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Dichiarazione integrativa nel Concordato Preventivo biennale: cosa succede e quando si rischia la decadenza

11 Febbraio, 2025

Nel contesto del Concordato Preventivo Biennale (CPB), uno strumento introdotto per semplificare il rapporto tra contribuenti e Amministrazione finanziaria, l’invio di una dichiarazione integrativa può sollevare dubbi e preoccupazioni. Quando è necessario ricalcolare la proposta di adesione? Cosa accade se i dati originari vengono modificati? E quali sono le condizioni che portano alla decadenza del regime agevolato?

Cos’è il CPB e perché è importante

Il Concordato Preventivo Biennale (CPB) è uno strumento introdotto per consentire ai contribuenti di stabilire un accordo con l’Amministrazione finanziaria, definendo in anticipo il reddito imponibile e il valore della produzione netta per un biennio. Questo regime offre una serie di vantaggi, tra cui maggiore certezza fiscale, semplificazione degli adempimenti e una riduzione del rischio di contenziosi.

Tuttavia, il CPB non è un accordo immutabile: esistono condizioni specifiche che possono portare alla sua decadenza, così come situazioni in cui il contribuente è chiamato a ricalcolare la proposta di adesione. Una di queste situazioni è rappresentata dall’invio di una dichiarazione integrativa, ossia una dichiarazione che rettifica o modifica i dati precedentemente comunicati.

Dichiarazione integrativa: obbligo di ricalcolo, ma non sempre decadenza

Quando un contribuente invia una dichiarazione integrativa relativa al periodo d’imposta su cui si basa il CPB, è obbligato a ricalcolare la proposta di adesione. Questo ricalcolo serve esclusivamente a verificare se si sia verificata una delle condizioni di decadenza previste dall’articolo 22 del Decreto Legislativo n. 13 del 2024.

Secondo questa norma, il CPB decade soltanto se i nuovi dati comportano una variazione del reddito concordato o del valore della produzione netta superiore al 30% rispetto ai valori originari. In caso contrario, il regime concordato resta valido e il contribuente deve continuare a calcolare le imposte e i contributi sulla base dei valori precedentemente concordati, senza alcuna modifica.

Esempio pratico

Immaginiamo un contribuente che abbia concordato un reddito di 50.000 euro per il biennio 2023-2024. Successivamente, invia una dichiarazione integrativa che porta il reddito ricalcolato a 60.000 euro. Questo rappresenta una variazione del 16,67%, quindi inferiore alla soglia del 30%. In questo caso, il CPB rimane valido, e il contribuente continuerà a versare imposte e contributi sulla base del reddito originariamente concordato, ossia 50.000 euro.

Se, invece, la dichiarazione integrativa comporta un reddito ricalcolato di 90.000 euro, con uno scostamento del 44,44%, il CPB decade. Tuttavia, in caso di decadenza, le imposte e i contributi dovuti saranno calcolati considerando il reddito concordato solo se questo risulta maggiore rispetto a quello effettivamente conseguito.

Rilevanza della soglia del 30%: cosa significa in pratica

La soglia del 30% rappresenta un parametro chiave per determinare la decadenza del CPB. Questo limite è stato introdotto per garantire un equilibrio tra l’esigenza di stabilità del regime concordato e la necessità di evitare abusi da parte dei contribuenti.

Secondo quanto chiarito dalla Circolare n. 18/E del 2024, lo scostamento del 30% si applica al reddito imponibile o al valore della produzione netta oggetto del concordato. Pertanto, variazioni relative a categorie reddituali non concordabili, come redditi fondiari, di lavoro dipendente o di capitale, non hanno alcun effetto sulla proposta di adesione né possono determinare la decadenza del CPB.

Esempio pratico

Un contribuente che invii una dichiarazione integrativa per correggere i redditi fondiari, portandoli da 10.000 a 20.000 euro, non subirà alcuna conseguenza sul CPB. Questo perché i redditi fondiari non rientrano tra quelli concordabili con il CPB e, di conseguenza, non influenzano la validità del regime.

L’importanza di chiarimenti ufficiali

Sebbene le norme e le circolari forniscano un quadro relativamente chiaro, l’Agenzia delle Entrate è stata criticata per la mancanza di strumenti ufficiali di prassi più strutturati. Negli ultimi tempi, infatti, alcune indicazioni sono state fornite in modo verbale, durante incontri con la stampa specializzata, anziché attraverso circolari o risoluzioni.

Questa situazione ha generato incertezza tra i professionisti del settore, che spesso si trovano a dover interpretare indicazioni informali. In un contesto così delicato, sarebbe auspicabile un ritorno a strumenti più tradizionali, come circolari e risoluzioni, per garantire maggiore trasparenza e uniformità interpretativa.

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