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La tassazione della plusvalenza nell’usufrutto: i chiarimenti della Cassazione

17 Marzo, 2025

La sentenza n. 3614/2025 della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti in merito alla tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di immobili su cui insiste un diritto di usufrutto. La questione centrale riguarda la cessione di un fabbricato pervenuto in parte per successione e in parte per acquisto dell’usufrutto, successivamente venduto prima del decorso dei cinque anni dall’acquisizione. La Suprema Corte ha stabilito che la plusvalenza insorta nel diritto di usufrutto acquisito a titolo oneroso è soggetta a imposizione fiscale ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera b) del TUIR, confermando la posizione dell’Agenzia delle Entrate e chiarendo definitivamente i criteri applicativi della normativa in questo specifico contesto.

Il caso concreto: due diverse provenienze, due diverse tassazioni

Il caso esaminato dalla Cassazione riguarda una vicenda che ha visto protagoniste due sorelle che avevano ceduto un fabbricato pervenuto loro in parte per successione ereditaria dalla madre (nuda proprietà) e in parte per acquisto dell’usufrutto dalla nonna, avvenuto l’anno precedente alla cessione dell’immobile, per un costo relativamente contenuto.

La particolarità del caso risiede nella duplice provenienza dei diritti sull’immobile: da un lato la nuda proprietà acquisita per successione (non soggetta a tassazione della plusvalenza), dall’altro l’usufrutto acquistato a titolo oneroso appena un anno prima della vendita complessiva dell’immobile (potenzialmente soggetto a tassazione).

L’Agenzia delle Entrate, già nei primi gradi di giudizio, aveva sostenuto che la plusvalenza relativa alla porzione di diritto acquisita a titolo oneroso (l’usufrutto) dovesse essere assoggettata a IRPEF. Questa interpretazione è stata inizialmente contestata dalle contribuenti, che ritenevano non tassabile l’intera operazione, anche in considerazione della differenza di età tra le cedenti e la precedente usufruttuaria.

Il principio stabilito dalla Cassazione

Con la sentenza n. 3614/2025 depositata il 12 febbraio, la Cassazione ha definitivamente chiarito che quando si cede un immobile con diverse provenienze, è necessario considerare separatamente ciascuna componente ai fini della tassazione delle plusvalenze.

La Corte ha sposato la tesi dell’Agenzia delle Entrate, affermando un principio fondamentale: se la provenienza successoria consente di “bonificare” la plusvalenza insita nella nuda proprietà, l’acquisto dell’usufrutto a titolo oneroso costituisce un’operazione distinta che genera una plusvalenza autonoma, da considerare giuridicamente differenziata e quindi soggetta a tassazione secondo le regole ordinarie.

In particolare, la Cassazione ha precisato che nel calcolo della plusvalenza occorre considerare il valore dell’usufrutto in capo al secondo cedente, e non quello relativo al precedente usufruttuario. Questo aspetto è cruciale per determinare correttamente la base imponibile della plusvalenza.

La differenza tra nuda proprietà e usufrutto ai fini fiscali

La sentenza mette in evidenza come le due diverse provenienze dei diritti sull’immobile (nuda proprietà per successione e usufrutto a titolo oneroso) diano origine a due plusvalenze da considerare giuridicamente differenziate, ciascuna con i propri requisiti fiscali.

Questo principio ha importanti ricadute pratiche. Ad esempio, nel calcolo del quinquennio per l’applicazione dell’esenzione prevista per le abitazioni principali, occorre considerare separatamente i due diritti. Nel caso in questione, poiché l’usufrutto era stato acquistato appena un anno prima della vendita, la plusvalenza relativa a tale componente risultava tassabile.

La Corte ha richiamato anche la risoluzione n. 188/E/2008 dell’Agenzia delle Entrate, che aveva affrontato una questione simile riguardante la destinazione del bene ad abitazione principale del cedente. La destinazione ad abitazione principale rileva solo se mantenuta per la maggior parte del periodo di possesso, e nel caso dell’usufrutto questo periodo deve essere calcolato a partire dall’acquisizione del diritto, non dalla precedente situazione.

Le conseguenze pratiche per i contribuenti

Questa sentenza ha importanti implicazioni per tutti i contribuenti che si trovano in situazioni analoghe. In particolare:

  • È necessario tracciare con precisione la provenienza di ciascun diritto reale sull’immobile che si intende cedere.
  • Nel caso di acquisizioni miste (parte a titolo gratuito, parte a titolo oneroso), occorre valutare separatamente ciascuna componente ai fini della tassazione delle plusvalenze.
  • Il calcolo del quinquennio per l’applicazione dell’esenzione deve essere effettuato distintamente per ciascun diritto, partendo dalla data di acquisizione di ognuno.

