La Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 35568/2022, ha ribadito un principio fondamentale in materia fiscale: la descrizione generica in fattura può rendere il costo indeducibile. Questo significa che, quando un’impresa acquista un bene o riceve una prestazione di servizi, è essenziale che la relativa fattura riporti una descrizione sufficientemente dettagliata dell’oggetto dell’operazione. In caso contrario, l’Agenzia delle Entrate potrebbe disconoscere la deducibilità del costo, con conseguenze negative per il contribuente.
L’onere della prova incombe sul contribuente
Secondo la consolidata giurisprudenza, spetta al contribuente dimostrare l’inerenza di un costo all’attività d’impresa. In altre parole, è suo compito provare l’esistenza e la natura della spesa, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione del reddito. Questo principio vale anche per i costi sostenuti all’interno di un gruppo di società.
Ad esempio, se un’impresa riceve una fattura per “consulenze di mercato” da una società del medesimo gruppo, dovrà essere in grado di dimostrare che tali consulenze siano effettivamente state rese e che siano strumentali all’esercizio dell’attività imprenditoriale. Non basta, quindi, la mera appartenenza al gruppo per giustificare l’inerenza del costo.
Il caso specifico: consulenze di mercato generiche
Nel caso esaminato dalla Cassazione, l’Agenzia delle Entrate aveva disconosciuto la deducibilità dei costi relativi a una fattura per “consulenze di mercato” effettuata da una società del medesimo gruppo, ritenendoli non inerenti. La Corte di Giustizia tributaria di secondo grado aveva confermato la ripresa a tassazione, evidenziando che la fattura era generica e che la società che avrebbe fornito la consulenza non si occupava, per statuto, di simili compiti. Inoltre, l’importo era ancorato ad attività anteriori.
Questo caso dimostra come una descrizione generica in fattura, unita ad altri elementi di incongruenza (come l’oggetto sociale della società che emette la fattura o l’ancoraggio dell’importo ad attività passate), possa portare al disconoscimento della deducibilità del costo da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Il principio di inerenza secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha sottolineato che il principio di inerenza è un concetto generale, immanente alla nozione di reddito d’impresa. La valutazione dell’inerenza deve essere apprezzata attraverso un giudizio qualitativo, senza riferimenti ai concetti di utilità o vantaggio. Ciò che conta è la strumentalità del bene o del servizio all’esercizio dell’attività imprenditoriale, accertata in concreto e rapportata all’oggetto sociale.
In altre parole, per stabilire se un costo sia deducibile o meno, occorre valutare se il bene o il servizio acquistato sia effettivamente funzionale all’attività d’impresa, tenendo conto dell’oggetto sociale. Non è sufficiente che il costo sia stato sostenuto per concludere che sia deducibile: deve esserci un nesso di strumentalità con l’attività imprenditoriale.
L’importanza della descrizione in fattura
L’articolo 21 del DPR n. 633/1972 prescrive che la fattura debba contenere, tra le altre indicazioni, la natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione. Una descrizione generica, come “servizi aziendali”, “servizi vari consulenza”, “servizi segreteria” o “consulenza di mercato”, non consente di identificare chiaramente l’oggetto della prestazione e autorizza la rettifica da parte dell’Ufficio.
È quindi fondamentale che la descrizione in fattura sia il più possibile dettagliata e specifica, in modo da consentire all’Amministrazione finanziaria (e, in caso di contenzioso, al giudice tributario) di valutare l’inerenza del costo all’attività d’impresa. Una descrizione generica, invece, espone il contribuente al rischio di vedersi disconosciuta la deducibilità del costo.
Esempi pratici
Supponiamo che un’impresa di produzione di macchinari industriali riceva una fattura da una società di consulenza con la descrizione “consulenza di mercato”. In questo caso, la descrizione è troppo generica e non consente di capire in cosa consista effettivamente la prestazione resa. Sarebbe opportuno, invece, che la fattura riportasse una descrizione più dettagliata, ad esempio: “Analisi di mercato per l’individuazione di nuovi potenziali clienti nel settore della meccanica di precisione”.
Altro esempio: un’impresa di servizi informatici riceve una fattura da una società del gruppo con la descrizione “servizi aziendali”. Anche in questo caso, la descrizione è troppo vaga e rischia di non superare il vaglio dell’Amministrazione finanziaria. Meglio sarebbe una descrizione del tipo: “Servizi di assistenza tecnica e manutenzione del sistema informatico aziendale”.
Conclusioni
In conclusione, per poter dedurre un costo ai fini fiscali, è fondamentale che la relativa fattura riporti una descrizione sufficientemente dettagliata del bene o del servizio acquistato. Una descrizione generica, infatti, espone il contribuente al rischio di vedersi disconosciuta la deducibilità del costo da parte dell’Agenzia delle Entrate, anche se il costo è stato sostenuto all’interno di un gruppo di società.
Spetta al contribuente dimostrare l’inerenza del costo all’attività d’impresa, provandone l’esistenza, la natura e la concreta destinazione alla produzione del reddito. Per farlo, è essenziale che la fattura contenga tutti gli elementi necessari per identificare chiaramente l’oggetto dell’operazione e la sua strumentalità all’esercizio dell’attività imprenditoriale.