La questione della deducibilità fiscale delle spese promozionali sostenute dalle aziende presso enti sportivi dilettantistici è stata oggetto di numerosi contenziosi e dibattiti. Le contestazioni dell’Amministrazione Finanziaria vertevano spesso sull’inerenza e l’antieconomicità di tali spese, considerando gli enti sportivi troppo localizzati, di dimensioni ridotte o incapaci di garantire un adeguato ritorno promozionale per lo sponsor. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha assunto una posizione chiara in merito, stabilendo che non si può escludere l’inerenza di queste spese basandosi esclusivamente sull’ipotesi di un mancato ritorno economico dell’investimento. La recente riforma dello sport dilettantistico, introdotta dal D.Lgs. 36/2021, ha ulteriormente rafforzato questo orientamento, confermando la presunzione legale assoluta di deducibilità delle spese promozionali fino a un importo annuo di 200.000 euro.
Il Principio di Inerenza e Antieconomicità: Le Contestazioni dell’Amministrazione Finanziaria
In passato, durante le verifiche fiscali, era frequente che l’Amministrazione Finanziaria contestasse all’azienda sponsorizzante l’inerenza e l’antieconomicità della spesa promozionale sostenuta presso gli enti sportivi dilettantistici. Le motivazioni addotte erano molteplici e spesso legate a una presunta inadeguatezza degli enti sportivi rispetto all’attività imprenditoriale dello sponsor.
In alcuni casi, gli enti sportivi venivano considerati troppo localizzati o di dimensioni troppo ridotte rispetto all’ambito di operatività dell’azienda. In altri casi, l’attività sportiva veniva svolta in aree geografiche o ambiti dove, secondo i verificatori, lo sponsor non avrebbe potuto ricevere un reale beneficio promozionale. Inoltre, le contestazioni avvenivano anche quando l’importo concordato per la prestazione promozionale era ritenuto sproporzionato rispetto agli utili dell’azienda sponsor, ponendo l’accento sull’antieconomicità della spesa.
La Posizione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha assunto una posizione contraria a tali contestazioni, stabilendo che non si può escludere l’inerenza della spesa promozionale basando il ragionamento solamente sull’ipotesi di un mancato ritorno economico dell’investimento. L’orientamento della Cassazione, in tema di inerenza dei costi, afferma che deve essere riscontrata una correlazione dei costi non in relazione ai ricavi, ma all’attività imprenditoriale nel suo complesso, avuto riguardo all’oggetto dell’impresa.
Nell’Ordinanza n. 6368 dell’8 marzo 2021, la Cassazione ha sancito che la ratio di tale impostazione riposa sulla nozione di reddito d’impresa e non sulla correlazione tra costi e ricavi di cui all’art. 109, comma 5, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). Vengono esclusi dal novero dei costi deducibili solo quelli che si collocano in una sfera estranea all’attività imprenditoriale. Di conseguenza, non assume rilevanza la congruità o l’utilità del costo rispetto ai ricavi, dovendosi dare un giudizio di inerenza di carattere qualitativo e non quantitativo. Inoltre, l’antieconomicità del costo (rispetto al ricavo atteso) degrada a mero elemento sintomatico della carenza di inerenza, ma non è di per sé sufficiente a escludere la deducibilità.
Esempi pratico: Un’azienda produttrice di abbigliamento sportivo sponsorizza una piccola società calcistica locale. Sebbene l’ambito di attività sia ristretto, la spesa promozionale è considerata inerente all’attività imprenditoriale dell’azienda, in quanto rientra nell’oggetto sociale dell’impresa stessa.
La Riforma dello Sport Dilettantistico e la Presunzione Legale Assoluta
La riforma dello sport dilettantistico, introdotta dall’art. 12 del D.Lgs. 36/2021, conferma la posizione di presunzione legale assoluta delle spese promozionali fino al limite di 200.000 euro, come precedentemente introdotto dall’art. 90, comma 8, della Legge n. 289/2002. Secondo la norma, il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuti dalle Federazioni Sportive Nazionali o da Enti di Promozione Sportiva, costituisce, per il soggetto erogante, fino a un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, una spesa di pubblicità volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario, ai sensi dell’art. 108, comma 1, del TUIR.
Questa presunzione legale assoluta significa che l’Amministrazione Finanziaria non può effettuare alcun sindacato sull’inerenza e la congruità della spesa sostenuta, purché rientri nel limite di 200.000 euro. Tali spese devono essere considerate come spese pubblicitarie e non come spese di rappresentanza, soggette a una deducibilità inferiore.