Per comprendere meglio le implicazioni pratiche, consideriamo un esempio: Francesca eredita la nuda proprietà di un appartamento dalla madre nel 2020 e nello stesso anno acquista l’usufrutto dal padre per 50.000 euro. Nel 2023 decide di vendere l’intero immobile (piena proprietà) per 250.000 euro. In questo caso, la plusvalenza relativa alla nuda proprietà non sarà tassabile (provenienza successoria), mentre la plusvalenza relativa all’usufrutto (differenza tra il valore dell’usufrutto al momento della vendita e il costo di acquisto di 50.000 euro) sarà soggetta a tassazione IRPEF come reddito diverso, poiché la cessione è avvenuta entro i cinque anni dall’acquisto.

I riferimenti normativi e la loro corretta interpretazione

Il quadro normativo di riferimento per questa materia è costituito principalmente dall’articolo 67, comma 1, del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), che disciplina i redditi diversi.

In particolare, la lettera b) del comma 1 assoggetta a tassazione le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, ad eccezione di quelli acquisiti per successione e delle unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari.

La Cassazione ha chiarito che, in caso di consolidamento dell’usufrutto con la nuda proprietà prima dell’alienazione del bene, occorre considerare nel calcolo della plusvalenza il valore dell’usufrutto in capo al cedente finale, non quello riferito al precedente usufruttuario.

La Corte ha anche richiamato che la legge n. 213/2012 ha previsto nuove fattispecie di plusvalenze tassabili relative alla cessione di immobili oggetto di interventi agevolati con il Superbonus, ma ha precisato che queste non sono pertinenti al caso in esame, essendo la cessione avvenuta nel 2008.

In sintesi

IN SINTESI


Qual è il tema centrale della sentenza della Corte di Cassazione n. 3614/2025? La sentenza chiarisce la tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di immobili su cui insiste un diritto di usufrutto acquisito a titolo oneroso. La Corte ha stabilito che tale plusvalenza è soggetta a imposizione fiscale ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera b) del TUIR, distinguendola dalla parte di immobile pervenuta per successione, che rimane esente da tassazione.


Qual era il caso concreto esaminato dalla Cassazione? Il caso riguardava due sorelle che avevano ceduto un fabbricato ricevuto in parte per successione (nuda proprietà) e in parte mediante acquisto dell’usufrutto dalla nonna, avvenuto solo un anno prima della vendita. L’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto che la plusvalenza generata dall’usufrutto acquistato a titolo oneroso fosse imponibile, mentre le contribuenti sostenevano che l’intera operazione fosse esente.


Qual è il principio fondamentale stabilito dalla Cassazione? La Corte ha affermato che, in caso di immobile con provenienze miste, la tassazione delle plusvalenze deve considerare separatamente ciascun diritto. La nuda proprietà ricevuta per successione non genera plusvalenza imponibile, mentre l’usufrutto acquistato a titolo oneroso genera una plusvalenza autonoma, soggetta a IRPEF se ceduto prima di cinque anni dall’acquisto.


Come si calcola la plusvalenza nel caso di diritti reali misti? La plusvalenza si calcola considerando separatamente la componente dell’usufrutto rispetto alla nuda proprietà. In particolare, si prende in esame il valore dell’usufrutto in capo al cedente al momento della vendita e si confronta con il prezzo di acquisto. La nuda proprietà, se acquisita per successione, non è soggetta a imposizione.


Quali sono le implicazioni pratiche per i contribuenti? I venditori di immobili con provenienze miste devono: 1) identificare chiaramente l’origine di ciascun diritto reale, 2) considerare separatamente la tassazione delle plusvalenze per usufrutto e nuda proprietà, 3) calcolare il quinquennio di esenzione in modo distinto per ciascun diritto, partendo dalla data di acquisizione di ognuno.


Quali riferimenti normativi regolano la tassazione delle plusvalenze immobiliari? L’articolo 67, comma 1, lettera b) del TUIR disciplina la tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di immobili acquistati o costruiti da meno di cinque anni. Sono esenti quelli acquisiti per successione e quelli destinati per la maggior parte del periodo a residenza principale. La Cassazione ha inoltre chiarito che, nel consolidamento dell’usufrutto con la nuda proprietà prima della vendita, il valore da considerare è quello in capo al cedente finale.

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