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Il lavoratore sportivo autonomo: inquadramento e aspetti fiscali

26 Aprile, 2024

Nel panorama del diritto sportivo italiano, il lavoratore sportivo può essere inquadrato non solo come lavoratore subordinato o collaboratore coordinato e continuativo, ma anche come lavoratore autonomo. Questa figura professionale, che può essere sia dilettante che professionista, è disciplinata dall’art. 25 del D.Lgs. n. 36/2021 e dall’art. 53, comma 2, lett. a) del TUIR, come modificato dall’art. 29 del D.Lgs. n. 163/2022. In questo articolo, approfondiremo le caratteristiche del lavoratore sportivo autonomo, analizzando il suo inquadramento giuridico e gli aspetti fiscali connessi a questa tipologia di rapporto di lavoro.

L’inquadramento del lavoratore sportivo autonomo

L’art. 25 del D.Lgs. n. 36/2021 prevede espressamente la possibilità per il lavoratore sportivo di essere inquadrato come lavoratore autonomo. Questo significa che il rapporto di lavoro tra il lavoratore sportivo e il suo committente (ad esempio, una società sportiva o una federazione) non è regolato da un contratto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa, bensì da un contratto di prestazione d’opera professionale.

In questo contesto, il lavoratore sportivo autonomo si impegna a svolgere una determinata prestazione sportiva in favore del committente, senza vincolo di subordinazione e con piena autonomia organizzativa. Il lavoratore, quindi, non è soggetto al potere direttivo e di controllo del committente, ma è libero di organizzare la propria attività secondo le modalità che ritiene più opportune, nel rispetto degli accordi contrattuali stipulati.

Aspetti fiscali del lavoro sportivo autonomo

Dal punto di vista fiscale, i redditi derivanti dalle prestazioni sportive rese dal lavoratore autonomo rientrano nella categoria dei redditi di lavoro autonomo, come previsto dall’art. 53, comma 2, lett. a) del TUIR. Questa norma, recentemente modificata dall’art. 29 del D.Lgs. n. 163/2022, stabilisce che sono considerati redditi di lavoro autonomo “i redditi derivanti dalle prestazioni sportive, oggetto di contratto diverso da quello di lavoro subordinato o da quello di collaborazione coordinata e continuativa, ai sensi del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36“.

Pertanto, il lavoratore sportivo autonomo è tenuto a dichiarare i propri redditi derivanti dall’attività sportiva nella dichiarazione dei redditi, applicando le regole previste per i lavoratori autonomi. In particolare, dovrà emettere fattura per le prestazioni rese, applicare l’IVA (se prevista) e versare i contributi previdenziali alla gestione separata INPS, secondo le aliquote previste per i lavoratori autonomi.

Il regime forfettario ex legge 190/2024

Il lavoratore sportivo autonomo può svolgere la propria attività in regime forfettario, beneficiando così di una tassazione agevolata e di una serie di semplificazioni contabili e fiscali. Per accedere al regime forfettario, il lavoratore sportivo autonomo deve rispettare il limite di ricavi e compensi previsto. In questo caso, il lavoratore applicherà un’imposta sostitutiva del 15% sul reddito imponibile, determinato applicando ai compensi percepiti un coefficiente di redditività del 78%. Tuttavia, ai sensi dell’art. 36, comma 6, del D.Lgs. n. 36/2021, i compensi percepiti dal lavoratore sportivo autonomo nell’area del dilettantismo non costituiscono base imponibile ai fini fiscali fino all’importo complessivo annuo di 15.000 euro. Superata tale soglia, il reddito sarà assoggettato a tassazione solo per la parte eccedente. Dal punto di vista previdenziale, il lavoratore sportivo autonomo in regime forfettario beneficia di un esonero contributivo fino a 5.000 euro, mentre la parte eccedente sarà soggetta a contribuzione INPS nella misura del 26,23%, con una riduzione del 50% fino al 31 dicembre 2027, come previsto dall’art. 35 del D.Lgs. n. 36/2021.

