acronimo “ETS”. Anche in questo caso, tale indicazione andrà riportata in tutti gli atti, nella corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico.
Oggetto Sociale
L’oggetto sociale deve necessariamente prevedere l’esercizio in via stabile e principale dell’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, includendo anche la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica.
Il requisito della stabilità esclude che possano accedere al regime speciale degli enti sportivi dilettantistici quei soggetti che svolgono attività sportiva solo in via occasionale o secondaria. L’attività sportiva deve infatti qualificarsi come principale rispetto ad eventuali attività diverse esercitate dall’ente.
Un’eccezione a tale principio è prevista per le associazioni e società sportive che abbiano acquisito la qualifica di Ente del Terzo Settore. In tal caso, la natura principale dell’attività sportiva dilettantistica può venire meno laddove ciò sia necessario per consentire il contestuale svolgimento di altre attività di interesse generale previste dall’art. 4 del D.lgs. n. 117/2017 (Codice del Terzo Settore).
Ferma restando la primarietà dell’attività sportiva dilettantistica, la riforma consente espressamente agli enti sportivi di esercitare anche attività diverse, purché ciò sia previsto dall’atto costitutivo o dallo statuto. Tali attività devono in ogni caso rivestire carattere secondario e strumentale rispetto alle attività istituzionali e devono essere svolte secondo criteri e limiti da definirsi con apposito decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il mancato rispetto di tali limiti per due esercizi consecutivi comporta la cancellazione dell’ente dal Registro Nazionale delle Attività Sportive Dilettantistiche.
Rappresentanza Legale
La rappresentanza legale dell’associazione deve essere attribuita ad una o più persone, secondo quanto stabilito dall’atto costitutivo o dallo statuto. Non sono previsti particolari limiti o vincoli in merito.
Per espressa previsione dell’art. 36 del Codice Civile, nelle associazioni non riconosciute la rappresentanza processuale – ossia la capacità di stare in giudizio in nome e per conto dell’ente – spetta al presidente o al direttore, a seconda della carica apicale concretamente prevista per il sodalizio.
Diversamente, per quanto riguarda la rappresentanza sostanziale – cioè il potere di compiere atti con rilevanza esterna per l’associazione – lo statuto può attribuirla liberamente ad uno o più componenti dell’organo amministrativo, senza necessariamente concentrarla in capo al presidente o direttore.
Assenza di Scopo di Lucro
Un requisito inderogabile per gli enti sportivi dilettantistici è quello di non perseguire finalità lucrative, né in senso oggettivo (lucro oggettivo), né in senso soggettivo (lucro soggettivo).
Lo statuto deve dunque prevedere espressamente il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione, fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione. Gli eventuali utili dovranno essere interamente reinvestiti nell’attività sportiva o destinati all’incremento del patrimonio sociale.
La portata del divieto di distribuzione degli utili deve essere valorizzata sia in chiave oggettiva, precludendo qualsivoglia attribuzione di vantaggi economici in favore dei soci, sia in chiave soggettiva, vietando la possibilità per i singoli associati di ottenere guadagni personali in ragione della partecipazione all’ente.
Un’importante deroga al divieto di lucro soggettivo è prevista esclusivamente per le società sportive dilettantistiche costituite in forma di società di capitali o cooperative. Tali società possono infatti distribuire ai soci una quota degli utili di esercizio, nella misura massima del 50% e comunque nel limite complessivo di euro 40.000 annui. Tale possibilità è subordinata alla previa copertura di eventuali perdite di esercizi precedenti.
Il mancato rispetto del vincolo di destinazione degli utili comporta la decadenza dalle agevolazioni fiscali previste per gli enti sportivi dilettantistici, fatta salva la possibilità di sanare eventuali irregolarità entro il termine di 30 giorni dalla relativa contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Norme sull’Ordinamento Interno
Le norme statutarie che disciplinano l’ordinamento interno e l’organizzazione degli enti sportivi dilettantistici devono ispirarsi al principio di democraticità. In particolare, lo statuto deve garantire:
- La sovranità dell’assemblea dei soci o associati;
- L’uguaglianza dei diritti tra i soci o associati;
- L’elettività delle cariche sociali;
- Criteri di ammissione ed esclusione dei soci o associati improntati a trasparenza e partecipazione;
- Criteri di attribuzione dei diritti di voto tali da garantire effettiva partecipazione alla vita associativa.
