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Fatture gonfiate ma pagate: la Suprema Corte esclude l’ipotesi di operazioni inesistenti

9 Luglio, 2024

La recente sentenza n. 26520 del 5 luglio 2024 della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha gettato nuova luce su una questione di fondamentale importanza nel diritto tributario e penale: la distinzione tra operazioni commerciali antieconomiche e il reato di fatturazione per operazioni inesistenti. Questa pronuncia riveste particolare rilevanza per professionisti del settore fiscale, imprenditori e consulenti aziendali, poiché chiarisce i confini tra pratiche commerciali discutibili e veri e propri illeciti penali.

Cos’è una fattura e perché è importante

Prima di addentrarci nel vivo dell’argomento, è fondamentale comprendere cosa sia una fattura e quale sia il suo ruolo nel sistema fiscale. La fattura è un documento che attesta l’avvenuta cessione di beni o prestazione di servizi, indicandone la natura, la quantità e il corrispettivo. Essa rappresenta la base su cui si fonda la contabilità aziendale e, di conseguenza, la determinazione delle imposte da versare.La fattura non è un semplice pezzo di carta, ma un documento con valore legale che deve rispecchiare fedelmente le operazioni economiche realmente avvenute. Qualsiasi discrepanza tra quanto riportato in fattura e la realtà dei fatti può configurare un illecito fiscale, con conseguenze anche penali.

Fatture per operazioni inesistenti: definizione e tipologie

Quando parliamo di “fatture per operazioni inesistenti”, ci riferiamo a documenti che attestano transazioni commerciali mai avvenute o avvenute in modo diverso da quanto dichiarato. Possiamo distinguere due principali categorie:

  • Inesistenza oggettiva: si verifica quando l’operazione descritta in fattura non è mai stata realizzata, in tutto o in parte. Ad esempio, un’azienda emette una fattura per la vendita di 100 computer, quando in realtà ne ha consegnati solo 50.
  • Inesistenza soggettiva: in questo caso, l’operazione è realmente avvenuta, ma i soggetti indicati in fattura non corrispondono a quelli che hanno effettivamente partecipato alla transazione. Un esempio potrebbe essere una fattura emessa da un’azienda per servizi in realtà forniti da un’altra.

La sovrafatturazione: un caso particolare

La sovrafatturazione rappresenta una forma particolare di fatturazione per operazioni parzialmente inesistenti. Si verifica quando il valore indicato in fattura è superiore a quello reale della transazione. Ad esempio, un’azienda acquista merce per 10.000 euro, ma il fornitore emette una fattura per 15.000 euro.È importante sottolineare che la sovrafatturazione non è sempre illecita. In alcuni casi, prezzi apparentemente gonfiati possono essere giustificati da particolari condizioni di mercato o da specifiche caratteristiche del bene o servizio fornito. Tuttavia, quando la sovrafatturazione è finalizzata all’evasione fiscale o ad altre pratiche illecite, diventa un comportamento perseguibile dalla legge.

Il caso esaminato dalla Corte

Il caso in esame riguardava una complessa vicenda di operazioni infragruppo nel settore agricolo. Un’impresa agricola, beneficiando di un regime fiscale agevolato, aveva venduto prodotti a prezzi notevolmente superiori a quelli di mercato a una società commerciale riconducibile agli stessi soggetti. L’accusa sosteneva che questa pratica configurasse il reato di emissione di fatture false (art. 8 del D.Lgs. 74/2000) da parte del venditore e di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture false (art. 2 del medesimo decreto) da parte dell’acquirente.Il concetto di “fatture per operazioni inesistenti”Per comprendere appieno la portata di questa sentenza, è necessario analizzare il concetto di “fatture per operazioni inesistenti” come definito dall’art. 1, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 74/2000. Secondo questa norma, rientrano in tale categoria:

  1. Le fatture emesse a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte (cosiddetta inesistenza oggettiva);
  2. Le fatture che indicano i corrispettivi o l’IVA in misura superiore a quella reale (sovrafatturazione qualitativa).

La decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha chiarito che gli acquisti di beni effettivamente utilizzati per l’attività d’impresa, seppur a prezzi incongrui ma realmente corrisposti, non rientrano in nessuna delle suddette categorie. In altre parole, il fatto che un’operazione commerciale sia antieconomica o che i prezzi siano notevolmente superiori a quelli di mercato non è sufficiente per configurare il reato di fatturazione per operazioni inesistenti, a condizione che le somme siano state effettivamente pagate e i beni realmente consegnati o i servizi effettivamente prestati.

Implicazioni pratiche

Questa interpretazione della Corte di Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Ad esempio, nel caso di una holding che acquista servizi di consulenza da una sua controllata a prezzi notevolmente superiori a quelli di mercato, se il pagamento è effettivo e il servizio realmente prestato, non si configurerebbe il reato di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Tuttavia, è bene ricordare che tali operazioni potrebbero comunque essere oggetto di contestazioni in ambito civilistico o amministrativo, ad esempio per quanto riguarda la disciplina dei prezzi di trasferimento (transfer pricing) o l’abuso del diritto.

Il contesto normativo

La sentenza della Cassazione si inserisce in un contesto normativo complesso, che vede come pilastro fondamentale il D.Lgs. 74/2000, noto come “legge sui reati tributari”. Questo decreto ha ridisegnato il sistema penale tributario italiano, introducendo una serie di fattispecie di reato specifiche volte a contrastare l’evasione fiscale. Tra queste, l’art. 8 punisce l’emissione di fatture per operazioni inesistenti con la reclusione da quattro a otto anni, prevedendo una pena ridotta per i casi in cui l’importo non rispondente al vero sia inferiore a 100.000 euro per periodo d’imposta.

Conclusioni

In conclusione, questa sentenza della Cassazione rappresenta un importante punto di riferimento per professionisti e imprese, tracciando una linea di demarcazione più chiara tra pratiche commerciali discutibili e veri e propri illeciti penali tributari. Tuttavia, è fondamentale sottolineare che, sebbene tali operazioni possano non configurare il reato di fatturazione per operazioni inesistenti, esse rimangono comunque rischiose dal punto di vista fiscale e potrebbero essere oggetto di contestazioni su altri fronti. Pertanto, è sempre consigliabile adottare politiche di pricing trasparenti e in linea con i valori di mercato, soprattutto nelle operazioni infragruppo, al fine di evitare potenziali contenziosi con l’amministrazione finanziaria.

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