Presentare la dichiarazione dei redditi in ritardo, ma entro i 90 giorni successivi alla scadenza, può avere conseguenze rilevanti sui termini di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. In particolare, il termine ordinario per il controllo fiscale viene posticipato di un anno rispetto alle dichiarazioni presentate nei tempi previsti. Tuttavia, quando la dichiarazione è infedele e viene poi sanata con un’integrativa, la situazione si complica: il fisco può riaprire i termini di accertamento, ma solo per gli elementi corretti o aggiunti. In questo articolo analizzeremo nel dettaglio gli effetti di una dichiarazione tardiva e le implicazioni di un ravvedimento operoso su dichiarazioni infedeli, alla luce delle normative vigenti e delle interpretazioni giurisprudenziali.
Quando si considera tardiva una dichiarazione e quali sono le conseguenze
Una dichiarazione dei redditi è considerata tardiva se viene presentata dopo la scadenza ordinaria (generalmente il 30 novembre per i soggetti con obbligo telematico) ma entro i successivi 90 giorni. In questo caso, la dichiarazione non è considerata omessa, ma comunque soggetta a sanzioni.
Secondo l’articolo 2, comma 7, del DPR 322/98, una dichiarazione presentata entro i 90 giorni dalla scadenza è valida a tutti gli effetti, con l’applicazione delle normali sanzioni per il ritardo. Se invece la dichiarazione viene inviata oltre i 90 giorni, si considera omessa, con conseguenze più gravi: oltre a sanzioni maggiorate, il fisco può applicare termini di accertamento più lunghi.
Dal punto di vista delle tempistiche di accertamento, la normativa prevede che il termine per l’Agenzia delle Entrate decorra dall’anno in cui è stata effettivamente presentata la dichiarazione e non dall’anno d’imposta a cui essa si riferisce. Questo significa che una dichiarazione tardiva sposta automaticamente di un anno la scadenza entro cui il fisco può effettuare controlli e notificare eventuali avvisi di accertamento.
Esempio pratico: se un contribuente presenta il modello Redditi 2024 il 31 gennaio 2025, il termine di accertamento non sarà il 31 dicembre 2029, bensì il 31 dicembre 2030.
Dichiarazione infedele sanata nei 90 giorni: cosa succede ai termini di accertamento
Un aspetto meno approfondito riguarda le dichiarazioni infedeli che vengono corrette entro i 90 giorni dalla scadenza. Questo scenario si verifica quando il contribuente presenta inizialmente una dichiarazione con errori o omissioni e successivamente la integra, correggendo i dati.
Secondo l’articolo 1, comma 640, della Legge 190/2014, la presentazione di una dichiarazione integrativa riapre i termini di accertamento, ma solo per gli elementi rettificati o aggiunti. Ciò significa che il fisco può effettuare controlli più a lungo, ma esclusivamente sulle parti modificate della dichiarazione.
Facciamo un esempio: un contribuente presenta il modello Redditi 2024 nei termini, ma si accorge di aver dimenticato di dichiarare alcuni redditi. Il 15 gennaio 2025 presenta una dichiarazione integrativa con i dati corretti. In questo caso:
- Il termine ordinario di accertamento per la dichiarazione originaria rimane il 31 dicembre 2029.
- Per gli elementi aggiunti o modificati nella dichiarazione integrativa, il termine di accertamento slitta al 31 dicembre 2030.
Questa distinzione è importante perché consente all’Agenzia delle Entrate di verificare per un anno in più solo gli aspetti della dichiarazione che sono stati corretti o rettificati, senza estendere automaticamente il controllo su tutta la dichiarazione.
Dichiarazione omessa: tempi di accertamento più lunghi
Se la dichiarazione non viene presentata entro i 90 giorni, si considera omessa e il fisco ha più tempo per effettuare accertamenti. Ai sensi dell’articolo 43 del DPR 600/73, quando una dichiarazione è omessa, il termine per la notifica degli atti impositivi si estende fino al 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.
Riprendendo l’esempio precedente, se un contribuente non presenta il modello Redditi 2024 entro il 31 gennaio 2025 e lo invia solo a maggio 2025, la dichiarazione è considerata omessa e il termine di accertamento slitta al 31 dicembre 2031 anziché al 2029 o al 2030.
Questo significa che, per evitare controlli prolungati, è sempre consigliabile presentare la dichiarazione anche in ritardo, ma entro i 90 giorni dalla scadenza.
In sintesi
IN SINTESI
Quando si considera tardiva una dichiarazione dei redditi e quali sono le conseguenze? Una dichiarazione dei redditi è considerata tardiva se viene presentata dopo la scadenza ordinaria (generalmente il 30 novembre per chi ha l’obbligo di trasmissione telematica) ma entro i successivi 90 giorni. In questo caso, la dichiarazione è comunque valida ma comporta l’applicazione di sanzioni per il ritardo. Se invece la dichiarazione viene inviata oltre i 90 giorni, si considera omessa, con conseguenze più gravi, come sanzioni maggiorate e termini di accertamento più lunghi. Inoltre, il termine per il controllo fiscale dell’Agenzia delle Entrate decorre dall’anno di presentazione effettiva e non dall’anno d’imposta di riferimento, facendo slittare di un anno la scadenza per eventuali accertamenti. Cosa accade se una dichiarazione infedele viene corretta entro i 90 giorni dalla scadenza? Se un contributore presenta inizialmente una dichiarazione con errori o omissioni e la corregge entro i 90 giorni con una dichiarazione integrativa, i termini di accertamento si riaprono, ma solo per gli elementi modificati o aggiunti. In base alla normativa vigente, l’Agenzia delle Entrate può effettuare controlli più a lungo esclusivamente sugli aspetti rettificati, mentre la parte non modificata della dichiarazione rimane soggetta al termine ordinario di accertamento. Per esempio, se un contribuente corregge una dichiarazione il 15 gennaio 2025 aggiungendo redditi omessi, il fisco potrà accertare la dichiarazione originaria fino al 31 dicembre 2029 e gli elementi rettificati fino al 31 dicembre 2030. Quali sono le conseguenze se la dichiarazione non viene presentata entro i 90 giorni? Se la dichiarazione non viene inviata entro i 90 giorni successivi alla scadenza, viene considerata omessa. In questo caso, il fisco ha più tempo per effettuare accertamenti: secondo l’articolo 43 del DPR 600/73, il termine per la notifica degli atti impositivi si estende fino al 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. Ad esempio, se un contributore omette la presentazione del modello Redditi 2024 e lo invia solo a maggio 2025, il termine di accertamento si estenderà fino al 31 dicembre 2031. Per evitare prolungamenti dei controlli fiscali, è quindi opportuno presentare la dichiarazione anche in ritardo, purché entro i 90 giorni dalla scadenza. |