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E-Commerce e intermediari: tra IVA e contratto di commissione

11 Settembre, 2024

Il panorama del commercio elettronico si arricchisce di una nuova interpretazione giuridica grazie a una recente pronuncia della Corte di Cassazione. Con l’ordinanza n. 23084 emanata il 26 agosto 2023, i giudici supremi hanno offerto una chiave di lettura innovativa riguardo al trattamento fiscale delle transazioni online. La decisione stabilisce che, in specifiche situazioni, le vendite effettuate tramite piattaforme digitali possono essere assimilate ai tradizionali contratti di commissione per quanto concerne l’applicazione dell’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA). Questa equiparazione apre nuovi scenari nel complesso ambito della fiscalità del commercio digitale, richiedendo agli operatori del settore una rinnovata attenzione alle modalità di gestione e rendicontazione delle proprie attività online.

Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23084 del 26 agosto 2023, ha affrontato un caso emblematico che getta nuova luce sulle implicazioni fiscali delle vendite online. Il caso riguardava un individuo che adottava una particolare strategia di vendita: si recava presso i punti vendita di un negozio di articoli sportivi, fotografava determinati prodotti e ne promuoveva la rivendita attraverso inserzioni su un sito internet specializzato.

Una volta conclusa la vendita online, questo soggetto si occupava personalmente della spedizione del bene al cliente finale e del pagamento del corrispettivo al negozio, trattenendo per sé una provvigione per il servizio di intermediazione, oltre alle spese di spedizione e agli oneri richiesti dalla piattaforma e-commerce.

La contestazione dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate ha contestato la modalità di certificazione dei corrispettivi adottata dal negozio fisico. Infatti, il negozio si era limitato a emettere uno scontrino fiscale ai sensi dell’art. 22 del DPR 633/72, come se il cessionario fosse il consumatore finale dei beni. L’Agenzia, invece, riteneva che l’operazione configurasse in realtà un contratto di commissione, con conseguenze significative sul piano dell’IVA.

Il contratto di commissione e l’IVA

Per comprendere appieno la questione, è necessario ricordare che il contratto di commissione, definito dall’articolo 1731 del Codice Civile, è un rapporto di mandato avente per oggetto l’acquisto o la vendita di beni per conto del committente e in nome del commissionario. Ai fini IVA, l’articolo 2, comma 2, n. 3 del DPR 633/72 stabilisce che costituiscono cessioni di beni anche “i passaggi dal committente al commissionario o dal commissionario al committente di beni venduti o acquistati in esecuzione di contratti di commissione“.

La decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha chiarito che il fatto che l’intermediario operi direttamente su un sito internet, promuovendo i beni da mettere in vendita, non è sufficiente per escludere l’esistenza di un contratto di commissione. Di conseguenza, si applica pienamente la normativa IVA prevista per tali contratti. Questo comporta che il negozio fisico (committente) avrebbe dovuto emettere una fattura nei confronti dell’intermediario (commissionario), essendo quest’ultimo un soggetto passivo IVA.

L’insufficienza dello scontrino fiscale

La Suprema Corte ha sottolineato l’inadeguatezza dello scontrino fiscale in questo contesto. Lo scontrino, infatti, non permette l’identificazione del contraente e non contiene i dati necessari per eventuali verifiche da parte dell’Amministrazione finanziaria. Inoltre, il soggetto che effettua le vendite online è l’effettivo primo cessionario dei beni, in base al contratto di commissione, ed essendo un soggetto passivo d’imposta, si rende necessaria l’emissione della fattura da parte del primo cedente.

Implicazioni pratiche per il commercio elettronico

Questa interpretazione della Cassazione ha notevoli implicazioni per il commercio elettronico e per i rapporti tra negozi fisici e intermediari online. Le aziende che operano in questo settore dovranno prestare particolare attenzione alla corretta applicazione dell’IVA e alla documentazione fiscale emessa, per evitare contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Esempio pratico

Per comprendere meglio la portata di questa decisione, consideriamo un esempio pratico. Immaginiamo che Marco, titolare di una partita IVA, si rechi presso il negozio “Sport Elite” e fotografi un paio di scarpe da corsa del valore di 150 euro. Marco pubblica l’annuncio su una piattaforma di e-commerce e vende le scarpe a 180 euro. Dopo aver concluso la vendita, Marco acquista le scarpe da “Sport Elite” e le spedisce al cliente finale. In questo scenario, “Sport Elite” dovrebbe emettere una fattura a Marco per 150 euro più IVA, mentre Marco dovrebbe emettere una fattura al cliente finale per 180 euro più IVA.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione sottolinea come, nell’era digitale, le distinzioni tra commercio tradizionale e online stiano diventando sempre più sfumate. Le imprese devono essere consapevoli che le regole fiscali tradizionali possono applicarsi anche alle nuove forme di commercio, e devono adeguare di conseguenza le proprie pratiche di fatturazione e gestione dell’IVA.

Questa decisione rappresenta un importante punto di riferimento per tutti gli operatori del settore e-commerce, che dovranno rivedere attentamente le proprie procedure di vendita e certificazione fiscale alla luce di questa interpretazione.

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