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Trasferte aziendali e obbligo di tracciabilità delle spese: la gestione delle criticità

24 Febbraio, 2025

Dal 2025, le aziende devono garantire la tracciabilità delle spese sostenute dai dipendenti in trasferta per poter ottenere il rimborso. Questa nuova disposizione, introdotta dalla Legge di Bilancio 2025, mira a contrastare l’evasione fiscale, ma nella pratica solleva diverse problematiche. Cosa succede se il POS non funziona? Il lavoratore perde il diritto al rimborso se paga in contanti? Quali soluzioni alternative possono essere adottate? Questo articolo fornisce un’analisi approfondita della normativa e delle possibili strategie per evitare penalizzazioni fiscali.

Il nuovo obbligo di tracciabilità delle spese ha implicazioni non solo per le aziende, ma anche per i dipendenti e per i fornitori di servizi. La corretta applicazione della normativa richiede un’attenzione particolare alle modalità di pagamento, alle eventuali eccezioni previste e alle possibili soluzioni operative in caso di difficoltà.

Obbligo di tracciabilità delle spese in trasferta: il contesto normativo

La nuova normativa stabilisce che le spese sostenute dai dipendenti in trasferta devono essere effettuate tramite strumenti di pagamento tracciabili (carte di credito, bancomat, bonifici, ecc.) affinché possano essere rimborsate dall’azienda senza impatti fiscali negativi. Il principio alla base di questa regola è chiaro: se la spesa è tracciabile, il Fisco può monitorarla, riducendo il rischio di evasione fiscale da parte del soggetto che fornisce il servizio (ad esempio, un tassista, un ristoratore o un albergatore).

L’obbligo di utilizzo di strumenti tracciabili nasce dalla volontà di creare una maggiore trasparenza nei rapporti economici tra aziende, dipendenti e fornitori di servizi. In particolare, l’Agenzia delle Entrate potrà effettuare controlli più stringenti per individuare eventuali irregolarità nella fatturazione e nei pagamenti.

Se il pagamento viene effettuato in contanti, le conseguenze fiscali sono rilevanti:

  • Per il lavoratore: il rimborso ricevuto potrebbe essere considerato come una componente della retribuzione e quindi tassato.
  • Per l’azienda: il costo non è deducibile, con un impatto negativo sull’IRES e sull’IRAP.

Inoltre, il mancato rispetto dell’obbligo di tracciabilità può comportare sanzioni amministrative per le aziende che non dimostrano adeguatamente la gestione dei rimborsi ai dipendenti.

Il problema del POS non funzionante

Sebbene la norma abbia una logica chiara, nella pratica emergono diverse criticità. Una delle situazioni più frequenti riguarda il mancato funzionamento del POS, che può essere dovuto a problemi tecnici, alla mancanza di connessione o al rifiuto del commerciante di accettare pagamenti elettronici.

Questa eventualità pone una questione pratica rilevante: come può il dipendente dimostrare di aver tentato di pagare con un mezzo tracciabile, ma senza successo? In assenza di una documentazione chiara, l’azienda potrebbe trovarsi in difficoltà nel giustificare la deducibilità del costo e nel garantire il rimborso al dipendente.

Alcune soluzioni potrebbero includere l’utilizzo di ricevute, la registrazione di comunicazioni tra il dipendente e il datore di lavoro o, come vedremo, la dichiarazione sostitutiva di atto notorio.

Dichiarazione sostitutiva di atto notorio: una possibile soluzione

Una strada percorribile potrebbe essere la dichiarazione sostitutiva di atto notorio, che può essere redatta in due modalità:

  1. Dichiarazione del fornitore del servizio (es. tassista o ristoratore) che attesta il mancato funzionamento del POS. Tuttavia, questa soluzione è di difficile applicazione, poiché il soggetto dovrebbe avere a disposizione un modulo precompilato e potrebbe rifiutarsi di firmarlo.
  2. Dichiarazione del dipendente in trasferta, nella quale attesta di aver tentato il pagamento con un mezzo tracciabile senza successo a causa di problemi tecnici. Questa opzione è più pratica e potrebbe essere accolta favorevolmente dall’Agenzia delle Entrate.

