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Il regime fiscale “normale” delle Associazioni Sportive Dilettantistiche

5 Aprile, 2024

 

Le Associazioni Sportive Dilettantistiche (ASD) e le Società Sportive Dilettantistiche (SSD) godono di un regime fiscale agevolato che presenta diverse peculiarità. In questo articolo approfondiremo nel dettaglio il trattamento fiscale di queste realtà, analizzando il regime fiscale normale delle ASD, i requisiti di non lucratività ed effettività del rapporto associativo, il divieto di distribuzione degli utili, il corretto trattamento fiscale delle sponsorizzazioni e la disciplina IRAP applicabile.

Il regime fiscale normale delle Associazioni Sportive Dilettantistiche

Le ASD rientrano tra gli enti non commerciali e sono regolate dall’art. 73, comma 1, lett. c), del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). Di conseguenza, per questa categoria di enti trovano applicazione le norme di cui agli artt. 143 e ss. del citato TUIR.In base all’art. 143, comma 1, TUIR, il reddito complessivo delle ASD è determinato dalla sommatoria delle diverse categorie reddituali (fondiari, di capitale, d’impresa e diversi), al netto delle prestazioni di servizio, di carattere non commerciale, rese in conformità alle finalità istituzionali senza specifica organizzazione e con il pagamento di corrispettivi che non eccedano i costi di diretta imputazione. Inoltre, secondo il comma 3 dello stesso articolo, non concorrono alla formazione del reddito i fondi pervenuti alle ASD a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione.

In caso di esercizio di un’attività commerciale non finalizzata all’attività istituzionale, trovano applicazione le regole ordinarie sulla tassazione dei redditi e l’ente è tenuto, in forza dell’art. 144 TUIR, alla separazione della contabilità. L’art. 148, comma 1, TUIR stabilisce che per le ASD non è considerata commerciale l’attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti in conformità alle finalità istituzionali. Di conseguenza, le somme versate dagli associati a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo.Il regime di cui all’art. 148, comma 3, TUIR è riservato a tutti gli enti di tipo associativo, compresi quelli operanti nel settore dilettantistico, e sancisce la non imponibilità ai fini IRES delle attività rese in diretta attuazione degli scopi istituzionali, verso il pagamento di corrispettivi specifici, nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto, fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali.

Tale regime si applica direttamente sia alle ASD, quali enti di cui all’art. 73 TUIR, sia alle SSD, in forza dell’art. 90 della legge 289 del 2002.Va evidenziato che alle ASD non si applica la disciplina sulla perdita della qualifica di ente non commerciale prevista dall’art. 149 TUIR. Pertanto, anche qualora l’associazione sportiva dovesse esercitare in via prevalente attività commerciale per un intero periodo d’imposta, questa non perderà automaticamente la qualifica di ente non commerciale.

Esempio pratico: Un’ASD che organizza corsi di tennis per i propri associati non vedrà tassati i proventi derivanti da tale attività, in quanto conforme alle finalità istituzionali. Tuttavia, se la stessa ASD gestisse un bar aperto al pubblico, i proventi derivanti da tale attività commerciale sarebbero soggetti alle regole ordinarie di tassazione, con l’obbligo di separazione contabile.

I requisiti di non lucratività ed effettività del rapporto associativo

Per accedere al regime agevolato di cui all’art. 148, comma 3, TUIR, le ASD e le SSD devono adeguare i propri Statuti alle clausole previste dall’art. 148, comma 8, TUIR, con la finalità di garantire la non lucratività dell’ente e l’effettività del rapporto associativo.La circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 18/E del 2018 ha chiarito che la spettanza del regime agevolativo ex art. 148, comma 3, TUIR è subordinata alla circostanza che i proventi derivino dall’esercizio di attività rese in diretta attuazione degli scopi istituzionali. Pertanto, ove l’ente consegua proventi che non risultano collegabili in alcun modo con gli scopi istituzionali, gli stessi sono sottoposti al regime fiscale ordinario stabilito in materia di IRES.Assume dunque rilievo la circostanza di considerare connotati da carattere istituzionale i proventi delle attività commerciali che si mostrano strutturalmente funzionali all’attività sportiva dilettantistica, costituendo il naturale completamento dell’esercizio dell’attività sportiva stessa.

