La riforma fiscale introdotta con il decreto legislativo n. 192/2024 ha portato importanti novità nel regime dei redditi da lavoro autonomo. Tra i cambiamenti più significativi, spicca l’estensione del principio di onnicomprensività, che include ora nel reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni anche le sopravvenienze attive e passive. Questo approccio, già consolidato nella disciplina dei redditi d’impresa, modifica profondamente il trattamento fiscale di alcune transazioni, in particolare quelle legate ai contratti di leasing immobiliare. Le nuove disposizioni mirano a uniformare il trattamento fiscale degli immobili strumentali, eliminando alcune disparità che in passato favorivano i professionisti rispetto alle imprese. Tuttavia, le implicazioni pratiche sono complesse e richiedono un’attenta analisi, soprattutto per i contratti stipulati in periodi diversi.
Il principio di onnicomprensività: una nuova visione del reddito professionale
Con l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 192/2024, il calcolo del reddito dei professionisti è stato rivoluzionato dall’introduzione del principio di onnicomprensività. Questo principio amplia la base imponibile, includendo nel reddito professionale non solo i compensi e i costi ordinari, ma anche quegli elementi contabili che in passato erano esclusi, come le rettifiche dei componenti reddituali relative a periodi precedenti.
Questa modifica si applica a partire dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024. Di conseguenza, già nel bilancio del 2024, i professionisti dovranno considerare eventuali rettifiche legate a costi dedotti o compensi incassati in anni precedenti.
Cosa significa in pratica? In passato, eventuali modifiche contabili di costi o ricavi relativi a esercizi chiusi non avevano impatti sul reddito professionale corrente. Ora, invece, tali variazioni entreranno nel calcolo del reddito imponibile, aumentando o diminuendo l’importo soggetto a tassazione.
Esempio pratico: Un professionista ha dedotto nel 2021 un costo di leasing per un immobile strumentale, ma nel 2024 si rende conto che parte di quel costo non era deducibile. Con il nuovo principio, la rettifica di quel costo (ad esempio, il recupero di una quota di deduzione non spettante) andrà ad aumentare il reddito imponibile del 2024.
La cessione del contratto di leasing: il ritorno del valore normale
Un cambiamento cruciale riguarda il trattamento fiscale della cessione dei contratti di leasing, in particolare quelli relativi a beni immobili strumentali. L’articolo 54-bis, comma 3 del TUIR stabilisce che, in caso di cessione del contratto, il reddito imponibile del professionista includa il valore normale dell’immobile, al netto di:
- Il prezzo di riscatto previsto dal contratto,
- I canoni residui attualizzati alla data della cessione,
- La quota capitale dei canoni già maturati e indeducibile, in quanto riferibile al terreno.
Questo approccio richiama quanto già previsto dall’articolo 88, comma 5 del TUIR per i redditi d’impresa, dove la cessione di un contratto di leasing genera una sopravvenienza attiva tassabile. L’obiettivo del legislatore è chiaramente quello di uniformare il trattamento fiscale tra professionisti e imprese.
Esempio pratico: Un professionista stipula nel 2014 un contratto di leasing per un immobile strumentale e deduce regolarmente i canoni. Nel 2025 decide di cedere il contratto a un collega. La cessione genera un’imposizione fiscale pari alla differenza tra il valore normale dell’immobile e i canoni residui attualizzati. Se il valore normale dell’immobile è di 200.000 euro, il prezzo di riscatto è di 10.000 euro e i canoni residui attualizzati ammontano a 20.000 euro, il reddito imponibile sarà calcolato su 170.000 euro (200.000 – 10.000 – 20.000).
Contratti stipulati in periodi diversi: un trattamento differenziato
Un aspetto particolarmente rilevante della norma riguarda la distinzione dei contratti di leasing in base all’anno di stipula, poiché la deducibilità dei canoni varia nel tempo.
- Contratti stipulati prima del 1° gennaio 2014:
- I canoni di leasing sono interamente indeducibili.
- La cessione del contratto non genera sopravvenienze attive tassabili.
- Contratti stipulati nel triennio 2007-2009:
- I canoni sono parzialmente deducibili.
- In caso di cessione, il valore normale dell’immobile genera una sopravvenienza attiva tassabile, limitata ai canoni effettivamente dedotti.
- Contratti stipulati dal 1° gennaio 2014:
- I canoni sono deducibili secondo le regole ordinarie.
- La cessione genera una sopravvenienza attiva tassabile, calcolata sulla base del valore normale del bene.
Esempio pratico: Un professionista ha sottoscritto un contratto di leasing nel 2008 e ha dedotto i canoni per un totale di 50.000 euro. Nel 2025 cede il contratto, con un valore normale dell’immobile pari a 150.000 euro. La sopravvenienza attiva tassabile sarà pari a 100.000 euro (150.000 – 50.000).
Stop alle manovre elusive: il caso della cessione a un familiare
In passato, i professionisti potevano sfruttare alcune manovre elusive per evitare la tassazione della plusvalenza derivante dalla cessione di un immobile acquisito tramite leasing. Ad esempio, era comune cedere il contratto di leasing a un coniuge o a un familiare, consentendo a quest’ultimo di riscattare l’immobile senza generare effetti fiscali.
Con le nuove regole, questa possibilità è stata eliminata. La cessione del contratto genera ora una sopravvenienza attiva tassabile, indipendentemente dall’identità del cessionario.
Esempio pratico: Un professionista cede nel 2025 un contratto di leasing stipulato nel 2014 al proprio coniuge. Nonostante il rapporto familiare, l’operazione genera una sopravvenienza attiva tassabile calcolata sul valore normale dell’immobile, eliminando la possibilità di eludere l’imposizione fiscale.