Il panorama sportivo italiano sta attraversando una fase di profonda trasformazione normativa, caratterizzata dall’introduzione di nuovi obblighi e responsabilità per le associazioni e società sportive. Al centro di questo cambiamento si colloca l’adozione di modelli organizzativi e di controllo, finalizzati principalmente alla tutela dei minori e alla prevenzione di abusi e discriminazioni. Questo articolo esplora le novità introdotte dal Decreto Legislativo 39/2021, mettendole a confronto con il sistema di responsabilità amministrativa degli enti previsto dal D.Lgs. 231/2001 e con le prassi già in uso in alcuni ambiti sportivi.
Analizzeremo le implicazioni di queste nuove norme per i sodalizi sportivi, cercando di comprendere se e come possano configurarsi nuove forme di responsabilità e quali strumenti abbiano a disposizione le associazioni per tutelarsi.
Il nuovo quadro normativo per lo sport
Il Decreto Legislativo 39/2021 ha introdotto importanti novità nel panorama sportivo italiano, imponendo alle associazioni e società sportive l’obbligo di adottare specifici modelli organizzativi e di controllo. Questa normativa si inserisce in un più ampio processo di riforma del settore, avviato con la Legge 86/2019, che mirava a riordinare e modernizzare il sistema sportivo nazionale.
Le nuove disposizioni pongono particolare enfasi sulla tutela dei minori e sulla prevenzione di abusi, molestie e discriminazioni di ogni tipo. In particolare, il decreto prevede che le Federazioni sportive nazionali, le Discipline sportive associate, gli Enti di promozione sportiva e le Associazioni benemerite debbano redigere linee guida per la predisposizione di modelli organizzativi e codici di condotta. Sulla base di tali linee guida, le associazioni e società sportive sono tenute ad adottare propri modelli organizzativi e codici di condotta entro 12 mesi dalla comunicazione delle linee guida stesse.
Inoltre, deve essere nominato un responsabile per la protezione dei minori all’interno di ogni organizzazione sportiva. Queste nuove norme rappresentano un cambiamento significativo per il mondo sportivo, introducendo obblighi che in precedenza non esistevano o erano lasciati alla discrezionalità delle singole organizzazioni.
Confronto con il D.Lgs. 231/2001
Per comprendere meglio la portata di queste novità, è utile fare un parallelo con il sistema di responsabilità amministrativa degli enti introdotto dal D.Lgs. 231/2001. Questo decreto, ormai consolidato nel nostro ordinamento, prevede che le società e gli enti possano essere ritenuti responsabili per reati commessi nel loro interesse o a loro vantaggio da persone che rivestono posizioni apicali o sono sottoposte alla loro direzione.
Il D.Lgs. 231/2001 offre però alle organizzazioni la possibilità di andare esenti da responsabilità se dimostrano di aver adottato ed efficacemente attuato modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi. In questo sistema, l’adozione del modello non è obbligatoria, ma rappresenta una forma di tutela per l’ente.
Le differenze principali con il nuovo sistema introdotto per lo sport riguardano l’obbligatorietà, l’ambito di applicazione e le sanzioni. Mentre nel D.Lgs. 231/2001 l’adozione del modello è facoltativa, nel nuovo sistema sportivo è obbligatoria. Inoltre, il D.Lgs. 231/2001 si concentra sui reati, mentre le nuove norme sportive hanno un focus più ampio, che include la prevenzione di comportamenti non necessariamente penalmente rilevanti. Infine, il D.Lgs. 231/2001 prevede sanzioni pecuniarie e interdittive per gli enti, mentre il nuovo sistema sportivo non specifica chiaramente le conseguenze per le associazioni in caso di violazioni da parte dei tesserati.
La responsabilità oggettiva nello sport
Un elemento cruciale da considerare è il principio di responsabilità oggettiva, già ampiamente utilizzato in ambito sportivo. Questo principio prevede che le società sportive siano responsabili per le azioni dei propri tesserati, indipendentemente dalla colpa o dal dolo dell’organizzazione stessa.
Ad esempio, nel calcio, la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) ha da tempo adottato questo principio nel suo Codice di Giustizia Sportiva. Una società può essere sanzionata per il comportamento dei propri tifosi, dirigenti o atleti, anche se non ha avuto alcun ruolo diretto nell’illecito.
