Presentare una dichiarazione dei redditi omessa, anche dopo i 90 giorni dalla scadenza, può sembrare inutile o controproducente. In realtà, può rappresentare una scelta vantaggiosa per ridurre le sanzioni e, in alcuni casi, evitare conseguenze penali. Le recenti modifiche normative hanno introdotto importanti novità, rendendo ancora più chiaro il quadro delle opportunità per i contribuenti in ritardo. Scopriamo insieme cosa prevede la normativa attuale, quali sono le sanzioni applicabili e come comportarsi per limitare i danni.
Riepilogo normativo: dalla proporzionalità delle sanzioni alla possibilità di riduzione
La dichiarazione omessa è regolata principalmente dagli articoli 1, 2 e 5 del D.Lgs. 471/1997. Secondo queste disposizioni, la mancata presentazione della dichiarazione entro i termini stabiliti comporta una sanzione proporzionale pari al 120% dell’imposta dovuta, con un minimo di 250 euro. Tuttavia, dal 1° settembre 2024, con l’entrata in vigore delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 87/2024, le sanzioni proporzionali sono state uniformate e ridotte rispetto al passato, eliminando il precedente range tra il 120% e il 240% delle imposte dovute.
Questa semplificazione normativa risponde a un principio di proporzionalità sancito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 46 del 17 marzo 2023. In altre parole, il legislatore ha voluto adottare un approccio più equo, considerando anche i tempi e le modalità di pagamento delle imposte da parte del contribuente in ritardo.
Se la dichiarazione viene presentata oltre i 90 giorni dalla scadenza ma prima dell’inizio di controlli amministrativi o fiscali, la sanzione proporzionale può essere ridotta fino a un quarto del minimo previsto, come stabilito dall’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 472/1997. Questo significa che, sebbene il contribuente sia in ritardo, è possibile limitare l’impatto economico delle sanzioni.
Cosa cambia se la dichiarazione è presentata oltre i 90 giorni
Presentare una dichiarazione oltre i 90 giorni dalla scadenza comporta un aggravamento delle sanzioni. Tuttavia, il D.Lgs. 87/2024 ha introdotto una nuova disposizione, l’art. 1, comma 1-bis del D.Lgs. 471/1997, che offre un’importante opportunità per i ritardatari.
Secondo questa norma, se la dichiarazione omessa viene presentata con un ritardo superiore ai 90 giorni ma entro i termini di decadenza indicati all’art. 43 del DPR 600/1973 (sette anni dalla scadenza del termine ordinario), si applica una sanzione ridotta al 75% dell’imposta dovuta. Questa sanzione può essere ulteriormente ridotta fino a un quarto del minimo qualora il contribuente dimostri collaborazione e buona fede, pagando spontaneamente le imposte dovute.
Per esempio, immaginiamo un contribuente che avrebbe dovuto versare 10.000 euro di imposte ma non ha presentato la dichiarazione entro i termini. Se presenta la dichiarazione dopo 90 giorni, la sanzione applicabile sarebbe pari al 75% dell’imposta, ovvero 7.500 euro. Tuttavia, grazie alla possibilità di riduzione, la sanzione potrebbe scendere fino a 1.875 euro (un quarto del minimo).
Le sanzioni fisse e il pagamento entro i 90 giorni
Un altro aspetto fondamentale riguarda il pagamento delle imposte entro i 90 giorni successivi alla scadenza. In questo caso, le sanzioni applicabili sono fisse e non proporzionali, a condizione che il contribuente regolarizzi la propria posizione tempestivamente. Questa regola, tuttavia, non trova applicazione per chi supera il termine dei 90 giorni senza aver pagato le imposte.
Le disposizioni del D.Lgs. 87/2024 introducono criteri meno favorevoli per i contribuenti rispetto al passato, poiché le sanzioni fisse sono ora limitate esclusivamente a chi si ravvede entro il termine di 90 giorni. Superato questo periodo, entra in gioco il sistema delle sanzioni proporzionali.
Conseguenze penali: quando il reato non è punibile
La mancata presentazione della dichiarazione non è solo un problema amministrativo, ma può avere anche rilevanza penale. L’art. 5 del D.Lgs. 74/2000 stabilisce che, se l’omissione riguarda un’imposta superiore a 50.000 euro, il contribuente può essere perseguito penalmente. Tuttavia, l’art. 13, comma 2, dello stesso decreto offre una via d’uscita: se il contribuente presenta la dichiarazione entro il termine per quella dell’anno successivo e paga tutte le somme dovute (imposte, interessi e sanzioni), il reato non è punibile.
Questo significa che, per evitare conseguenze penali, è fondamentale agire tempestivamente. Ad esempio, se una dichiarazione relativa al 2023 non viene presentata entro il 31 ottobre 2024, il contribuente ha tempo fino al 31 ottobre 2025 per regolarizzare la propria posizione ed evitare procedimenti penali.
Perché conviene comunque presentare la dichiarazione omessa
Anche se il termine di 90 giorni è già trascorso e il contribuente non si è ravveduto, presentare comunque la dichiarazione può essere una scelta strategica. Non solo permette di accedere alle riduzioni delle sanzioni, ma contribuisce a dimostrare una volontà collaborativa nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.
Inoltre, secondo l’art. 1, comma 1-bis del D.Lgs. 471/1997, se la dichiarazione viene presentata prima dell’avvio di controlli fiscali, le sanzioni sono significativamente più basse rispetto a quelle applicabili in caso di accertamento. Questo aspetto è particolarmente rilevante per chi teme l’avvio di ispezioni o verifiche da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Infine, presentare la dichiarazione consente di evitare ulteriori conseguenze, come l’accumulo di interessi e l’impossibilità di accedere a eventuali benefici fiscali futuri.
Conclusioni
Nonostante il ritardo, presentare la dichiarazione omessa è sempre una scelta vantaggiosa. La normativa attuale offre diverse opportunità per ridurre le sanzioni e, in alcuni casi, per evitare conseguenze penali. Agire tempestivamente e in maniera consapevole è il primo passo per limitare i danni e regolarizzare la propria posizione con il Fisco.