Esempio pratico: Un’ASD che gestisce un bar all’interno della propria struttura sportiva potrà considerare tale attività come non commerciale solo se strettamente funzionale alla pratica sportiva e destinata prevalentemente agli associati. In tal caso, il bar dovrà essere collocato all’interno della struttura dove si svolge l’attività sportiva e non in spazi distinti, e dovrà essere organizzato senza finalità concorrenziali.

La raccolta occasionale di fondi e le attività commerciali connesse a scopi istituzionali

Le ASD, in quanto enti senza scopo di lucro, possono svolgere (ove previsto nello Statuto) attività occasionali di raccolta fondi in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione. Tali iniziative, aperte al pubblico (e quindi anche ai non associati), prevedono la possibilità di raccogliere fondi anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori che, per effetto dell’art. 143, comma 3, lett. a), TUIR, non concorrono alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte dirette e dell’IVA.Un’ulteriore agevolazione riguarda le ASD che applicano il regime forfettario di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398. L’art. 25, comma 2, della legge 13 maggio 1999, n. 133, prevede per queste associazioni la possibilità di svolgere, nel rispetto del duplice vincolo annuale rappresentato da un numero di eventi non superiore a 2 e per un totale di proventi complessivamente introitati non superiore a 51.645,69 euro, attività neutrali sotto il profilo delle imposte dirette, quali:

  • attività commerciali connesse agli scopi istituzionali (es. somministrazione alimenti e bevande durante un torneo di calcio, vendita di gadget e materiale sportivo durante una giornata di presentazione delle attività associative, iscrizione a gara ciclistica da soggetti non tesserati, ecc.);
  • occasionali attività di raccolta pubblica di fondi ex art. 143, comma 3, lett. a), del TUIR.

Per ciascuna manifestazione, l’ente organizzatore è tenuto a redigere, entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio sociale, un apposito e separato rendiconto (autonomo rispetto al bilancio o rendiconto annuale), tenuto e conservato ai sensi dell’art. 22 del D.P.R. n. 600/1973 e accompagnato da una relazione illustrativa con l’indicazione, in modo chiaro e trasparente, delle movimentazioni in entrata e uscita (criterio di cassa) relative a ciascun evento.

L’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’associazione che non abbia redatto il rendiconto, ma sia comunque in grado di documentare le entrate e le spese relative a ciascuna celebrazione, ricorrenza o campagna di sensibilizzazione, per effetto della corretta tenuta della contabilità generale, potrà mantenere la neutralità fiscale dei proventi in oggetto, rendendosi comunque applicabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 8.000 euro ai sensi dell’art. 9, comma 1, D.lgs. n. 471/1997.

Esempio pratico: Un’ASD che organizza una lotteria in occasione di una festa sociale potrà non assoggettare a tassazione i proventi raccolti, a condizione che l’evento rientri nei limiti previsti (massimo 2 eventi annui e proventi complessivi non superiori a 51.645,69 euro) e che venga redatto un apposito rendiconto entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio sociale.

Le attività che secondo l’Amministrazione finanziaria non sono coerenti con gli scopi istituzionali

La circolare n. 18/E del 2018 dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito che i corsi svolti per attività sportive che non rientrano nell’ambito delle discipline sportive riconosciute dal CONI, oppure svolti con l’impiego di strutture e mezzi organizzati e finalizzati ad esercitare effetti concorrenziali sul mercato, non possono considerarsi svolti in attuazione degli scopi istituzionali.

Devono ritenersi tali anche le attività dirette alla vendita di beni o a prestazioni di servizi per le quali l’ente si avvalga di strumenti pubblicitari o comunque di diffusione delle informazioni a soggetti terzi, diversi dagli associati, ovvero tramite strumenti propri degli operatori di mercato, come l’uso di insegne, marchi, locali attrezzati con finalità pubblicitarie, utilizzo di mezzi e segni distintivi tipici del mercato concorrenziale con il precipuo fine di acquisire una clientela estranea all’ambito associativo.