In passato, alcune società hanno cercato di invocare l’adozione di modelli organizzativi simili a quelli previsti dal D.Lgs. 231/2001 come esimente dalla responsabilità oggettiva, ma con scarso successo. Solo recentemente la FIGC ha introdotto la possibilità di considerare l’adozione di tali modelli come circostanza attenuante.
Nuove responsabilità per le associazioni sportive?
Con l’introduzione dei nuovi obblighi, ci si chiede se e come possa configurarsi una responsabilità delle associazioni sportive per le violazioni commesse dai propri tesserati in relazione ai modelli organizzativi adottati.
Al momento, le linee guida e i regolamenti attuativi dei vari enti affilianti non prevedono esplicitamente sanzioni per le associazioni in caso di violazioni da parte dei tesserati. Tuttavia, è possibile ipotizzare che i principi di responsabilità oggettiva già presenti nei regolamenti di giustizia sportiva possano essere estesi anche a queste nuove fattispecie.
In tal caso, potremmo trovarci di fronte a situazioni in cui un’associazione sportiva viene ritenuta responsabile per comportamenti dei propri tesserati contrari al modello organizzativo adottato, anche se l’associazione stessa non ha tratto alcun vantaggio da tali comportamenti e ha adottato tutte le misure preventive richieste.
Il ruolo del modello organizzativo come esimente
Una questione cruciale è se l’adozione e l’efficace attuazione del modello organizzativo possa fungere da esimente o attenuante per la responsabilità dell’associazione sportiva.
Nel sistema del D.Lgs. 231/2001, l’adozione del modello può effettivamente escludere la responsabilità dell’ente. Tuttavia, nel nuovo contesto sportivo, dove l’adozione del modello è obbligatoria, ci si chiede se sia corretto “premiare” ciò che è imposto come obbligo.
La soluzione più equilibrata potrebbe essere quella di valutare non tanto la mera adozione del modello, quanto la sua effettiva implementazione e l’impegno concreto dell’associazione nel prevenire e contrastare comportamenti illeciti. In questo senso, potrebbero essere considerati elementi come l’adeguatezza e l’aggiornamento costante del modello organizzativo, l’efficacia dei controlli messi in atto, la prontezza nella risposta a eventuali segnalazioni di violazioni e la formazione continua dei tesserati sui temi della tutela dei minori e della prevenzione di abusi e discriminazioni.
Esempi pratici
Per comprendere meglio le implicazioni di queste nuove norme, consideriamo alcuni esempi pratici.
- Una società di calcio giovanile che adotta il modello organizzativo richiesto e nomina un responsabile per la tutela dei minori potrebbe trovarsi a dover rispondere per comportamenti inappropriati di un allenatore verso un giovane atleta, nonostante abbia fatto tutto il possibile per prevenire tali situazioni. In questo caso, l’effettiva implementazione del modello e la pronta reazione della società potrebbero essere valutate positivamente, portando potenzialmente a un’attenuazione della sanzione.
- un’associazione sportiva dilettantistica che organizza un torneo potrebbe essere ritenuta responsabile per episodi di discriminazione razziale tra i partecipanti, nonostante le misure previste dal proprio modello organizzativo. Anche qui, la pronta reazione e l’applicazione delle procedure previste dal modello potrebbero essere considerate come fattori mitiganti in sede disciplinare.
- una federazione sportiva che scopre che diverse società affiliate non hanno ancora adottato i modelli organizzativi richiesti, le sanzioni potrebbero essere più severe, in quanto si tratta di una violazione diretta degli obblighi imposti dalla nuova normativa.
Conclusioni
L’introduzione di modelli organizzativi obbligatori nel mondo dello sport rappresenta una sfida significativa per le associazioni e società sportive. Da un lato, queste nuove norme mirano a creare un ambiente più sicuro e inclusivo, soprattutto per i giovani atleti. Dall’altro, pongono nuovi oneri e potenziali responsabilità sulle organizzazioni sportive.
La chiave per affrontare questa sfida sarà l’implementazione effettiva e non meramente formale dei modelli organizzativi. Le associazioni dovranno dimostrare un impegno concreto nella prevenzione di abusi e discriminazioni, andando oltre la semplice adozione di documenti e procedure.
Sarà interessante osservare come la giurisprudenza sportiva interpreterà queste nuove norme e come bilancerà la necessità di tutelare i soggetti più vulnerabili con l’esigenza di non gravare eccessivamente sulle associazioni sportive, spesso gestite da volontari e con risorse limitate.