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Abuso del diritto e pianificazione fiscale: l’atto di indirizzo chiarisce i limiti operativi

3 Marzo, 2025

Il recente atto di indirizzo sull’abuso del diritto firmato dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo rappresenta un punto di svolta nelle relazioni tra contribuenti e amministrazione finanziaria. Il documento, emanato in attuazione dell’articolo 10-bis dello Statuto del Contribuente, stabilisce che il contribuente conserva piena libertà di scegliere la strada fiscalmente più vantaggiosa senza incorrere automaticamente in contestazioni di abuso. L’atto fornisce precise coordinate interpretative che delimitano il confine tra legittima pianificazione fiscale e comportamenti abusivi, introducendo maggiore certezza operativa per professionisti e imprese. Questo intervento si inserisce nel solco dell’evoluzione normativa della disciplina, passata dall’articolo 37-bis del DPR 600/1973 all’attuale formulazione contenuta nello Statuto, ampliando i concetti rilevanti e precisando i criteri di valutazione delle operazioni economiche a rilevanza fiscale.

L’atto di indirizzo: contenuto e portata normativa

L’atto di indirizzo emanato si configura come strumento attuativo della previsione contenuta nell’articolo 10-bis della legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente). Tale disposizione attribuisce al Ministero dell’Economia e delle Finanze il compito di fornire indirizzi interpretativi sulle fattispecie di abuso del diritto, garantendo maggiore prevedibilità nell’applicazione della normativa.

Il documento ripercorre analiticamente l’evoluzione della disciplina, evidenziando il passaggio concettuale dall’articolo 37-bis del DPR 600/1973 all’attuale disposizione. Mentre la normativa precedente era circoscritta alla “riduzione di imposta” e ai “rimborsi”, la formulazione vigente abbraccia un perimetro più ampio, includendo fenomeni quali crediti d’imposta, maggiori perdite fiscalmente rilevanti e regimi di imposizione sostitutiva agevolati.

Elemento qualificante dell’atto è la riaffermazione del principio secondo cui l’abuso del diritto costituisce un’ipotesi residuale rispetto ad altre contestazioni più specifiche. Ciò implica che l’amministrazione finanziaria può invocare l’abuso solo quando non risultino applicabili violazioni dirette di norme tributarie, confermando la natura sussidiaria dell’istituto rispetto alla contestazione di evasione fiscale.

Criterio gerarchico nelle contestazioni e residualità dell’abuso

L’atto di indirizzo stabilisce con chiarezza un criterio gerarchico nelle contestazioni fiscali, collocando l’abuso del diritto come extrema ratio nell’arsenale dell’amministrazione finanziaria. Tale impostazione risulta coerente con l’articolo 10-bis, comma 12, dello Statuto, che espressamente qualifica l’abuso come contestazione residuale.

Nel documento viene precisato che l’abuso del diritto si configura esclusivamente in assenza di violazioni più immediate e dirette. Quando il contribuente pone in essere comportamenti fraudolenti o simulatori, la contestazione deve inquadrarsi nell’alveo dell’evasione fiscale, mentre l’abuso attiene a operazioni formalmente legittime ma prive di sostanza economica.

Questa distinzione non è meramente teorica, ma comporta rilevanti conseguenze procedurali e sanzionatorie. Mentre l’evasione fiscale implica l’applicazione di sanzioni amministrative e, nei casi più gravi, penali, l’abuso del diritto comporta esclusivamente il recupero del tributo e degli interessi, con esclusione delle sanzioni penali e amministrative.

La legittimità del risparmio d’imposta secondo l’atto di indirizzo

Il cuore dell’atto di indirizzo riguarda la definizione del perimetro di legittimità del risparmio d’imposta. Il documento richiama espressamente la relazione di accompagnamento al D.lgs. 128/2015, ribadendo che “il risparmio d’imposta è sempre legittimo” quando discende da una possibilità di scelta contemplata dall’ordinamento.

In particolare, l’atto precisa che il contribuente può orientare le proprie decisioni economiche valutando anche il profilo fiscale, optando per la soluzione più vantaggiosa tra quelle consentite. Ciò implica che la mera finalità di ridurre il carico fiscale non è sufficiente a configurare un abuso, essendo necessaria la presenza congiunta di tutti gli elementi richiesti dalla norma.

