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Cassazione: stop all’esenzione IMU per immobili acquistati e ristrutturati

24 Aprile, 2025

Con l’ordinanza n. 10392 del 21 aprile 2025, la Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta sulle agevolazioni IMU per gli “immobili merce”. I giudici di legittimità hanno stabilito che i fabbricati acquistati e successivamente ristrutturati dalle imprese, anche se destinati alla vendita, non possono beneficiare dell’esenzione prevista per gli immobili costruiti direttamente dalle imprese costruttrici. Questa interpretazione restrittiva ribalta l’orientamento che il Ministero dell’Economia e delle Finanze aveva espresso con la risoluzione n. 11/DF del 2013.

Cosa sono gli “immobili merce” secondo la normativa

Gli “immobili merce” rappresentano una categoria specifica nel panorama IMU, definita come “i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati”. Il legislatore ha previsto per questi immobili un trattamento fiscale agevolato che, dal 2014 al 2021, è passato da un’aliquota ridotta fino all’esenzione totale a partire dal 1° gennaio 2022, come stabilito dall’art. 1 comma 751 della L. 160/2019.

La ratio della norma appare evidente: sostenere le imprese costruttrici che mantengono in giacenza immobili destinati alla commercializzazione, alleggerendo il carico fiscale su beni che costituiscono merci del loro circuito produttivo e non patrimonio stabile.

L’interpretazione ministeriale ora superata

Fino ad oggi, l’approccio interpretativo del MEF si basava su una lettura estensiva della norma. Con la risoluzione n. 11/DF dell’11 dicembre 2013, il Ministero aveva ritenuto che nella nozione di “fabbricati costruiti” rientrassero anche gli immobili acquistati dalle imprese costruttrici e sottoposti a significativi interventi di recupero edilizio.

Tale posizione si fondava su un’analogia con quanto previsto dall’art. 5 comma 6 del D.Lgs. 504/92 (oggi recepito nell’art. 1 comma 746 della L. 160/2019), che equipara ai fini impositivi le aree con “utilizzazione edificatoria” ai fabbricati oggetto di interventi di recupero ex art. 3 comma 1 lettere c), d) e f) del DPR 380/2001, ossia:

  • interventi di restauro e risanamento conservativo;
  • interventi di ristrutturazione edilizia;
  • interventi di ristrutturazione urbanistica.

Secondo il MEF, questa equiparazione giustificava l’estensione dell’agevolazione anche ai fabbricati ristrutturati, a partire dal momento dell’ultimazione dei lavori.

Il cambio di rotta della Cassazione

La sentenza n. 10392/2025 capovolge questa impostazione con un’argomentazione solidamente ancorata al principio di stretta interpretazione delle norme agevolative.

La Corte evidenzia un elemento fondamentale: l’immobile acquistato sul mercato e poi ristrutturato, per quanto destinato alla successiva vendita, è già stato immesso nel circuito commerciale. Manca quindi il requisito essenziale previsto dalla norma: essere stato “costruito” dall’impresa che richiede l’agevolazione.

Come precisato dalla Cassazione, al momento dell’acquisto non è possibile concepire “né l’esistenza di un fabbricato costruito dal soggetto passivo dell’IMU e destinato alla vendita (piuttosto che alla sua ristrutturazione edilizia), né la permanente destinazione alla vendita del bene costruito”.

Questa linea interpretativa trova peraltro conferma in precedenti pronunce della Suprema Corte, come le ordinanze n. 3094 del 2 febbraio 2024 e n. 9897 del 28 marzo 2022.

La stretta interpretazione delle agevolazioni fiscali come principio cardine

Il principio di stretta interpretazione delle norme agevolative, richiamato dalla sentenza, rappresenta un caposaldo del diritto tributario. Le disposizioni che prevedono esenzioni o agevolazioni non possono essere applicate a fattispecie diverse da quelle espressamente contemplate, né attraverso interpretazione analogica né mediante interpretazione estensiva.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto impropria l’estensione dell’equiparazione tra “fabbricati in corso di costruzione” e “fabbricati oggetto di recupero” al di fuori del contesto per cui è stata prevista. Tale equiparazione, infatti, è circoscritta alla sola determinazione della base imponibile durante la fase dei lavori, quando rileva unicamente il valore venale dell’area.

Implicazioni pratiche per le imprese di costruzione

La sentenza ha rilevanti ricadute operative per le imprese che operano attraverso l’acquisto e la ristrutturazione di immobili:

  1. Le imprese che adottano questo modello di business non potranno più beneficiare dell’esenzione IMU per gli immobili ristrutturati in attesa di vendita, con conseguente aggravio della pressione fiscale.
  2. Si crea una disparità di trattamento tra chi costruisce ex novo e chi riqualifica l’esistente, nonostante entrambe le attività contribuiscano alla rigenerazione del patrimonio edilizio.
  3. Dal punto di vista della pianificazione fiscale, potrebbero essere rivalutate operazioni societarie alternative, come la costituzione di società ad hoc per l’acquisto dei terreni e la costruzione ex novo.

L’aumento della pressione fiscale sugli immobili ristrutturati potrebbe inoltre incidere sui prezzi di vendita, con potenziali effetti sul mercato immobiliare, specialmente nei contesti urbani dove la riqualificazione dell’esistente rappresenta spesso l’unica opzione praticabile.

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