Nell’ambito delle associazioni sportive dilettantistiche, la figura del volontario riveste un ruolo fondamentale per il funzionamento e la promozione delle attività. Tuttavia, spesso emergono dubbi riguardo alla necessità o meno di tesserare i volontari e alle implicazioni che ne derivano. In questo articolo, esploreremo nel dettaglio la figura del volontario non tesserato, analizzando le disposizioni normative, le opportunità e i limiti di questa scelta.
Il volontario secondo il D.Lgs. 36/2021
L’articolo 29 del Decreto Legislativo 36/2021 definisce chiaramente la figura del volontario nell’ambito sportivo. Secondo tale norma, le associazioni sportive possono avvalersi di volontari che mettono a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere lo sport in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro e con finalità amatoriali. Le prestazioni dei volontari possono comprendere sia lo svolgimento diretto dell’attività sportiva, sia la formazione, la didattica e la preparazione degli atleti. È importante sottolineare che tali prestazioni non possono essere retribuite in alcun modo e sono incompatibili con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo con l’ente di cui il volontario è socio o associato.
Il tesseramento del volontario: una scelta non obbligatoria ma opportuna
La normativa citata non impone l’obbligo di tesseramento per i volontari. Tuttavia, tesserare il collaboratore volontario può essere una scelta opportuna per diversi motivi. Innanzitutto, il tesseramento garantisce una tutela infortunistica al volontario, assicurandolo per la responsabilità civile verso terzi, come previsto dall’articolo 29, comma 4, del D.Lgs. 36/2021. Inoltre, il tesseramento può offrire una maggiore copertura assicurativa, anche se è necessario verificare le specifiche condizioni con l’organismo di affiliazione.
Il caso del volontario che presta servizio ad una attività commerciale
È importante distinguere tra il volontario “sportivo” e altre forme di collaborazione volontaria. Nel caso specifico del volontario che presta servizio ad esempio al bar all’interno dell’impianto sportivo, si tratta di un’attività commerciale che esula dalle attività istituzionali del sodalizio sportivo. Pertanto, tale figura non può essere ricondotta al volontario sportivo definito dalla normativa. In questo caso, l’associazione deve valutare attentamente l’opportunità di attribuire al collaboratore la qualifica di socio, tenendo presente le differenti finalità e implicazioni di tale scelta.
L’importanza dello statuto e delle attività diverse
Per poter svolgere attività diverse da quelle principali, come la gestione di un chiosco, l’associazione sportiva deve prevedere tali attività nello statuto, ai sensi dell’articolo 9 del D.Lgs. 36/2021. Queste attività devono essere secondarie e strumentali rispetto a quelle istituzionali e devono rispettare i criteri e i limiti definiti da un apposito decreto. Il mancato adeguamento dello statuto alle disposizioni normative può comportare l’inammissibilità della richiesta di iscrizione al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche o la cancellazione d’ufficio per gli enti già iscritti.
Socio o tesserato: valutare attentamente le differenze
La scelta tra attribuire al collaboratore la qualifica di socio o tesserato richiede una valutazione attenta delle finalità e delle implicazioni di ciascuna opzione. Diventare socio significa condividere le finalità istituzionali dell’ente e partecipare attivamente alla vita associativa, con diritti e doveri specifici, come l’esame dei rendiconti e la partecipazione alle assemblee. Al contrario, il tesseramento ha una natura più limitata e circoscritta alle attività sportive. È fondamentale comprendere che le due qualifiche non sono interscambiabili e che la scelta deve essere ponderata in base alle esigenze e agli obiettivi sia del collaboratore che dell’associazione.
Esempi pratici
- Marco è un appassionato di calcio e decide di offrire il suo tempo come volontario presso la locale associazione sportiva dilettantistica. Svolge attività di supporto durante gli allenamenti e le partite, senza percepire alcun compenso. In questo caso, Marco può essere considerato un volontario sportivo ai sensi dell’articolo 29 del D.Lgs. 36/2021, anche senza essere necessariamente tesserato.
- L’associazione sportiva “Atletica Sprint” gestisce un bar durante le manifestazioni sportive per raccogliere fondi. Laura, una socia dell’associazione, si offre di dare una mano gratuitamente al bar. In questo caso, l’attività di Laura non rientra nella definizione di volontario sportivo, poiché il bar è un’attività commerciale. L’associazione dovrà valutare se attribuirle la qualifica di socia o trovare altre forme di collaborazione.
Conclusione
La figura del volontario non tesserato nelle associazioni sportive dilettantistiche è regolamentata dall’articolo 29 del D.Lgs. 36/2021, che ne definisce il ruolo, le prestazioni e i limiti. Sebbene il tesseramento non sia obbligatorio, può essere una scelta opportuna per garantire una maggiore tutela al volontario. Tuttavia, è fondamentale distinguere tra il volontario sportivo e altre forme di collaborazione volontaria, come nel caso del servizio al chiosco dello stadio. In questi casi, l’associazione deve valutare attentamente l’opportunità di attribuire al collaboratore la qualifica di socio, tenendo presente le differenze sostanziali tra le due figure. Infine, per svolgere attività diverse da quelle istituzionali, l’associazione deve adeguare il proprio statuto e rispettare i criteri e i limiti previsti dalla normativa.
Domande e Risposte
D: Il volontario sportivo deve essere necessariamente tesserato?
R: No, il tesseramento del volontario sportivo non è obbligatorio secondo l’articolo 29 del D.Lgs. 36/2021. Tuttavia, può essere una scelta opportuna per garantire una maggiore tutela infortunistica e assicurativa al volontario.
D: Quali attività può svolgere il volontario sportivo?
R: Il volontario sportivo può svolgere attività direttamente connesse all’attività sportiva, come lo svolgimento diretto dell’attività, la formazione, la didattica e la preparazione degli atleti. Tali prestazioni devono essere svolte in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro e con finalità amatoriali.
D: È possibile retribuire le prestazioni del volontario sportivo?
R: No, le prestazioni del volontario sportivo non possono essere retribuite in alcun modo e sono incompatibili con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo con l’ente di cui il volontario è socio o associato.
D: Come deve comportarsi l’associazione sportiva se un volontario presta servizio in riferimento ad una attività commerciale?
R: In questo caso, l’attività del volontario non rientra nella definizione di volontario sportivo, poiché il servizio è un’attività commerciale. L’associazione deve valutare attentamente se attribuire al collaboratore la qualifica di socio o trovare altre forme di collaborazione, tenendo presente le differenze sostanziali tra le due figure.
D: Cosa deve fare l’associazione sportiva per svolgere attività diverse da quelle istituzionali?
R: Per svolgere attività diverse da quelle istituzionali, l’associazione sportiva deve prevedere tali attività nello statuto, ai sensi dell’articolo 9 del D.Lgs. 36/2021. Queste attività devono essere secondarie e strumentali rispetto a quelle istituzionali e devono rispettare i criteri e i limiti definiti da un apposito decreto. Il mancato adeguamento dello statuto può comportare conseguenze sulla richiesta di iscrizione al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche.