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Forfettari estromessi e dichiarazione IVA 2025: guida alla corretta compilazione

12 Marzo, 2025

Nel panorama fiscale italiano, il regime forfettario rappresenta un’opzione vantaggiosa per piccoli imprenditori e professionisti, ma cosa accade quando viene superata la soglia dei 100.000 euro di ricavi o compensi durante l’anno? L’estromissione dal regime forfettario comporta l’immediato ingresso nel mondo IVA, con conseguenti obblighi dichiarativi che richiedono particolare attenzione. In questo articolo analizzeremo dettagliatamente la corretta gestione della dichiarazione IVA 2025 (anno d’imposta 2024) per i contribuenti che, inizialmente in regime forfettario, sono stati estromessi durante l’anno a causa del superamento della soglia massima consentita.

Quando scatta l’obbligo di presentare la dichiarazione IVA

La dichiarazione IVA rappresenta uno degli adempimenti fiscali più importanti per i soggetti IVA, con scadenza fissata al 30 aprile 2025 per l’anno d’imposta 2024. Normalmente, i contribuenti in regime forfettario sono esonerati da questo adempimento, in virtù della loro esclusione dal campo di applicazione dell’IVA. Tuttavia, questa esenzione viene meno quando si verifica l’estromissione dal regime agevolato durante l’anno fiscale.

Secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 71 della Legge 190/2014, il regime forfettario cessa di avere applicazione nell’anno stesso in cui i ricavi o compensi percepiti superano i 100.000 euro. A differenza della soglia degli 85.000 euro (rilevante per la permanenza nel regime nell’anno successivo), il limite dei 100.000 euro non è soggetto a ragguaglio ad anno, come chiaramente specificato dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 32/E del 5 dicembre 2023.

Il contribuente che supera questa soglia diventa immediatamente un “soggetto IVA” e, di conseguenza, è tenuto a presentare la dichiarazione IVA per l’anno in cui è avvenuta l’estromissione. Questa dichiarazione dovrà includere esclusivamente le operazioni effettuate a partire dal momento dell’estromissione e non quelle precedentemente realizzate in regime forfettario.

Come calcolare correttamente il superamento della soglia

Per determinare il superamento della soglia dei 100.000 euro è fondamentale seguire il criterio di cassa, considerando quindi i ricavi e i compensi effettivamente incassati nell’anno fiscale, indipendentemente dal momento in cui sono stati fatturati.

Risulta pertanto irrilevante:

  • l’importo dei ricavi o compensi fatturati ma non ancora incassati nell’anno in corso;
  • mentre occorre prestare particolare attenzione ai ricavi o compensi fatturati in anni precedenti ma incassati nell’anno di riferimento, poiché questi concorrono al raggiungimento della soglia.

Ad esempio, un professionista che al 15 novembre 2024 ha incassato compensi per 95.000 euro e riceve un pagamento di 10.000 euro il 20 novembre, supera in quella data la soglia critica dei 100.000 euro. Da quel momento diventa un soggetto IVA a tutti gli effetti, con le conseguenze che vedremo nei paragrafi successivi.

L’assoggettamento all’IVA delle operazioni attive

Una volta superata la soglia dei 100.000 euro, il contribuente deve applicare l’IVA a partire dall’operazione che ha determinato il superamento del limite. La norma è chiara sul punto: l’imposta è dovuta “a partire dalle operazioni effettuate che comportano il superamento del predetto limite”.

Per comprendere correttamente l’applicazione di questa regola, è necessario distinguere due scenari principali:

Caso 1: Fatturazione contestuale all’incasso

Quando l’emissione della fattura avviene contestualmente all’incasso, l’intera operazione che porta al superamento della soglia deve essere assoggettata ad IVA, non solo la parte eccedente i 100.000 euro.

Prendiamo un caso pratico: immaginiamo un artigiano che al 30 novembre 2024 ha già fatturato e incassato 90.000 euro. Il 5 dicembre emette una fattura di 15.000 euro che incassa immediatamente. Questa operazione porta il totale degli incassi a 105.000 euro, superando la soglia critica. In questo caso, l’intera fattura di 15.000 euro deve essere assoggettata ad IVA, non solo i 5.000 euro eccedenti il limite dei 100.000 euro.

Nella dichiarazione IVA, nel quadro VE, il contribuente dovrà indicare solo le operazioni effettuate come soggetto IVA, quindi tutte le fatture emesse a partire da quella che ha determinato il superamento (nell’esempio, la fattura di 15.000 euro e tutte le successive).

Caso 2: Fatturazione anticipata rispetto all’incasso

Più complesso è il caso in cui la fatturazione avviene prima dell’incasso. La Circolare 32/E/2023 ha fornito importanti chiarimenti su questo aspetto, stabilendo che solo la fattura il cui incasso genera il superamento della soglia deve essere assoggettata ad IVA, insieme a tutte quelle emesse successivamente.

Per illustrare questo concetto, consideriamo il seguente scenario: un professionista ha fatturato e incassato 85.000 euro fino al 30 novembre 2024. Lo stesso giorno emette due fatture: una da 25.000 euro e una da 20.000 euro, entrambe senza applicazione dell’IVA (essendo ancora in regime forfettario). Il 4 dicembre incassa la fattura da 25.000 euro, superando così la soglia dei 100.000 euro (85.000 + 25.000 = 110.000 euro). In questo caso:

  • La fattura da 25.000 euro, originariamente emessa senza IVA, deve essere integrata mediante emissione di una nota di variazione in aumento ai sensi dell’articolo 26 del D.P.R. 633/1972;
  • La fattura da 20.000 euro, se incassata successivamente, rimane fuori campo IVA e non necessita di integrazione, nonostante sia incassata dopo il superamento della soglia;
  • Tutte le fatture emesse dopo l’avvenuta estromissione dal regime forfettario devono essere assoggettate ad IVA.

In sede di dichiarazione IVA, nel quadro VE dovranno figurare solo la fattura che ha determinato il superamento (con la relativa nota di variazione) e tutte quelle emesse successivamente.

La gestione delle operazioni passive e la detrazione dell’IVA

Dal momento in cui il contribuente diventa soggetto IVA, oltre all’obbligo di applicare l’imposta sulle operazioni attive, acquisisce anche il diritto alla detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti, secondo le regole ordinarie previste dal D.P.R. 633/1972.

Nel quadro VF della dichiarazione IVA dovranno essere riportate tutte le fatture di acquisto contabilizzate a partire dal momento dell’estromissione dal regime forfettario. È importante sottolineare che, sotto il profilo reddituale, l’estromissione dal regime forfettario comporta la tassazione ordinaria del reddito per l’intera annualità.

Ciò significa che:

  • ai fini IVA, rilevano solo le operazioni effettuate come soggetto IVA (quindi dopo il superamento della soglia);
  • ai fini reddituali, rilevano tutte le operazioni dell’anno, comprese quelle effettuate in regime forfettario.

I costi sostenuti durante il periodo in cui era in vigore il regime forfettario devono essere computati comprensivi dell’IVA (che in quel periodo era indetraibile) e annotati nei libri contabili entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi, come precisato dalla Circolare 32/E/2023.

La rettifica IVA: un’opportunità da non trascurare

Uno degli aspetti più delicati e spesso sottovalutati nel passaggio dal regime forfettario al regime ordinario è la rettifica dell’IVA prevista dall’articolo 19-bis2 del D.P.R. 633/1972, richiamato espressamente dall’articolo 1, comma 61 della Legge 190/2014.

Questa disposizione consente al contribuente di recuperare, almeno in parte, l’IVA assolta sugli acquisti effettuati durante il regime forfettario, ma che si riferiscono a:

  • Beni non ancora ceduti al momento del cambio di regime;
  • Servizi non ancora utilizzati al momento del cambio di regime;
  • Beni ammortizzabili, con particolari regole temporali.

Per i beni ammortizzabili, la rettifica considera:

  • l’anno di messa in funzione e i quattro anni successivi per i beni mobili (quindi un quinquennio);
  • l’anno di acquisto o ultimazione e i nove anni successivi per i beni immobili (quindi un decennio).

La Circolare 32/E/2023 ha specificato che, nell’anno di estromissione, la rettifica sui beni ammortizzabili deve essere rapportata ai mesi in cui il contribuente è stato soggetto IVA.