In particolare, l’art. 1, commi da 54 a 89, della Legge n. 190/2014 (Legge di Stabilità 2015) ha introdotto il regime forfettario, successivamente modificato dalle leggi di bilancio. Attualmente, il limite di ricavi e compensi per accedere al regime forfettario è confermato a 85.000 euro.

Pertanto, il lavoratore sportivo autonomo che nell’anno precedente ha conseguito ricavi o compensi non superiori a 85.000 euro può applicare il regime forfettario, beneficiando così di una tassazione agevolata con imposta sostitutiva al 15% e di una serie di semplificazioni contabili e fiscali, tra cui:

  • Esonero dalla registrazione e tenuta delle scritture contabili
  • Esonero dalla liquidazione e versamento dell’IVA
  • Esonero dalla presentazione della dichiarazione IVA
  • Esonero dall’applicazione degli studi di settore e dei parametri
  • Esonero dall’applicazione della ritenuta d’acconto

Tuttavia, il lavoratore sportivo autonomo in regime forfettario dovrà comunque:

  • Numerare e conservare le fatture d’acquisto e le bollette doganali
  • Certificare i corrispettivi
  • Presentare gli elenchi Intrastat (se dovuti)
  • Versare i contributi previdenziali alla gestione separata INPS

Inoltre, a partire dal 1° gennaio 2024, tutti i soggetti in regime forfettario sono obbligati ad emettere fattura elettronica per le operazioni effettuate nei confronti di altri soggetti IVA.

Esempi pratici

  1. Un tennista professionista stipula un contratto di prestazione d’opera professionale con una società sportiva per partecipare a un torneo. Il tennista organizzerà autonomamente la propria preparazione atletica e tecnica, scegliendo i propri collaboratori e le modalità di allenamento. I compensi percepiti dal tennista saranno qualificati come redditi di lavoro autonomo.
  2. Una giovane promessa del nuoto dilettantistico viene ingaggiata da una società sportiva per partecipare a diverse competizioni. La nuotatrice, pur essendo dilettante, stipula un contratto di prestazione d’opera professionale con la società, impegnandosi a gareggiare nelle manifestazioni indicate dalla società stessa. Anche in questo caso, i compensi percepiti dalla nuotatrice saranno considerati redditi di lavoro autonomo.

Conclusione

Il lavoratore sportivo autonomo rappresenta una figura professionale di rilievo nel contesto del diritto sportivo italiano. Caratterizzato dall’assenza di vincolo di subordinazione e dalla piena autonomia organizzativa, il lavoratore sportivo autonomo può essere sia dilettante che professionista e i suoi redditi sono qualificati come redditi di lavoro autonomo ai fini fiscali. La corretta comprensione dell’inquadramento giuridico e degli aspetti fiscali connessi a questa tipologia di rapporto di lavoro è fondamentale per una gestione consapevole e trasparente dell’attività sportiva.


Domande e Risposte

D: Quali sono le principali differenze tra il lavoratore sportivo autonomo e il lavoratore sportivo subordinato?
R: La principale differenza risiede nel vincolo di subordinazione: mentre il lavoratore subordinato è soggetto al potere direttivo e di controllo del datore di lavoro, il lavoratore autonomo gode di piena autonomia organizzativa e non è subordinato al committente. Inoltre, dal punto di vista fiscale, i redditi del lavoratore autonomo sono qualificati come redditi di lavoro autonomo, mentre quelli del lavoratore subordinato sono redditi di lavoro dipendente.

D: Il lavoratore sportivo autonomo può essere sia dilettante che professionista?
R: Sì, l’inquadramento come lavoratore autonomo prescinde dalla qualifica di dilettante o professionista. Ciò che conta è la natura del rapporto contrattuale tra il lavoratore e il committente, che nel caso del lavoro autonomo è un contratto di prestazione d’opera professionale.

D: Quali sono gli obblighi fiscali del lavoratore sportivo autonomo?
R: Il lavoratore sportivo autonomo deve dichiarare i propri redditi derivanti dall’attività sportiva nella dichiarazione dei redditi, emettere fattura per le prestazioni rese, applicare l’IVA (se prevista) e versare i contributi previdenziali alla gestione separata INPS, secondo le aliquote previste per i lavoratori autonomi.

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