Un’ulteriore alternativa potrebbe essere l’introduzione di un registro aziendale in cui i dipendenti possano annotare le difficoltà incontrate nei pagamenti elettronici, fornendo così una tracciabilità interna al datore di lavoro.

Anche se questa soluzione sembra ragionevole, manca ancora un’indicazione ufficiale da parte dell’Agenzia delle Entrate, che sarebbe auspicabile per garantire certezza giuridica ed evitare contestazioni future.

Cosa accade se il dipendente paga in contanti?

Un altro dubbio frequente riguarda le conseguenze fiscali per l’azienda e il lavoratore nel caso in cui il pagamento venga effettuato in contanti, anche quando sarebbe stato possibile utilizzare un mezzo tracciabile.

In questo caso, la normativa prevede che:

  • Il rimborso resta un diritto del dipendente, in quanto la trasferta è stata comunque autorizzata.
  • L’azienda non può dedurre il costo. Questo comporta un aggravio fiscale per il datore di lavoro, che subirà una maggiore tassazione ai fini IRES e IRAP.

Alcune aziende potrebbero decidere di decurtare il rimborso per compensare il maggiore onere fiscale, ma non possono negarlo del tutto, poiché il dipendente ha comunque sostenuto la spesa per motivi di servizio.

Per evitare simili situazioni, le aziende potrebbero introdurre politiche interne più rigide, imponendo l’uso di carte aziendali o prepagate per le trasferte, in modo da garantire una piena tracciabilità.

In sintesi

IN SINTESI


Qual è la nuova disposizione introdotta dalla Legge di Bilancio 2025? Dal 2025, le aziende devono garantire la tracciabilità delle spese sostenute dai dipendenti in trasferta affinché queste possano essere rimborsate senza impatti fiscali negativi.


Qual è l’obiettivo principale di questa normativa? La norma mira a contrastare l’evasione fiscale, assicurando che le transazioni siano verificabili dal Fisco e riducendo il rischio di irregolarità nella fatturazione e nei pagamenti.


Quali sono le conseguenze del pagamento in contanti? Per il lavoratore, il rimborso potrebbe essere considerato una componente della retribuzione e quindi tassato. Per l’azienda, il costo non sarà deducibile, con effetti negativi sull’IRES e sull’IRAP.


Cosa accade se il POS non funziona? Se il POS non funziona per problemi tecnici o rifiuto del commerciante, il dipendente potrebbe avere difficoltà a dimostrare il tentativo di pagamento tracciabile, creando problemi per il rimborso e la deducibilità del costo.


Quali soluzioni possono essere adottate in caso di POS non funzionante? Si possono utilizzare ricevute, registrazioni di comunicazioni con il datore di lavoro o una dichiarazione sostitutiva di atto notorio da parte del dipendente, attestante il tentativo di pagamento con un mezzo tracciabile.


In che modo la dichiarazione sostitutiva di atto notorio può risolvere il problema? Il dipendente può dichiarare di aver tentato il pagamento con uno strumento tracciabile senza successo. Questa soluzione, se accolta dall’Agenzia delle Entrate, potrebbe evitare contestazioni fiscali.


Cosa succede se il dipendente paga in contanti anche quando potrebbe usare un mezzo tracciabile? L’azienda non potrà dedurre il costo e subirà un maggiore onere fiscale, ma il dipendente mantiene il diritto al rimborso, poiché la trasferta è stata autorizzata.


Quali strategie possono adottare le aziende per garantire la tracciabilità delle spese? Le aziende potrebbero introdurre l’obbligo di utilizzo di carte aziendali o prepagate per le trasferte, evitando così problemi legati alla tracciabilità dei pagamenti.

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