La legittimazione della pianificazione fiscale trova conferma anche nel riferimento esplicito al diritto del contribuente di strutturarsi per beneficiare di regimi più favorevoli. L’esempio citato nell’atto riguarda la possibilità di riorganizzarsi per accedere alle agevolazioni in materia di assegnazione o trasformazione in società semplice previste dalla legge n. 207/2024, evidenziando come tali operazioni rientrino nell’ambito della legittima pianificazione fiscale.

Analisi del vantaggio fiscale indebito come elemento costitutivo dell’abuso

L’atto di indirizzo dedica particolare attenzione all’analisi del vantaggio fiscale indebito, qualificandolo come elemento primo e necessario per la configurabilità dell’abuso. Tale vantaggio si realizza quando il risultato fiscale dell’operazione:

  1. Risulta contrario alla ratio delle norme fiscali o ai principi dell’ordinamento tributario;
  2. Costituisce elemento essenziale in un’operazione priva di sostanza economica.

Il documento fornisce un’interpretazione sistematica del concetto, evidenziando che non ogni risparmio fiscale configura un vantaggio indebito. L’indebito vantaggio sussiste esclusivamente quando l’operazione, pur formalmente rispettosa delle norme, realizza un risultato in contrasto con le finalità delle disposizioni tributarie e dell’ordinamento nel suo complesso.

Per illustrare questo concetto, l’atto riporta l’esempio del contribuente che effettua un’operazione di scissione finalizzata alla creazione di una società immobiliare per accedere a regimi agevolati. Tale operazione potrebbe configurare un abuso qualora la scissione fosse priva di sostanza economica e finalizzata esclusivamente all’ottenimento del beneficio fiscale.

Casistica applicativa e criteri operativi per i professionisti

L’atto di indirizzo non si limita a formulazioni teoriche, ma delinea criteri operativi utili ai professionisti per valutare preventivamente la legittimità delle operazioni pianificate. Viene infatti precisato che, per escludere l’abusività, occorre verificare:

  1. L’esistenza di valide ragioni extrafiscali non marginali,
  2. La presenza di sostanza economica nell’operazione,
  3. La coerenza tra forma giuridica e sostanza economica.

Il documento richiama, a titolo esemplificativo, il caso del contribuente che rivaluta le partecipazioni e successivamente procede alla loro cessione beneficiando di plusvalenze imponibili ridotte. Tale operazione, espressamente prevista dalla normativa, non può considerarsi abusiva poiché la rivalutazione genera effetti economici reali e non è in contrasto con la ratio delle norme fiscali.

Altro elemento di rilievo operativo concerne la dimensione temporale della pianificazione. L’atto chiarisce che il vantaggio fiscale deve essere valutato in un disegno unitario, considerando la concatenazione delle operazioni sul piano temporale. Questa precisazione risulta particolarmente rilevante per i professionisti, poiché suggerisce che operazioni distanziate nel tempo difficilmente potranno essere contestate come abusive, salvo che risultino parte di un disegno unitario preordinato.

Profili procedurali e tutele del contribuente

L’atto di indirizzo richiama anche i profili procedurali della disciplina antiabuso, sottolineando le garanzie poste a tutela del contribuente. In particolare, viene evidenziato che:

  1. L’onere della prova dell’abuso grava sull’amministrazione finanziaria,
  2. Prima dell’emissione dell’avviso di accertamento, l’ufficio deve notificare una richiesta di chiarimenti con indicazione specifica dei motivi per cui si ritiene configurabile un abuso,
  3. Il contribuente ha 60 giorni per fornire chiarimenti, durante i quali i termini di decadenza per l’accertamento sono sospesi.

Tali garanzie procedurali, espressamente previste dall’articolo 10-bis dello Statuto, rappresentano un elemento qualificante della disciplina, bilanciando il potere accertativo dell’amministrazione con il diritto di difesa del contribuente.

L’atto riafferma inoltre il principio secondo cui, in caso di dubbio sull’abusività di un’operazione, questa deve essere risolta a favore del contribuente, in applicazione del principio di libertà di iniziativa economica sancito dall’articolo 41 della Costituzione.

Effetti dell’atto di indirizzo sulla prassi amministrativa

L’emanazione dell’atto di indirizzo è destinata a produrre significativi effetti sulla prassi amministrativa, orientando l’operato degli uffici nell’attività di accertamento. Il documento costituisce infatti una direttiva per gli organi dell’amministrazione finanziaria, che dovranno conformarsi ai principi ivi contenuti.

