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Contributi pubblici e revisori MEF: dietrofront del governo

20 Dicembre, 2024

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ha introdotto, tramite un emendamento alla Legge di Bilancio 2025, importanti modifiche al sistema di controllo sulle imprese che beneficiano di contributi pubblici. La riforma, inizialmente prevista dall’art. 112 del disegno di legge, è stata rivista per semplificare gli obblighi normativi e adattarli meglio alle esigenze delle imprese. Tuttavia, questa revisione ha sollevato dubbi operativi e interpretativi tra i professionisti del settore.

Le modifiche introdotte: addio alla soglia dei 100.000 euro

In origine, la norma prevedeva che tutte le società, pubbliche o private, che ricevessero contributi statali superiori a 100.000 euro dovessero integrare i propri collegi sindacali o di revisione con un rappresentante del MEF. Con l’emendamento approvato, il tetto numerico è stato eliminato e sostituito dal concetto più generico di “contributi significativi”. Inoltre, è stata abbandonata l’idea di nominare un controllore ministeriale, optando invece per una rendicontazione obbligatoria da parte dei revisori già in carica.

Questa scelta mira a semplificare il quadro normativo e a ridurre gli oneri burocratici per le imprese, privilegiando un approccio qualitativo.

La relazione annuale obbligatoria: contenuti e incognite

Secondo le nuove disposizioni, i revisori delle società beneficiarie di contributi pubblici considerati significativi dovranno redigere una relazione annuale. Tale documento dovrà attestare che i fondi ricevuti siano stati utilizzati in conformità agli obiettivi previsti dal bando o dalla normativa di riferimento.La relazione dovrà includere:

  • Una descrizione analitica dell’utilizzo dei fondi;
  • Documentazione probatoria che dimostri il rispetto delle finalità previste.

Tuttavia, non sono ancora stati chiariti il livello di dettaglio richiesto né le modalità operative per la presentazione e conservazione della documentazione. Questo aspetto preoccupa i professionisti, che temono un aumento degli oneri amministrativi a carico delle imprese. È fondamentale che tali obblighi siano proporzionati all’entità del contributo ricevuto, evitando che i costi per la rendicontazione superino i benefici derivanti dall’aiuto pubblico.

Il problema della “significatività” dei contributi

Uno dei punti più critici della riforma riguarda la mancanza di un parametro numerico chiaro per definire cosa si intenda per “contributo significativo”. In assenza di criteri oggettivi e uniformi, il rischio è che tale definizione venga interpretata in modo diverso dagli organi di controllo, generando incertezza tra i beneficiari.

Per determinare l’importo rilevante del contributo a carico dello Stato, sarà necessario attendere l’emanazione di un DPCM, che dovrà essere predisposto su proposta del Ministro dell’Economia e adottato entro la fine di marzo 2025, ovvero entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio per il 2025.

Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) ha già espresso preoccupazioni in merito e ha sollecitato il MEF a fornire indicazioni precise tramite circolari esplicative. L’obiettivo è garantire uniformità applicativa ed evitare disparità di trattamento tra le imprese.

Nomina obbligatoria del revisore per le PMI?

La nuova formulazione della disciplina introduce alcuni aspetti rilevanti che meritano attenzione. In particolare, viene introdotta una condizione – la percezione di contributi pubblici significativi – che rende obbligatoria la nomina di un organo di controllo. Quest’ultimo, come detto, è tenuto a svolgere specifiche attività di verifica finalizzate ad accertare l’uso corretto dei contributi e a relazionare annualmente al Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) in merito ai risultati delle verifiche effettuate. Tali obblighi riguardano sia gli organi di controllo già esistenti, sia quelli che devono essere istituiti al fine di adempiere a tali finalità.

Questa novità incide in modo particolare sulle srl che, in base alla normativa attuale, non sono obbligate alla nomina di un organo di controllo o di un revisore legale. Si tratta delle società che, secondo l’art. 2477, comma 2 del codice civile, non redigono il bilancio consolidato, non controllano altre società sottoposte a revisione legale e non superano per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti parametri: 4 milioni di euro di totale dell’attivo dello stato patrimoniale, 4 milioni di euro di ricavi delle vendite e delle prestazioni, o una media di 20 dipendenti occupati durante l’esercizio. Queste srl dovranno nominare un organo di controllo (anche monocratico) qualora rientrino tra le società beneficiarie di contributi pubblici di rilevante entità.

Inoltre, la disposizione sembra imporre la nomina di un organo di controllo (anche monocratico) anche nelle srl che, pur essendo già obbligate a dotarsi di un organo di controllo o di un revisore legale, abbiano scelto la figura del revisore legale, opzione attualmente più diffusa.

Prospettive future: semplificazione o maggiore complessità?

Nonostante l’intento dichiarato del Governo sia quello di semplificare il sistema dei controlli sui contributi pubblici, le modifiche introdotte rischiano di generare nuove complessità operative. La mancanza di chiarezza su alcuni aspetti fondamentali – come la definizione della “significatività” e il contenuto della relazione annuale – potrebbe creare difficoltà sia per le imprese beneficiarie sia per i professionisti incaricati della revisione.

Per mitigare questi rischi, sarà cruciale che il MEF intervenga tempestivamente con linee guida dettagliate e decreti attuativi chiari. Solo così sarà possibile garantire un’applicazione equa ed efficace della normativa, senza gravare inutilmente sulle imprese.

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