Il principio della democraticità costituisce una condizione essenziale per il riconoscimento dei benefici fiscali previsti per gli enti sportivi dilettantistici. La sua corretta attuazione è oggetto di specifica valutazione in sede di iscrizione al Registro Nazionale delle Attività Sportive Dilettantistiche e può essere verificata anche in occasione di successivi controlli.
Un tema dibattuto riguarda il diritto di voto dei soci minorenni. Secondo un orientamento giurisprudenziale, l’esclusione dei minorenni dal diritto di voto e di elettorato attivo e passivo potrebbe essere considerata lesiva del loro status di socio, in contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza e non discriminazione. D’altro canto, in ambito tributario, sembra potersi ritenere sufficiente, ai fini del requisito della democraticità, che gli statuti garantiscano il diritto di voto per i soci maggiorenni. Una soluzione intermedia potrebbe essere quella di riconoscere ai soci minorenni il solo diritto di elettorato attivo (diritto di voto), escludendoli dall’elettorato passivo (diritto ad essere eletti).
Rendiconti Economico-Finanziari
L’obbligo di redigere rendiconti economico-finanziari e le relative modalità di approvazione devono essere espressamente previsti dallo statuto degli enti sportivi dilettantistici.
La normativa non impone schemi di bilancio specifici, lasciando ampia libertà nella scelta dei criteri di redazione dei rendiconti, che potranno essere improntati al principio di cassa o di competenza a seconda delle dimensioni e delle caratteristiche dell’ente.
Importanti indicazioni operative sono state fornite dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) e dalla Federazione Nazionale dei Collegi dei Ragionieri (FNC), che hanno elaborato due modelli di rendiconto:
- un rendiconto completo, composto da stato patrimoniale, rendiconto gestionale e relazione di missione, adatto a realtà di maggiori dimensioni o con gestione più complessa;
- un rendiconto semplificato basato sul solo prospetto di incassi e pagamenti con alcune annotazioni, più idoneo per enti minori con contabilità di cassa.
Quale che sia il modello prescelto, è essenziale che il rendiconto fornisca una rappresentazione veritiera e trasparente della situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’ente, nonché una chiara illustrazione dell’attività svolta e delle modalità di perseguimento delle finalità statutarie.
I rendiconti devono essere approvati dall’assemblea degli associati entro i termini previsti dallo statuto.
Pur essendo previsto l’obbligo di rendicontazione, non sussiste alcun obbligo di deposito del bilancio o rendiconto annuale – diversamente da quanto previsto per gli ETS che devono provvedere con il loro deposito al RUNTS entro il 30 giugno dell’anno successivo – se non nel caso previsto dall’art. 14 del D.lgs. 28 febbraio 2021, n. 39, in ordine al procedimento di acquisizione della personalità giuridica tramite l’iscrizione al RASD.
Le modalità di scioglimento dell’associazione
Ad oggi si segnala la mancanza di una disciplina specifica per le associazioni non riconosciute può creare incertezze nella gestione della fase di estinzione dell’ente. Proprio per questo motivo, la previsione normativa che impone di indicare nello statuto le modalità di scioglimento riveste particolare importanza, in quanto consente di definire in anticipo e con chiarezza le regole da seguire al momento della cessazione dell’attività associativa.
In particolare, una clausola statutaria ben redatta dovrebbe specificare:
- Le cause di scioglimento: oltre a quelle legali (raggiungimento dello scopo, impossibilità sopravvenuta, venir meno di tutti gli associati), è opportuno prevedere anche ipotesi convenzionali, come ad esempio una delibera dell’assemblea straordinaria adottata con maggioranze qualificate.
- Le maggioranze necessarie per deliberare lo scioglimento: in assenza di una disciplina specifica, è consigliabile richiedere maggioranze rafforzate, come i due terzi o i tre quarti degli associati, in modo da garantire una decisione ampiamente condivisa.
