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Conservazione dei documenti contabili: responsabilità del commercialista o dell’imprenditore?

7 Febbraio, 2025

Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (CNDCEC) ha recentemente chiarito una questione critica che riguarda il rapporto tra professionisti e imprenditori: il commercialista non ha alcun obbligo di conservare i documenti contabili di un cliente una volta terminato l’incarico. Questo principio, sancito dal Pronto Ordini Po 90/2024, rappresenta un punto fermo nella gestione delle scritture contabili, sgombrando il campo da potenziali equivoci e controversie.

Chi è responsabile della conservazione dei documenti?

Secondo il Codice Civile, la responsabilità della conservazione dei documenti contabili è esclusivamente a carico dell’imprenditore. L’articolo 2214 c.c. stabilisce che chi esercita un’attività commerciale è tenuto a mantenere le scritture contabili obbligatorie e la relativa documentazione. Inoltre, l’articolo 2220 c.c. prescrive che tali documenti debbano essere conservati per dieci anni dalla data dell’ultima registrazione.

Questo obbligo si estende non solo ai registri contabili, ma anche ad altri documenti come fatture, lettere, telegrammi e loro copie. È importante sottolineare che la conservazione può essere effettuata anche in formato digitale, purché i documenti siano leggibili tramite strumenti idonei.

Esempio pratico – Immaginiamo un imprenditore che, dopo anni di attività, venga chiamato a esibire i suoi documenti contabili in tribunale per una procedura concorsuale. Se non è in grado di presentarli, non potrà addossare la colpa al commercialista. La legge è chiara: è responsabilità dell’imprenditore conservare i documenti, salvo che dimostri che l’incarico di tenuta contabile sia ancora in corso.

Il ruolo del commercialista: obblighi limitati al mandato

A differenza dell’imprenditore, il commercialista non ha un obbligo legale di conservare i documenti contabili del cliente oltre il periodo necessario per espletare l’incarico. Questo principio, ribadito dal Pronto Ordini del CNDCEC, si basa sull’assenza di una norma nell’ordinamento professionale che imponga tale obbligo. Una volta concluso il mandato e consegnati i documenti al cliente, il professionista è libero da ogni responsabilità di conservazione.

Tuttavia, per evitare futuri contenziosi, è essenziale che la riconsegna dei documenti avvenga in modo formale, ad esempio mediante una dichiarazione scritta firmata dal cliente. Questo semplice accorgimento tutela il commercialista da eventuali accuse o richieste di risarcimento.

La conservazione come contratto di deposito

In alcuni casi, la conservazione dei documenti da parte del commercialista può essere inquadrata come un contratto di deposito. Ai sensi dell’articolo 1766 c.c., il deposito prevede che il custode abbia l’obbligo di restituire i beni al proprietario. Nel contesto contabile, ciò significa che il commercialista è responsabile dei documenti solo fino alla loro riconsegna al cliente.

Questa interpretazione, però, conferma che una volta restituiti i documenti, ogni obbligo di conservazione decade. La responsabilità per eventuali perdite o smarrimenti ricade sull’imprenditore.

Implicazioni pratiche per i professionisti

Questo chiarimento normativo è particolarmente rilevante per evitare fraintendimenti e controversie tra commercialisti e clienti. Spesso, gli imprenditori ritengono erroneamente che il loro consulente debba conservare i documenti anche dopo la conclusione dell’incarico. In realtà, il commercialista svolge un ruolo tecnico e operativo, ma non può essere considerato un custode permanente delle scritture contabili.

Per i professionisti, è consigliabile adottare alcune buone pratiche per tutelarsi, come la redazione di un contratto chiaro che definisca i limiti dell’incarico e l’utilizzo di strumenti digitali per documentare la riconsegna.

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