Vediamo un esempio concreto per comprendere meglio il meccanismo di rettifica:

Un professionista viene estromesso dal regime forfettario dal 10 dicembre 2024 e in quella data possiede:

  • Merci in magazzino su cui ha pagato IVA indetraibile per 2.500 euro;
  • Un abbonamento annuale a un servizio pagato anticipatamente a ottobre 2024, con IVA di 440 euro (di cui 73 euro riferibili al mese di dicembre);
  • Un macchinario acquistato nel 2022 con IVA pagata di 3.600 euro.

La rettifica che il professionista può operare a suo favore è:

  • 2.500 euro per le merci in magazzino (interamente recuperabili);
  • 73 euro per il servizio (solo per la parte fruita in regime IVA);
  • 720 euro per il macchinario, relativamente all’anno 2024 (ma solo per 1/12, quindi 60 euro), più 720 euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026 (in totale 1.500 euro).

Complessivamente, il professionista può recuperare 4.073 euro di IVA, indicando tale importo come variazione di segno positivo nel rigo VF70 della dichiarazione IVA 2025.

È fondamentale sottolineare che questa rettifica non è facoltativa dal punto di vista fiscale: anche se il contribuente decidesse di non operarla, l’importo calcolato non potrebbe comunque essere considerato costo deducibile ai fini reddituali, poiché l’indetraibilità deriverebbe non da cause oggettive ma da una scelta discrezionale del contribuente.

In sintesi

IN SINTESI


Quali sono le conseguenze del superamento della soglia dei 100.000 euro nel regime forfettario? Il contribuente viene immediatamente estromesso dal regime forfettario e diventa un soggetto IVA, con l’obbligo di presentare la dichiarazione IVA per l’anno in corso.


Quando deve essere presentata la dichiarazione IVA per i soggetti estromessi dal regime forfettario? La dichiarazione IVA per l’anno d’imposta 2024 deve essere presentata entro il 30 aprile 2025.


Qual è il criterio per il calcolo del superamento della soglia? Si utilizza il criterio di cassa, considerando i ricavi e compensi effettivamente incassati nell’anno fiscale, indipendentemente dalla data di fatturazione.


Quando scatta l’obbligo di applicare l’IVA? L’IVA deve essere applicata a partire dall’operazione che determina il superamento della soglia dei 100.000 euro. L’intera operazione viene assoggettata ad IVA, non solo l’importo eccedente.


Come si gestisce la dichiarazione IVA per le operazioni attive? Nel quadro VE della dichiarazione IVA devono essere indicate solo le operazioni effettuate come soggetto IVA, quindi tutte le fatture emesse a partire da quella che ha determinato il superamento della soglia.


Cosa succede se la fatturazione avviene prima dell’incasso? Se l’incasso di una fattura già emessa determina il superamento della soglia, questa deve essere assoggettata ad IVA tramite nota di variazione. Le fatture emesse successivamente saranno automaticamente soggette a IVA.


Come si gestiscono le operazioni passive e la detrazione dell’IVA? Dal momento dell’estromissione, il contribuente può detrarre l’IVA sugli acquisti effettuati in regime ordinario. Nel quadro VF della dichiarazione IVA devono essere riportate solo le fatture di acquisto registrate dopo il passaggio al regime IVA.


Cos’è la rettifica dell’IVA e quando si applica? La rettifica dell’IVA consente di recuperare l’IVA indetraibile su beni e servizi ancora presenti al momento del passaggio al regime ordinario. Si applica su merci in magazzino, servizi non ancora fruiti e beni ammortizzabili.


Come si calcola la rettifica dell’IVA su beni ammortizzabili? Per i beni mobili, la rettifica considera l’anno di acquisto e i quattro successivi, mentre per gli immobili il periodo si estende a dieci anni. L’importo recuperabile dipende dai mesi in cui il contribuente è stato soggetto IVA nell’anno di transizione.


Dove va indicata la rettifica IVA nella dichiarazione? La rettifica dell’IVA va riportata nel rigo VF70 della dichiarazione IVA, come variazione di segno positivo. Il contribuente è obbligato a operarla, poiché non può essere considerata un costo deducibile.

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