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Controlli dipendenti sul lavoro: i limiti all’uso di agenzie investigative

7 Agosto, 2024

Nel complesso panorama delle relazioni di lavoro, il tema del controllo dell’attività dei dipendenti rappresenta da sempre un terreno scivoloso, in cui si intrecciano esigenze contrapposte e diritti fondamentali. Da un lato, il legittimo interesse del datore di lavoro a verificare il corretto adempimento delle prestazioni lavorative; dall’altro, la tutela della dignità e della riservatezza dei lavoratori. In questo delicato equilibrio si inserisce una recente pronuncia della Corte di Cassazione, che ha ribadito importanti principi in materia di controlli sul lavoro, ponendo limiti stringenti all’utilizzo di agenzie investigative esterne.

Il caso esaminato dalla Suprema Corte

La sentenza n. 22051 del 5 luglio 2024 della Corte di Cassazione ha affrontato il caso di un lavoratore licenziato in seguito a indagini svolte da un’agenzia investigativa su incarico del datore di lavoro. Il licenziamento era stato dichiarato illegittimo nei precedenti gradi di giudizio, e la Cassazione ha confermato tale orientamento, fornendo importanti chiarimenti sui limiti del potere di controllo datoriale.

La vicenda processuale ha preso le mosse dall’impugnazione di un licenziamento disciplinare, intimato sulla base di elementi raccolti tramite un’agenzia investigativa esterna. Già in primo grado, il licenziamento era stato ritenuto illegittimo, e la Corte d’Appello aveva confermato tale decisione, seppur con diversa motivazione.  In particolare, i giudici di secondo grado avevano escluso l’applicabilità dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori (relativo ai controlli a distanza), ritenendo invece violato l’art. 3 della stessa legge, che impone al datore di lavoro di comunicare ai dipendenti i nominativi e le mansioni del personale addetto alla vigilanza.

Il quadro normativo di riferimento

Per comprendere appieno la portata della decisione della Cassazione, è necessario inquadrare la materia nel suo contesto normativo. La disciplina dei controlli sui lavoratori trova il suo fondamento principale nello Statuto dei Lavoratori (Legge 300/1970), in particolare negli articoli 3 e 4.

L’articolo 3 impone al datore di lavoro l’obbligo di comunicare ai dipendenti i nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza dell’attività lavorativa. Questa norma mira a garantire la trasparenza nei controlli, evitando forme occulte o surrettizie di sorveglianza.

L’articolo 4, invece, regola l’utilizzo di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo a distanza, ponendo limiti stringenti al loro impiego per finalità di controllo dell’attività dei lavoratori.

Queste disposizioni, nel loro complesso, mirano a bilanciare le esigenze di controllo del datore di lavoro con la tutela della dignità e della riservatezza dei lavoratori, principi di rango costituzionale.

I principi affermati dalla Cassazione

La Corte di Cassazione, nella sentenza in esame, ha ribadito alcuni principi fondamentali in materia di controlli sul lavoro:

  • Il datore di lavoro mantiene il potere di controllare l’adempimento delle prestazioni lavorative e di accertare eventuali mancanze dei dipendenti, sia già commesse che in corso di esecuzione;
  • Tali controlli possono essere effettuati anche in modo occulto, senza che ciò violi i principi di buona fede e correttezza contrattuale;
  • Tuttavia, il controllo deve essere realizzato direttamente dal datore di lavoro o tramite la propria organizzazione gerarchica interna;
  • È vietato delegare il controllo sull’adempimento o inadempimento della prestazione lavorativa a soggetti terzi, come le agenzie investigative;
  • L’unica eccezione a questo divieto è rappresentata dai cosiddetti “controlli difensivi”, finalizzati ad accertare comportamenti illeciti dei lavoratori che vadano oltre il semplice inadempimento contrattuale.

Le conseguenze pratiche della sentenza

La pronuncia della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche per le aziende e i datori di lavoro. In primo luogo, viene ribadito il divieto di utilizzare agenzie investigative esterne per controllare il corretto svolgimento dell’attività lavorativa dei dipendenti. Questo significa che non è possibile, ad esempio, incaricare un’agenzia di verificare se un lavoratore rispetta l’orario di lavoro o svolge correttamente le proprie mansioni.

D’altra parte, resta ferma la possibilità per il datore di lavoro di effettuare controlli, anche occulti, tramite la propria struttura interna. Ciò potrebbe tradursi, ad esempio, nell’utilizzo di personale interno con funzioni di vigilanza o nell’impiego di strumenti tecnologici di controllo, nel rispetto dei limiti imposti dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori.

La sentenza ribadisce inoltre la legittimità dei “controlli difensivi”, ossia quelli finalizzati ad accertare comportamenti illeciti dei lavoratori. In questi casi, il datore di lavoro può avvalersi di agenzie investigative esterne, ma solo in presenza di fondati sospetti di illeciti e garantendo sempre un corretto bilanciamento tra tutela degli interessi aziendali e rispetto della dignità del lavoratore.

Esempio pratico

Ipotizziamo il caso di un’azienda di trasporti sospetta che alcuni suoi autisti non rispettino gli orari di lavoro e le pause obbligatorie:

Esempio di controllo illecito
L’azienda incarica un’agenzia investigativa di seguire gli autisti durante i loro turni per verificare se rispettano gli orari e le pause previste. Gli investigatori privati pedinano gli autisti, scattano foto e registrano video dei loro spostamenti e delle soste. Questo tipo di controllo è illecito perché affidato a soggetti esterni all’azienda e riguarda direttamente l’adempimento della prestazione lavorativa.

Esempio di controllo lecito
L’azienda decide di installare sui propri mezzi dei dispositivi GPS per monitorare i percorsi e i tempi di guida, informando preventivamente i dipendenti. I dati vengono analizzati dal responsabile della flotta, che fa parte dell’organizzazione aziendale. Questo controllo è lecito perché effettuato internamente e nel rispetto delle norme sui controlli a distanza.

Esempio di controllo difensivo lecito
L’azienda riceve segnalazioni che un autista sta utilizzando il mezzo aziendale per effettuare consegne private non autorizzate. In questo caso, l’azienda potrebbe legittimamente incaricare un’agenzia investigativa di verificare questa specifica condotta illecita, che va oltre il semplice inadempimento della prestazione lavorativa e potrebbe configurare un illecito.

Conclusioni

La decisione della Cassazione rappresenta un importante monito per le aziende, richiamando l’attenzione sulla necessità di un uso corretto e proporzionato del potere di controllo datoriale. Le imprese dovranno prestare particolare attenzione alle modalità con cui effettuano verifiche sull’attività dei dipendenti, evitando di ricorrere a forme di controllo invasive o lesive della dignità dei lavoratori.

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