In particolare, gli uffici saranno tenuti a valutare con maggiore rigore la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi dell’abuso, evitando contestazioni basate sul mero risparmio fiscale. Ciò dovrebbe determinare una significativa riduzione del contenzioso tributario in materia, favorendo maggiore certezza nei rapporti tra fisco e contribuenti.

Sul piano interpretativo, l’atto consolida l’orientamento secondo cui la scelta del regime fiscale più favorevole tra quelli offerti dall’ordinamento rientra nella legittima pianificazione fiscale. Tale principio dovrà essere applicato anche in sede di interpello antiabuso, strumento attraverso il quale il contribuente può ottenere un parere preventivo sulla legittimità delle operazioni pianificate.

In sintesi

IN SINTESI


Qual è il contenuto principale dell’atto di indirizzo sull’abuso del diritto? L’atto di indirizzo firmato dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo chiarisce che il contribuente può scegliere la strada fiscalmente più vantaggiosa senza incorrere automaticamente in contestazioni di abuso. Il documento fornisce criteri interpretativi per distinguere tra pianificazione fiscale legittima e condotte abusive, garantendo maggiore certezza operativa per imprese e professionisti.


Quali sono i principali riferimenti normativi dell’atto di indirizzo? L’atto si inserisce nell’evoluzione della disciplina, dall’articolo 37-bis del DPR 600/1973 all’attuale articolo 10-bis dello Statuto del Contribuente (legge n. 212/2000). Quest’ultimo ha ampliato il perimetro delle operazioni rilevanti, includendo crediti d’imposta, perdite fiscalmente rilevanti e regimi agevolati.


Qual è il criterio gerarchico nelle contestazioni fiscali? L’abuso del diritto è un’ipotesi residuale rispetto ad altre violazioni tributarie. Se un comportamento presenta elementi fraudolenti o simulatori, la contestazione deve inquadrarsi come evasione fiscale. L’abuso riguarda operazioni formalmente legittime ma prive di sostanza economica e, a differenza dell’evasione, non comporta sanzioni penali o amministrative, ma solo il recupero del tributo e degli interessi.


Qual è la posizione dell’atto di indirizzo sulla legittimità del risparmio d’imposta? Il risparmio d’imposta è sempre legittimo se deriva da una scelta prevista dall’ordinamento. Il contribuente ha diritto a strutturare le proprie operazioni per beneficiare di regimi fiscali più favorevoli, purché siano rispettate le condizioni normative e vi sia una sostanza economica nell’operazione.


Come viene definito il vantaggio fiscale indebito? Il vantaggio fiscale è considerato indebito quando contrasta con la ratio delle norme fiscali o quando è ottenuto attraverso operazioni prive di sostanza economica. Non ogni risparmio fiscale costituisce abuso: è necessario che l’operazione sia finalizzata esclusivamente al beneficio fiscale senza ragioni economiche valide.


Quali criteri devono seguire i professionisti per evitare contestazioni di abuso? L’atto di indirizzo suggerisce di verificare tre aspetti fondamentali: l’esistenza di valide ragioni extrafiscali, la presenza di sostanza economica e la coerenza tra la forma giuridica dell’operazione e la sua sostanza. Inoltre, è importante considerare la concatenazione temporale delle operazioni per escludere schemi abusivi preordinati.


Quali sono le garanzie procedurali per il contribuente? L’onere della prova dell’abuso spetta all’amministrazione finanziaria, che prima dell’accertamento deve notificare una richiesta di chiarimenti. Il contribuente ha 60 giorni per rispondere, e nel frattempo i termini di decadenza per l’accertamento sono sospesi. Inoltre, in caso di dubbio, l’interpretazione deve essere favorevole al contribuente, in linea con il principio di libertà economica.


Quali saranno gli effetti dell’atto di indirizzo sulla prassi amministrativa? Gli uffici dell’amministrazione finanziaria dovranno conformarsi ai principi dell’atto, riducendo le contestazioni basate solo sul risparmio fiscale e valutando con maggiore rigore la sussistenza degli elementi costitutivi dell’abuso. Questo potrebbe portare a una diminuzione del contenzioso tributario e a una maggiore certezza per i contribuenti.

 

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