Se un contratto di locazione si rivela nullo, chi ha versato i canoni ha diritto a farseli restituire. È una regola che sembrerebbe intuitiva, ma la Corte di Cassazione ha di recente chiarito fino a che punto il locatore possa tutelarsi, ottenendo un ristoro economico per il danno subito. È un punto cruciale per comprendere il delicato equilibrio tra inquilino e proprietario, dove la mancanza di un valido accordo scritto e registrato non può comunque tradursi in un profitto immeritato per chi ha utilizzato l’immobile, ma nemmeno in un guadagno non dovuto per il locatore.
Il principio di base nei contratti nulli
Quando manca un valido contratto di locazione, la legge considera i canoni versati come somme non dovute, ossia prestazioni che l’inquilino ha corrisposto senza l’esistenza di un autentico rapporto contrattuale. In questi casi si applica quanto disciplinato dagli articoli 2033 e 2041 del Codice Civile, che consentono a chi ha pagato senza titolo di pretendere la restituzione. Non si tratta semplicemente di una conseguenza formale: è la naturale applicazione del principio per cui nessuno può arricchirsi ingiustamente a spese altrui.
La Corte di Cassazione, con un recente provvedimento del dicembre 2024, ha sottolineato questo punto, affermando che la somma versata dall’inquilino va dunque restituita, in quanto mancano i presupposti legali di una valida locazione.
Non è possibile equiparare la nullità alla risoluzione per inadempimento
Un contratto nullo non va confuso con quello risolto per inadempimento di una delle parti. Nel secondo caso, la legge (articolo 1458 del Codice Civile) prevede una restituzione retroattiva delle prestazioni. Tuttavia, la nullità non deriva da un comportamento scorretto di una delle parti, ma da un difetto originario del contratto, come ad esempio l’assenza della forma scritta o la mancata registrazione.
Questo fa sì che non si tratti di una situazione dove recuperare il profitto teorico che il locatore avrebbe potuto ottenere da un contratto valido. La distinzione non è solo concettuale: incide concretamente sull’entità dei diritti e degli obblighi reciproci, ponendo limiti ben precisi alle pretese del locatore.
Il risarcimento del locatore e i suoi limiti
Il locatore, nel caso di nullità del contratto, non rimane totalmente privo di tutele. Non può pretendere il canone non pagato, perché il canone stesso non trova fondamento in un rapporto valido. Tuttavia, può far valere il proprio diritto al risarcimento del danno, inteso come diminuzione patrimoniale effettivamente subita per effetto dell’occupazione dell’immobile. Questo risarcimento non può coincidere con il mancato guadagno che sarebbe derivato da un contratto legittimo, ma si limita al ristoro dell’effettivo impoverimento.
Ciò significa che se l’inquilino ha occupato l’appartamento senza un titolo legittimo, il locatore può ottenere una compensazione economica rapportata al depauperamento subito, ad esempio il degrado dell’immobile o le spese per il suo ripristino, senza estendersi al mancato incasso di un canone ipotetico mai esistito di fatto come rapporto giuridico lecito.
Un esempio concreto
Immaginiamo una stanza affittata verbalmente, senza alcun contratto scritto. L’inquilino versa mensilmente una certa cifra, finché non si accorge che l’accordo è nullo. La legge, così come la Cassazione, stabilisce che l’inquilino può chiedere indietro i canoni già versati, perché non fondati su un accordo scritto e registrato.
Il locatore, dal canto suo, potrà ottenere un indennizzo solo per le perdite concrete patite, come i danni materiali all’appartamento, ma non potrà rivendicare la mancata entrata economica che avrebbe ottenuto da un contratto formalmente valido.
L’importanza della forma e della chiarezza contrattuale
Questa vicenda giudiziaria ribadisce l’importanza della forma scritta e della registrazione dei contratti di affitto. Non solo per soddisfare le richieste fiscali e garantire la trasparenza, ma per mettere al sicuro le parti da possibili controversie. Un contratto ben strutturato, redatto in conformità alle norme vigenti, e tempestivamente registrato, tutela sia il conduttore, assicurando la regolarità dei versamenti, sia il locatore, garantendo la possibilità di far valere con sicurezza i propri diritti.
Conclusioni
La posizione della Cassazione offre un punto di equilibrio fra due interessi contrapposti. Da un lato, l’inquilino non può subire il danno di aver pagato senza titolo, dall’altro il locatore non può trasformare la nullità in un’occasione di profitto indebito. La soluzione individuata si traduce in una chiara indicazione: i canoni indebitamente versati devono tornare al conduttore, mentre il locatore ha diritto solo a un ristoro misurato al danno effettivamente subito. Il risultato finale è una disciplina più equa che, pur non premiando la superficialità nella stesura dei contratti, tutela i diritti fondamentali di entrambe le parti.