La Corte di Cassazione si è pronunciata in modo decisivo sulla proroga dei termini fiscali connessa all’emergenza sanitaria. In particolare, ha stabilito che gli 85 giorni di sospensione non valgono soltanto per le scadenze del 2020, ma anche per le annualità successive. Questo orientamento è stato formalizzato con il decreto 23.01.2025, n. 1630, confermando che le attività di accertamento, riscossione e contenzioso avviate in epoca post-emergenziale possono comunque beneficiare del periodo di proroga.
Il contesto normativo
La controversia è nata dall’interpretazione dell’art. 67, comma 1, del D.L. 18/2020 (noto come “Decreto Cura Italia”), secondo cui i termini per le attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione e contenzioso sono stati congelati dall’8 marzo 2020 al 31 maggio 2020. La sospensione, quantificata in 85 giorni, ha determinato lo slittamento in avanti di tutte le relative scadenze.
Nonostante l’apparente chiarezza della norma, alcuni operatori ritenevano che il beneficio temporale si limitasse alle sole annualità colpite dall’emergenza, senza includere quelle successive. La Cassazione ha invece dato un’interpretazione estensiva, ricollegandosi anche all’art. 12 del D.Lgs. 159/2015, che riconosce la possibilità di estendere la proroga a tutti gli adempimenti fiscali e processuali correlati ad eventi eccezionali.
La decisione della cassazione e la sua portata
Con il decreto 23.01.2025, n. 1630, la Suprema Corte ha sancito l’applicabilità degli 85 giorni di sospensione pure alle scadenze fiscalmente rilevanti di periodi successivi al 2020. In questo senso, la sentenza 16.11.2025 n. 960 ha chiarito che la proroga non è legata esclusivamente all’anno d’imposta interessato dal blocco pandemico, ma opera come un meccanismo di differimento che prolunga i termini in modo lineare.
La Cassazione ha precisato che ciò vale sia per i tributi erariali (come imposte dirette e IVA) sia per i tributi locali (ad esempio, l’IMU o la TARI), in un’ottica di omogeneità nell’applicazione del regime eccezionale. L’interpretazione si fonda sulla lettera della norma e sull’obiettivo del legislatore di garantire uniformità nei casi in cui un evento straordinario – come la pandemia – abbia inciso sulle ordinarie attività di accertamento.
Applicazione ai tributi erariali e locali
La decisione in esame estende i benefici della sospensione anche a numerose tipologie di atto, come gli avvisi di accertamento relativi all’anno d’imposta 2018, che in condizioni ordinarie avrebbero dovuto essere notificati entro il 31 dicembre 2024. Grazie all’effetto trascinamento della proroga, il termine finale viene ora posticipato al 26 marzo 2025, offrendo maggiore tempo all’Amministrazione per completare le verifiche.
L’analogo discorso si estende a situazioni connesse a rideterminazioni di imposta, al disconoscimento di benefici come le agevolazioni “prima casa” e a qualsiasi altro adempimento fiscale o processuale il cui decorso risulti influenzato dal periodo di sospensione. È interessante notare come la Cassazione, nel pronunciarsi, non abbia distinto tra tributi statali e locali, sancendo un principio generale che abbraccia entrambe le sfere di imposizione.
I profili di incidenza sui contenziosi pendenti
L’orientamento avvalorato dalla Corte rafforza in maniera significativa la posizione dell’Amministrazione finanziaria, poiché numerosi avvisi e cartelle, notificati oltre i termini ordinari ma entro quelli prorogati, acquistano piena validità. Chi aveva sollevato l’eccezione di decadenza, sostenendo che la proroga andasse ristretta al solo 2020, deve ora confrontarsi con una giurisprudenza di legittimità che legittima la più ampia interpretazione.
Va anche segnalato che, in un primo momento, la stessa Agenzia delle Entrate aveva suggerito di non fare pieno affidamento sull’estensione dei termini, temendo possibili contrasti interpretativi. Nonostante ciò, la pronuncia della Cassazione, unita ai chiarimenti forniti in altre sedi, rende oggi difficile contestare la correttezza della notifica degli atti effettuata nel rispetto dei nuovi termini prorogati.
Possibili sviluppi futuri
La Corte, rigettando con il decreto 3/2025 le istanze di rinvio pregiudiziale proposte da alcune Commissioni tributarie, ha dimostrato di ritenere la questione ormai risolta, quantomeno sotto il profilo del principio generale di proroga. Tuttavia, non mancano profili interpretativi che potrebbero riproporsi in futuro, specialmente laddove emerga la necessità di valutare casi specifici non espressamente presi in considerazione dalle recenti pronunce.
Restano aperte alcune domande: l’efficacia di tale sospensione nei confronti di soggetti particolari (ad esempio società di persone, enti locali e liquidazioni fallimentari) e l’effettiva estensione alle attività infrannuali potrebbero innescare nuovi ricorsi. Nel frattempo, l’unica certezza è la maggiore solidità degli atti che l’Amministrazione ha notificato facendo leva sulla proroga Covid.