Esempio pratico: Un’azienda di produzione di bevande energetiche sponsorizza un torneo di calcio giovanile organizzato da un’associazione sportiva dilettantistica locale, erogando un contributo di 150.000 euro. Grazie alla presunzione legale assoluta, l’intera somma sarà considerata una spesa di pubblicità interamente deducibile, senza che l’Amministrazione Finanziaria possa contestarne l’inerenza o la congruità.
Conferme Giurisprudenziali: Ordinanze n. 8540/2020 e n. 21452/2021
La posizione della Corte di Cassazione e la presunzione legale assoluta introdotta dalla riforma dello sport dilettantistico hanno trovato ulteriore conferma in due recenti ordinanze della stessa Corte.
L’Ordinanza n. 8540 del maggio 2020 stabilisce che le somme fino a 200.000 euro corrisposte a società ed associazioni sportive dilettantistiche ai fini dell’attività promozionale del marchio o dei beni e servizi dello sponsor, costituiscono spese di pubblicità integralmente deducibili in base alla presunzione assoluta introdotta dall’art. 90, comma 8, della Legge n. 289/2002.
Analogamente, la recentissima Ordinanza n. 21452 del luglio 2021 ribadisce che l’Amministrazione Finanziaria non può effettuare alcun sindacato sull’inerenza e la congruità della spesa sostenuta fino al limite di 200.000 euro, in quanto tali spese beneficiano di una presunzione legale assoluta di deducibilità come spese di pubblicità.
Conclusioni
La riforma dello sport dilettantistico ha rafforzato la posizione della Corte di Cassazione in merito alla deducibilità delle spese promozionali sostenute presso enti sportivi dilettantistici. Fino a un importo annuo di 200.000 euro, tali spese sono considerate spese di pubblicità volte alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante, senza che l’Amministrazione Finanziaria possa effettuare alcun sindacato sull’inerenza e la congruità. Questa impostazione rappresenta un passo avanti verso una maggiore chiarezza normativa e una semplificazione delle procedure fiscali per le aziende che scelgono di investire nel settore sportivo dilettantistico.
Tuttavia, è importante sottolineare che la presunzione legale assoluta opera solo fino al limite di 200.000 euro. Nel caso in cui le spese promozionali superino tale importo, la parte eccedente non beneficerà più della presunzione legale e potrebbe essere soggetta a contestazioni da parte dell’Amministrazione Finanziaria in merito all’inerenza e alla congruità. Pertanto, le aziende dovranno prestare attenzione a non superare tale soglia, oppure essere pronte a dimostrare in modo approfondito l’inerenza e la congruità delle spese eccedenti.
Domande e Risposte
D: Qual è il limite annuo per la deducibilità delle spese promozionali nel settore sportivo dilettantistico?
R: Il limite annuo per la deducibilità delle spese promozionali nel settore sportivo dilettantistico è di 200.000 euro, al di sotto del quale opera una presunzione legale assoluta di deducibilità come spese di pubblicità.
D: Quali enti sportivi sono inclusi nella norma?
R: La norma include le società sportive dilettantistiche, le associazioni sportive dilettantistiche, le fondazioni costituite da istituzioni scolastiche e le associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuti dalle Federazioni Sportive Nazionali o da Enti di Promozione Sportiva.
D: Qual è la posizione dell’Amministrazione Finanziaria riguardo alla deducibilità di queste spese?
R: L’Amministrazione Finanziaria non può effettuare alcun sindacato sull’inerenza e la congruità delle spese promozionali fino al limite di 200.000 euro, in quanto sono considerate spese di pubblicità per legge.
D: Cosa succede se le spese promozionali superano il limite di 200.000 euro?
R: Se le spese promozionali superano il limite di 200.000 euro, la parte eccedente non beneficia della presunzione legale assoluta di deducibilità e potrebbe essere soggetta a contestazioni da parte dell’Amministrazione Finanziaria in merito all’inerenza e alla congruità.
D: Quali sono le recenti conferme giurisprudenziali della presunzione legale assoluta?
R: La presunzione legale assoluta è stata confermata dalle Ordinanze n. 8540/2020 e n. 21452/2021 della Corte di Cassazione, le quali hanno ribadito che l’Amministrazione Finanziaria non può sindacare l’inerenza e la congruità delle spese promozionali fino al limite di 200.000 euro.