L’Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI) rappresenta un importante strumento di sostegno al reddito per i lavoratori che perdono involontariamente l’occupazione. Tuttavia, la sua applicazione in caso di dimissioni volontarie richiede un’analisi approfondita delle circostanze specifiche. Questo articolo si propone di esplorare le situazioni in cui è possibile beneficiare della NASpI anche a seguito di dimissioni, fornendo una guida dettagliata sia per i lavoratori che per i professionisti del settore.
Introduzione
Le dimissioni volontarie sono generalmente considerate una scelta libera e consapevole del lavoratore di porre fine al rapporto di lavoro. In questi casi, la normativa non prevede l’erogazione dell’indennità di disoccupazione NASpI, poiché la cessazione del rapporto non è considerata involontaria. Tuttavia, il legislatore ha previsto diverse eccezioni a questa regola generale, riconoscendo il diritto alla NASpI in situazioni in cui le dimissioni sono indotte da circostanze esterne o comportamenti del datore di lavoro che rendono insostenibile la prosecuzione del rapporto.
Dimissioni per giusta causa
Le dimissioni per giusta causa rappresentano il caso più rilevante in cui il lavoratore dimissionario può accedere alla NASpI. Queste si configurano quando si verificano situazioni talmente gravi da rendere impossibile la prosecuzione, anche temporanea, del rapporto di lavoro. In tali circostanze, sebbene formalmente sia il lavoratore a dimettersi, la causa scatenante è riconducibile a comportamenti o situazioni imputabili al datore di lavoro.
Tra le circostanze che possono giustificare le dimissioni per giusta causa, rientrano il mancato pagamento reiterato della retribuzione, le molestie sessuali sul luogo di lavoro, il demansionamento ingiustificato, il mobbing, il trasferimento non motivato del lavoratore e i comportamenti ingiuriosi dei superiori. In tutte queste situazioni, il lavoratore può dimettersi e richiedere la NASpI, dimostrando che la cessazione del rapporto non è frutto di una libera scelta, ma conseguenza di condizioni lavorative divenute insostenibili.
Procedura per le dimissioni per giusta causa
Per beneficiare della NASpI in caso di dimissioni per giusta causa, il lavoratore deve seguire una procedura specifica. Nel modello telematico di dimissioni, è necessario indicare esplicitamente la sussistenza della giusta causa. Analogamente, il datore di lavoro deve riportare tale informazione nella comunicazione Unilav.
Tuttavia, ai fini dell’ottenimento della NASpI, non è sufficiente la sola dichiarazione. Il lavoratore deve dimostrare concretamente la propria volontà di difendersi in giudizio contro il comportamento illecito del datore di lavoro. A tal fine, è necessario allegare alla domanda di NASpI una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, accompagnata da documenti che attestino le azioni intraprese, come diffide, esposti, denunce o ricorsi.
È importante sottolineare che il lavoratore si impegna a comunicare l’esito della controversia, sia essa giudiziale o extragiudiziale. Nel caso in cui la lite si concluda escludendo la sussistenza della giusta causa, l’INPS procederà al recupero delle somme eventualmente erogate a titolo di NASpI.
Liquidazione giudiziale del datore di lavoro
Un caso particolare di dimissioni che dà diritto alla NASpI è quello legato alla liquidazione giudiziale del datore di lavoro. Il Codice della crisi d’impresa stabilisce che la cessazione del rapporto di lavoro conseguente alla liquidazione giudiziale costituisce perdita involontaria dell’occupazione, garantendo così al lavoratore il diritto alla NASpI.
In questa situazione, le dimissioni per giusta causa presentate dal lavoratore hanno effetto retroattivo, decorrendo dalla data di apertura della liquidazione giudiziale. È importante notare che il termine di 68 giorni per la presentazione della domanda di NASpI decorre dalla data in cui il lavoratore rassegna le dimissioni, non dalla data di cessazione effettiva del rapporto di lavoro.
Altri casi di spettanza della NASpI
La normativa prevede ulteriori situazioni in cui le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro non precludono l’accesso alla NASpI. Tra queste, rientrano le dimissioni presentate dalle lavoratrici madri nel periodo che va dai 300 giorni prima della data presunta del parto fino al compimento del primo anno di vita del bambino. Analogamente, il diritto è esteso ai lavoratori padri che si dimettono entro il primo anno di vita del figlio, a condizione che abbiano fruito del congedo di paternità obbligatorio.
La NASpI è riconosciuta anche in caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, ma solo in specifiche circostanze. In particolare, quando la risoluzione avviene nell’ambito della procedura obbligatoria di conciliazione prevista per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, o quando deriva da un accordo a seguito del rifiuto del lavoratore al trasferimento in una sede distante oltre 50 km dalla propria residenza o raggiungibile in più di 80 minuti con i mezzi pubblici.
Situazione | Diritto alla NASpI | Note |
---|---|---|
Dimissioni per giusta causa | Sì | Es: mancato pagamento retribuzione, molestie, mobbing, demansionamento |
Liquidazione giudiziale del datore | Sì | Decorrenza retroattiva dalla data di apertura della liquidazione |
Risoluzione consensuale per conciliazione | Sì | Solo nell’ambito della procedura ex art. 7 L. 604/1966 |
Risoluzione consensuale per trasferimento | Sì | Se sede oltre 50 km o 80 min con mezzi pubblici |
Dimissioni lavoratrice madre | Sì | Da 300 giorni prima del parto a 1 anno di vita del bambino |
Dimissioni lavoratore padre | Sì | Entro 1 anno di vita del figlio, se fruito congedo obbligatorio |
Dimissioni per morte/infermità della madre | Sì | O per abbandono/affidamento esclusivo al padre |
Dimissioni volontarie ordinarie | No | Salvo eccezioni sopra elencate |
Conclusioni
La normativa sulla NASpI in caso di dimissioni riflette la volontà del legislatore di tutelare i lavoratori anche in situazioni in cui, pur formalizzandosi come dimissioni, la cessazione del rapporto di lavoro non è frutto di una libera scelta. Questa impostazione mira a garantire un sostegno economico a chi si trova costretto a lasciare il lavoro per circostanze avverse o comportamenti scorretti del datore di lavoro.
È fondamentale che i lavoratori siano consapevoli di questi diritti e delle procedure da seguire per accedervi. Allo stesso tempo, i datori di lavoro devono essere coscienti delle proprie responsabilità e delle possibili conseguenze di comportamenti che possono configurare una giusta causa di dimissioni.