Il versamento degli acconti legati al concordato preventivo biennale sta generando un intenso dibattito tra contribuenti, professionisti e Amministrazione finanziaria. L’interpretazione integrata tra D.Lgs. 13/2024, le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 18/E/2024 e i chiarimenti presenti nelle relative FAQ sembra offrire una lettura più flessibile di quanto si temesse all’inizio. In sostanza, l’omesso pagamento degli acconti nel primo anno di applicazione non dovrebbe comportare l’immediata decadenza dal patto con il fisco, ma piuttosto dar luogo a sanzioni recuperabili attraverso gli strumenti correttivi previsti dalla normativa. Tuttavia, restano alcune zone d’ombra sulle quali il confronto giuridico e interpretativo è tutt’altro che concluso.
La dinamica dei versamenti e l’assenza di rottura immediata del patto
Nel primo anno in cui il concordato preventivo biennale viene applicato, l’omissione o l’insufficiente versamento degli acconti calcolati con il metodo storico o con la stima previsionale del reddito non condurrebbe automaticamente alla perdita del beneficio. È importante evidenziare come questa soluzione trovi radice nella lettura combinata del D.Lgs. 13/2024 e delle istruzioni fornite dall’Amministrazione finanziaria. L’Agenzia delle Entrate, attraverso la circolare 18/E/2024, ha infatti chiarito che la semplice mancanza dell’acconto in questa fase iniziale non azzera il patto con il fisco.
In altre parole, il rischio di decadenza non emerge dal primo inadempimento, ma viene collegato alla mancata regolarizzazione dei debiti successivi alla ricezione di un avviso bonario.
Il ruolo dell’avviso bonario e il momento critico della decadenza
Il cuore della questione risiede nel legame tra l’obbligo dichiarativo e il successivo momento di controllo e notifica da parte dell’Amministrazione finanziaria. Se da una parte l’omesso o scarso versamento iniziale genera sanzioni, dall’altra la decadenza dal concordato si concretizza solo qualora il contribuente persista nel non saldare gli importi dovuti dopo aver ricevuto il cosiddetto avviso bonario. Questa interpretazione mostra un approccio più equilibrato da parte del Legislatore, rendendo evidente come la decadenza sia principalmente agganciata alla mancata risoluzione dell’irregolarità al momento opportuno, ossia nel passaggio successivo alla notifica di quanto dovuto.
Il D.Lgs. 13/2024, insieme alle disposizioni del DPR 600/1973, indica chiaramente il ruolo dell’avviso bonario come fase essenziale, in cui il contribuente può ancora evitare l’effetto più drammatico del decadimento del patto, purché provveda a regolarizzare la propria posizione.
Il ravvedimento operoso come strumento di tutela del contribuente
La normativa fiscale offre la possibilità di utilizzare il ravvedimento operoso, l’istituto che permette di ridurre le sanzioni a fronte di un adempimento tardivo, ma spontaneo, prima del controllo formale o dell’avvio di attività ispettive. Nel caso degli acconti del concordato preventivo biennale, questo strumento acquisisce un’importanza strategica. Grazie al ravvedimento, un contribuente che non abbia versato integralmente gli acconti può intervenire con un pagamento successivo, prima che venga emesso l’avviso bonario, beneficiando di sanzioni ridotte.
Questa possibilità rende il sistema più flessibile e previene l’effetto “catastrofico” della decadenza immediata, purché il contribuente si mostri reattivo e collaborativo.
Esempi pratici per capire meglio
Immaginiamo un contribuente che, nel primo anno di adesione al concordato preventivo biennale, ometta di versare un acconto stimato sulla base del proprio reddito. In prima battuta non scatterebbe automaticamente la decadenza dal regime agevolato, ma verrebbe applicata una sanzione. Il contribuente potrebbe accorgersi dell’errore e, prima del controllo dell’Agenzia, decidere di corrispondere la somma dovuta utilizzando il ravvedimento operoso, limitando così l’impatto sanzionatorio.
Se, tuttavia, il contribuente ignorasse sia l’acconto dovuto sia la successiva comunicazione bonaria, allora la decadenza diventerebbe una prospettiva reale, non più evitabile.
Il confronto interpretativo e le possibili evoluzioni normative
L’impianto normativo delineato dal D.Lgs. 13/2024, insieme alle interpretazioni dell’Amministrazione, testimonia un approccio più dinamico rispetto al passato. Tuttavia, restano aperti alcuni interrogativi. Alcuni addetti ai lavori sollevano dubbi sulla coerenza di queste conclusioni con altre disposizioni, come l’articolo 20 del medesimo decreto, che regolano modalità e penalità relative agli acconti.
La presenza di interpretazioni differenti tra dottrina, prassi amministrativa e giurisprudenza futura non è esclusa, e sarà utile monitorare eventuali successivi interventi normativi, nonché pronunce degli organi giurisdizionali. Il risultato è un quadro in evoluzione, in cui il contribuente deve tenersi aggiornato con grande attenzione, pur potendo contare su strumenti, come il ravvedimento, in grado di mitigare gli effetti più severi delle omissioni iniziali.
Conclusione
La disciplina degli acconti relativi al concordato preventivo biennale diviene così un terreno di prova per verificare l’equilibrio tra flessibilità e rigore del sistema fiscale. La prospettiva che l’omesso versamento iniziale non determini immediatamente la decadenza dal regime concordato, ma che essa possa essere scongiurata da un successivo adempimento spontaneo o dall’adesione alle richieste di regolarizzazione dopo l’avviso bonario, rappresenta un punto di svolta importante. Questo approccio consente al contribuente di muoversi con maggiore sicurezza, senza tuttavia allentare l’esigenza di rispettare le norme e di assicurare all’Erario le entrate dovute.