- Gli adempimenti formali: è utile indicare chi sia competente ad accertare la causa di scioglimento, a redigere il bilancio finale di liquidazione, a cancellare l’ente dai registri cui è iscritto.
- La nomina dei liquidatori: occorre stabilire chi debba provvedere alla liquidazione del patrimonio associativo, se l’assemblea, il consiglio direttivo o soggetti terzi.
- I criteri di devoluzione del patrimonio residuo: in base alla normativa, il patrimonio va destinato a fini sportivi, ma è bene specificare se debba essere devoluto ad altri enti sportivi dilettantistici, a federazioni sportive, a enti pubblici che perseguono finalità sportive.
- I termini per il completamento della liquidazione: per evitare che la fase di scioglimento si protragga eccessivamente, può essere opportuno prevedere un termine entro cui la liquidazione debba essere completata.
Una clausola statutaria che disciplini in modo puntuale questi aspetti può senz’altro contribuire a gestire con maggiore serenità ed efficienza il delicato momento della cessazione dell’ente, nell’interesse degli associati e della stessa attività sportiva.
Allo stesso tempo, una previsione statutaria chiara sulle modalità di scioglimento agevola anche i rapporti con i terzi e con le autorità di controllo, fornendo certezza sui passaggi da seguire e sulle responsabilità dei vari soggetti coinvolti.
La devoluzione ai fini sportivi del patrimonio
La clausola sulla devoluzione del patrimonio a fini sportivi in caso di scioglimento dell’ente rappresenta un corollario del principio di assenza di scopo di lucro che permea tutta la disciplina delle associazioni e società sportive dilettantistiche. La ratio di tale previsione è quella di evitare che l’attività sportiva dilettantistica possa essere utilizzata come schermo per il perseguimento di finalità lucrative da parte degli associati o dei soci. Imponendo di destinare il patrimonio residuo ad altri enti che perseguono analoghe finalità sportive, si garantisce che le risorse accumulate grazie alle agevolazioni fiscali e alle attività istituzionali siano effettivamente reimpiegate per lo sviluppo dello sport e non si traducano in un arricchimento personale dei singoli.
Sotto questo profilo, la clausola di devoluzione si pone in linea di continuità con altri requisiti statutari, come il divieto di distribuzione degli utili o la destinazione del patrimonio durante la vita dell’ente al perseguimento delle sole finalità sportive dilettantistiche. Si tratta di presidi fondamentali per assicurare la corretta destinazione delle risorse e la genuinità dell’attività associativa.
Nel redigere la clausola statutaria, sarà importante specificare in modo chiaro e puntuale i beneficiari della devoluzione, facendo riferimento a enti che abbiano nelle proprie finalità istituzionali la promozione dello sport dilettantistico. Potranno essere menzionate, ad esempio, altre associazioni o società sportive dilettantistiche, federazioni sportive nazionali o locali, enti di promozione sportiva, nonché enti pubblici che perseguono finalità sportive. In alternativa, si potrà prevedere che sia la stessa assemblea dei soci, al momento dello scioglimento, ad individuare uno o più specifici enti destinatari del patrimonio residuo, sempre nel rispetto del vincolo di destinazione a fini sportivi dilettantistici.
In ogni caso, la scelta degli enti beneficiari dovrà essere improntata a criteri di trasparenza e imparzialità, evitando favoritismi o conflitti di interesse. Si potrà valorizzare, ad esempio, la contiguità territoriale, la comunanza di discipline praticate, l’affidabilità e la reputazione dell’ente prescelto.
Occorrerà poi coordinare la clausola di devoluzione con le altre previsioni statutarie in tema di scioglimento, in modo da garantire un procedimento ordinato e coerente. In particolare, sarà opportuno stabilire che la devoluzione avvenga al termine della fase di liquidazione, una volta soddisfatti tutti i debiti e le obbligazioni pendenti.
