Le più recenti disposizioni contenute nel Decreto legislativo IRPEF-Ires hanno segnato una vera svolta nella gestione del riporto delle perdite fiscali all’interno di gruppi societari coinvolti in operazioni straordinarie, come fusioni o scissioni. Queste modifiche, entrate in vigore per i periodi d’imposta successivi all’approvazione del decreto, ridefiniscono i requisiti necessari per far circolare le perdite infragruppo ed estendono i controlli su vitalità aziendale e consistenza del patrimonio netto. Di seguito, analizzeremo in modo approfondito come si configurano tali regole, quali sono i limiti e i vantaggi per le imprese interessate e come il quadro normativo delineato dal TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) si adatta alla nuova realtà fiscale.
Le ragioni dell’intervento normativo
L’intento principale di questa riforma è quello di porre un freno a possibili condotte elusive e di favorire una gestione più trasparente del regime fiscale. In particolare, il legislatore ha introdotto una serie di correttivi per impedire trasferimenti fittizi di perdite infragruppo, spesso usati per abbattere artificiosamente il carico fiscale dell’intero gruppo.
Il provvedimento ha così aggiornato gli articoli 84, 172 e 173 del TUIR, influendo direttamente sulla compensazione delle perdite e sulle modalità di calcolo del reddito imponibile.
Ambito di applicazione e modifiche fondamentali
Queste nuove norme impattano sulle operazioni effettuate a partire dal periodo d’imposta in cui il decreto è entrato in vigore. Sono interessate tutte le situazioni di fusione, scissione o trasferimento di controllo tra società del medesimo gruppo. Il Decreto ha rivisitato la disciplina che regola la circolazione delle perdite da una società all’altra, imponendo che il riporto sia subordinato alla verifica di precisi requisiti di vitalità.
L’idea di vitalità societaria, utilizzata per stabilire se una perdita può effettivamente essere riportata, si collega al contributo reale dell’azienda all’economia. Per esempio, si prendono in esame i ricavi medi, i costi per il personale e altri parametri che dimostrano che l’attività non sia stata costituita o mantenuta solo per sfruttare le perdite pregresse.
Il concetto di vitalità e l’“equity test”
Il legislatore ha precisato che la “vitalità” va intesa in relazione alle performance dell’impresa negli ultimi anni. Si verificano parametri come il livello medio di occupazione e il volume di affari, confrontando tali dati con l’andamento delle spese per il lavoro dipendente. Nel dettaglio, il test di vitalità richiede, in molte circostanze, che i valori superino determinate soglie, come il 40% della media dei ricavi degli esercizi precedenti o un numero minimo di dipendenti in organico.
Accanto a questo, assume rilievo l’equity test, introdotto nel comma 3-ter dell’articolo 172 del TUIR: è una procedura che vincola il riporto delle perdite al valore del patrimonio netto, il quale va certificato da una relazione di stima redatta da un revisore legale. Se il patrimonio è inferiore alle perdite pregresse, l’importo riportabile deve essere ridotto in proporzione. Questa misura serve a garantire che le perdite non eccedano il reale contenuto patrimoniale della società che ne beneficia.
Patrimonio netto e limiti al riporto delle perdite
Il patrimonio netto diventa il perno centrale di tutta la riforma. Quando si verifica un cambio di controllo, oppure si realizzano fusioni o scissioni, è necessario rispettare i paletti previsti dalla nuova disciplina. Se il test di vitalità e la relazione di stima sul patrimonio risultano positivi, le perdite potranno essere riversate interamente nella società beneficiaria dell’operazione straordinaria. In caso contrario, si procede a una limitazione proporzionale.
Nella pratica, può capitare che una società del gruppo ceda a un’altra le perdite maturate negli anni precedenti. Per garantire che tale passaggio non sia un mero strumento di ottimizzazione fiscale, la legge prevede che vengano rispettati gli stessi vincoli: vitalità aziendale, consistenza patrimoniale e certificazione di un revisore legale.
La circolazione infragruppo
Uno degli aspetti più innovativi è l’impostazione più omogenea delle regole per la circolazione infragruppo delle perdite. Il Decreto, intervenendo su più disposizioni del TUIR, mira a uniformare i criteri di ammissibilità in caso di fusione, scissione e trasferimento di partecipazioni. Questo nuovo approccio garantisce una maggiore chiarezza a imprese e professionisti, che potranno valutare con più certezza la correttezza delle operazioni di riporto delle perdite tra società dello stesso gruppo.
Immaginiamo un caso concreto: la società A accumula perdite per un valore considerevole e viene poi fusa con la società B, appartenente allo stesso gruppo. Se A non rispetta i parametri di vitalità o presenta un patrimonio ridotto al di sotto di un certo limite, B potrà accedere solo a una frazione delle perdite di A. Qualora invece i test risultassero positivi, la totalità delle perdite potrà confluire nel risultato fiscale di B.
Conclusioni
Le nuove regole introdotte dal Decreto legislativo IRPEF-Ires rappresentano un importante passo avanti nella definizione di confini più netti per il riporto delle perdite infragruppo. L’obiettivo è garantire che tali perdite siano effettivamente legate a un’attività economica solida e che rispecchino un andamento coerente con la realtà patrimoniale della società interessata. A fronte di un maggiore rigore, il Decreto può apportare anche benefici in termini di uniformità, favorendo la certezza del diritto e la trasparenza nelle operazioni societarie. Sarà essenziale per le imprese adeguarsi scrupolosamente ai nuovi criteri e far verificare il rispetto di vitalità ed equity test, così da usufruire in modo legittimo e sicuro del riporto delle perdite.