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Proroga riforma IVA per Terzo Settore e Sport: arriva l’ufficialità nel DL “Milleproroghe”

11 Dicembre, 2024

L’introduzione del nuovo regime di esenzione IVA per le attività effettuate dagli enti associativi non entrerà in vigore all’inizio del 2025, come previsto in origine. Il termine è stato rinviato al 1 gennaio 2026, offrendo così un ulteriore periodo di respiro a numerose realtà del terzo settore, comprese associazioni sportive dilettantistiche (ASD) e altri sodalizi non commerciali. Si tratta di una proroga che non solo permetterà a queste organizzazioni di adeguarsi gradualmente alle nuove norme, ma che lascia spazio alla definizione di una disciplina più chiara, in linea con la normativa comunitaria. L’obiettivo è quello di distinguere i diversi regimi a seconda delle dimensioni dell’ente e delle sue specificità operative, evitando così l’imposizione di oneri gravosi alle realtà più piccole o poco strutturate. A cambiare non è soltanto la tempistica, ma anche l’assetto complessivo della disciplina, con particolare attenzione alla necessità di ottenere un parere da Bruxelles, di precisare aspetti non del tutto cristallini e di agevolare le associazioni attraverso strumenti normativi specifici, tra cui quelli previsti dalla Legge 398/1991.

La proroga del nuovo regime IVA: scenari ed effetti attesi

Il rinvio dell’entrata in vigore del nuovo regime, inizialmente fissato al 1° gennaio 2025, è stato stabilito nel cosiddetto “decreto milleproroghe” approvato dal Consiglio dei Ministri, anticipando così quella che di solito è una corsa dell’ultimo minuto verso la fine dell’anno. L’implementazione delle regole di esenzione IVA per le prestazioni rese dai sodalizi non profit ai propri associati, fissata ora al 1 gennaio 2026, allenta la pressione sulle organizzazioni, soprattutto quelle meno strutturate, concedendo loro un anno supplementare per aggiornarsi alle nuove disposizioni contabili, fiscali e amministrative.

Il differimento del termine appare funzionale anche a rivedere il regime di fatturazione elettronica per le prestazioni sanitarie nei confronti dei consumatori finali, esentando tali soggetti fino al 31 marzo 2025 da questo obbligo, altra modifica significativa contenuta nel medesimo pacchetto normativo.

Dal regime di esclusione a quello di esenzione IVA: cosa cambia davvero

In un primo momento, l’evoluzione legislativa avrebbe dovuto segnare il passaggio dalle prestazioni escluse dall’ambito IVA (ex art. 4, c. 4, D.P.R. 633/1972) a quelle considerate esenti (ex art. 10, D.P.R. 633/1972). Questa trasformazione formale non avrebbe inciso sui corrispettivi percepiti dagli enti per attività sportive, formative o didattiche rese ai soci o ai tesserati, mantenendone la sostanza economica pressoché immutata. Tuttavia, la natura esente avrebbe di fatto reso necessaria l’apertura della Partita IVA anche per quelle associazioni che, finora, avevano operato soltanto con il Codice Fiscale, non avendo mai svolto attività di tipo commerciale (come sponsorizzazioni o pubblicità).

Il nuovo status avrebbe dunque imposto una serie di adempimenti formali, tra cui la fatturazione elettronica, la registrazione delle operazioni, le liquidazioni periodiche dell’imposta e l’invio delle comunicazioni periodiche (Li.Pe.) all’Agenzia delle Entrate, oltre alla Dichiarazione annuale IVA. Il differimento del termine serve proprio a evitare l’ingresso forzato e immediato in questo scenario, permettendo alle associazioni di valutare con maggiore calma le opzioni a disposizione.