Conclusioni
La riforma dello sport ha introdotto numerose novità riguardanti i requisiti statutari delle associazioni e società sportive dilettantistiche. L’adeguamento degli statuti alle nuove disposizioni rappresenta un adempimento fondamentale per garantire il corretto funzionamento di tali enti e per preservare le agevolazioni fiscali ad essi riservate.
In questo articolo abbiamo analizzato nel dettaglio i principali ambiti statutari interessati dalla riforma, fornendo indicazioni operative per la redazione di clausole conformi ai nuovi dettami normativi. Abbiamo esaminato i requisiti riguardanti la sede legale, la denominazione sociale, l’oggetto sociale, la rappresentanza legale, l’assenza di scopo di lucro, le norme sull’ordinamento interno democratico e gli obblighi di rendicontazione economico-finanziaria.
Particolare attenzione è stata dedicata ad alcuni aspetti più controversi, come la possibilità di svolgere attività diverse da quelle sportive, i limiti alla distribuzione di utili per le società sportive, il diritto di voto dei soci minorenni e i modelli di rendicontazione adatti a enti di diverse dimensioni.
L’auspicio è che questo contributo possa costituire un utile supporto per amministratori, consulenti e operatori del settore nell’importante compito di adeguare gli statuti dei propri enti alle novità della riforma. Solo attraverso statuti completi, chiari e rispettosi delle nuove norme sarà possibile garantire la piena regolarità e il corretto sviluppo del movimento sportivo dilettantistico nel nostro Paese.
Domande e Risposte
D: Quali sono i principali ambiti statutari interessati dalla riforma dello sport?
R: La riforma incide su molteplici aspetti statutari, tra cui: sede legale, denominazione, oggetto sociale, rappresentanza legale, assenza di scopo di lucro, ordinamento interno democratico, obblighi di rendicontazione economico-finanziaria.
D: Cosa accade se un’ASD distribuisce utili o avanzi di gestione ai propri soci?
R: La distribuzione di utili, anche indiretta, comporta la decadenza dalle agevolazioni fiscali previste per gli enti sportivi dilettantistici. È possibile sanare eventuali irregolarità entro 30 giorni dalla contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate.
D: Un’ASD può attribuire il diritto di voto nelle assemblee ai soli soci maggiorenni?
R: Secondo l’Agenzia delle Entrate, una clausola in tal senso è compatibile con il principio di democraticità richiesto ai fini fiscali, purché sia comunque garantita la partecipazione di tutti gli associati alla vita dell’ente. Tuttavia, la giurisprudenza tende a considerare illegittima l’esclusione assoluta dei minorenni dal diritto di voto.
D: È possibile per un ente sportivo dilettantistico svolgere anche attività diverse da quelle sportive?
R: Sì, a condizione che tali attività siano secondarie e strumentali rispetto a quelle istituzionali, siano espressamente previste dall’atto costitutivo o dallo statuto e siano svolte secondo i criteri e limiti che saranno definiti da un apposito decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
D: Un’associazione sportiva dilettantistica può distribuire utili ai propri soci?
R: In linea generale vige un divieto assoluto di distribuzione, anche indiretta, di utili o avanzi di gestione. Un’eccezione è prevista, entro certi limiti, solo per le società di capitali e cooperative sportive dilettantistiche, che possono distribuire ai soci una quota di utili non superiore al 50%, purché in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche associate.
D: Quali principi devono ispirare le norme statutarie sull’ordinamento interno di un ente sportivo dilettantistico?
R: Le norme sull’ordinamento interno devono garantire la democraticità della vita associativa, assicurando in particolare: sovranità dell’assemblea, uguaglianza dei diritti dei soci, elettività delle cariche sociali, criteri di ammissione ed esclusione trasparenti e partecipati, attribuzione del diritto di voto in modo da consentire l’effettiva partecipazione dei soci.
D: Esistono schemi obbligatori per la redazione dei rendiconti economico-finanziari degli enti sportivi dilettantistici?
R: No, la normativa non impone schemi predefiniti. Tuttavia, il CNDCEC e la FNC hanno predisposto modelli di riferimento differenziati per enti di maggiori o minori dimensioni, che possono orientare utilmente la scelta del modello di rendicontazione più adeguato alle caratteristiche del singolo ente.