Le alternative per gli enti associativi: i regimi speciali e la “dispensa dagli adempimenti”

Gli enti che si trovano a fronteggiare questo cambiamento potranno considerare alcune vie d’uscita per semplificare gli obblighi fiscali, in particolare l’opzione per il regime speciale ex L. 398/1991, ritenuto da molti più vantaggioso poiché consente di determinare le imposte in forma forfettaria e, soprattutto, di evitare gran parte degli adempimenti formali tipici del regime IVA ordinario. Questo regime, sebbene non esoneri completamente dalla fatturazione di sponsorizzazioni e pubblicità, permette di mantenere un modello gestionale simile a quello finora seguito. Un’altra via possibile è l’adesione alla “dispensa dagli adempimenti” ex art. 36-bis, D.P.R. 633/1972, che lascia ai contribuenti la possibilità di non emettere fatture per le attività esenti, salvo richiesta del cliente.

Questa seconda alternativa non elimina tuttavia l’obbligo di registrare gli acquisti, di predisporre le liquidazioni periodiche e di presentare la Dichiarazione IVA, richiedendo inoltre la separazione delle attività in caso di prestazioni sia esenti sia imponibili, secondo quanto previsto dall’art. 36 del decreto IVA.

Dubbi interpretativi e valutazioni sulle soluzioni adottabili

L’opzione offerta dal regime 398/1991 è particolarmente appetibile per le ASD e SSD di dimensioni minori, in quanto la semplificazione degli adempimenti risulta vantaggiosa rispetto ai costi gestionali che la completa integrazione nel regime IVA esente potrebbe comportare. Tuttavia, si sono sollevati alcuni dubbi interpretativi, soprattutto perché l’inserimento dei proventi ex esclusi (ora esenti) tra le entrate considerate ai fini del regime speciale potrebbe, a prima vista, farli rientrare tra i proventi commerciali, imponendo di conseguenza l’assoggettamento a IRES e IRAP sul 3% dei relativi incassi.

Il punto centrale ruota attorno alla natura di tali corrispettivi: sono effettivamente di natura commerciale o restano connessi all’attività istituzionale dell’ente, beneficiando così del regime fiscale agevolato previsto dall’art. 148, c. 8, TUIR? È su tale materia che la proroga dovrebbe facilitare un chiarimento ufficiale, evitando interpretazioni contraddittorie e offrendo linee guida certe per enti e professionisti.

L’intervento della normativa comunitaria e il parere UE

La nuova disciplina IVA non può prescindere dal contesto comunitario. Poiché l’IVA è un tributo armonizzato a livello europeo, l’Italia è in attesa di un pronunciamento dell’Unione Europea che confermi o corregga il nuovo inquadramento fiscale dei sodalizi sportivi e degli enti non profit. Il passaggio dai corrispettivi fuori campo IVA alle prestazioni esenti affonda le radici nelle disposizioni della Direttiva IVA UE, recepite dall’Italia con un certo anticipo.

La norma contenuta nell’art. 36-bis del D.L. 75/2023, in vigore dal 17 agosto 2023, ha anticipato parte della riforma IVA, allineando le regole interne a quelle europee. Questa disposizione considera esenti, ai fini IVA, i servizi legati alla pratica sportiva, compresi quelli formativi e didattici, resi da enti senza scopo di lucro in favore di chiunque pratichi sport, e non solo a vantaggio dei soci o dei tesserati. L’ampliamento soggettivo del beneficio IVA potrà risultare prezioso in tutte quelle situazioni in cui l’attività sportiva viene offerta a frequentatori occasionali o a un pubblico diverso dalla cerchia dei soli aderenti.

Conclusioni

La proroga al 1 gennaio 2026 dell’entrata in vigore del nuovo regime IVA per gli enti associativi non è soltanto un atto di clemenza temporale. È una mossa che consente al legislatore, alla dottrina e agli operatori del settore di dipanare dubbi interpretativi, di chiarire i criteri applicativi e di verificare la compatibilità con le disposizioni dell’Unione Europea. L’obiettivo è stabilire un sistema equilibrato, in grado di garantire la tutela delle realtà più piccole, una corretta applicazione della normativa e una conformità alle regole comunitarie. La prospettiva, così, è quella di un panorama più chiaro e coerente, nel quale le associazioni potranno muoversi con sicurezza, scegliendo il regime più appropriato alle proprie caratteristiche e al proprio modello operativo.

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