Di conseguenza, secondo l’Agenzia delle Entrate, anche la somministrazione di alimenti e bevande resa in locali interni all’associazione sportiva dilettantistica, anche se svolta nei confronti dei soci e degli associati, deve in ogni caso considerarsi attività commerciale, in quanto esclusa dalla decommercializzazione.

Lo stesso discorso vale per le prestazioni relative al bagno turco e all’idromassaggio, in quanto carenti con riguardo alla connessione con gli scopi istituzionali per la mancanza di una stretta funzionalità con la pratica riferita alla disciplina per la quale l’ente è iscritto al registro del CONI.

Esempio pratico: Un’ASD che organizza corsi di yoga aperti al pubblico, pubblicizzandoli attraverso volantini e inserzioni sui giornali locali, vedrà assoggettati a tassazione i proventi derivanti da tale attività, in quanto non strettamente connessa alle finalità istituzionali e svolta con modalità concorrenziali.

Il divieto di distribuzione degli utili in favore di dipendenti e collaboratori

L’art. 8, commi 1 e 2, del D.lgs. n. 36 del 2021 stabilisce che le ASD e le SSD devono destinare eventuali utili ed avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o all’incremento del proprio patrimonio. È vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominati, a soci o associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di qualsiasi altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto.L’introduzione di questa norma pone non poche questioni relative all’individuazione della misura da applicare ai corrispettivi in favore di lavoratori subordinati e autonomi rispetto al parametro fissato dai contratti collettivi di cui all’art. 51, D.lgs. 81/2015, il limite oltre il quale si configura l’ipotesi di divieto di distribuzione indiretta di utili. In dottrina si è auspicato un intervento normativo teso a chiarirne la portata applicativa.

Esempio pratico: Un’ASD non può corrispondere compensi sproporzionati ai propri collaboratori, in quanto ciò configurerebbe una distribuzione indiretta di utili. I compensi devono essere in linea con quanto previsto dai contratti collettivi di riferimento.

Il corretto trattamento fiscale delle sponsorizzazioni

Le spese di sponsorizzazione possono essere ricondotte nell’ambito delle spese di pubblicità e di propaganda. Il contratto di sponsorizzazione è un contratto a prestazioni corrispettive con il quale una parte (sponsor) si impegna, dietro pagamento di un corrispettivo, ad associare pro-tempore nel corso di manifestazioni sportive, artistiche, culturali o scientifiche, il nome dello sponsor al proprio, rendendo esplicito che la manifestazione o la partecipazione dello sponsorizzato alla manifestazione sia conseguente all’onere sostenuto dallo sponsor.

Nella misura in cui tale onere risulta sostenuto specificatamente per trarre benefici alla propria attività di vendita o alla propria immagine, lo stesso rientra tra le spese di pubblicità e propaganda.

La Corte di Cassazione ha inoltre chiarito che la presunzione assoluta di deducibilità del costo di sponsorizzazione da parte del soggetto erogante, prevista dall’art. 90, comma 8, della legge n. 289/2002, opera solo a favore dello sponsor e non anche dell’associazione o società sportiva dilettantistica beneficiaria delle somme. Quest’ultima, infatti, dovrà assoggettare i proventi derivanti dai contratti di sponsorizzazione al regime fiscale ordinario previsto per i proventi di natura commerciale.

Esempio pratico: Una società che sponsorizza una squadra di calcio dilettantistica potrà dedurre integralmente il costo della sponsorizzazione, fino a un massimo di 200.000 euro annui, a prescindere dall’effettivo ritorno commerciale dell’investimento. L’associazione sportiva dilettantistica, invece, dovrà considerare i proventi derivanti dalla sponsorizzazione come ricavi di natura commerciale, assoggettandoli a tassazione secondo le regole ordinarie.

La disciplina IVA delle sponsorizzazioni sportive

Per quanto riguarda il trattamento IVA delle sponsorizzazioni sportive, occorre fare riferimento all’art. 4 del D.P.R. n. 633/1972, che definisce le operazioni imponibili. In base a tale norma, costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti di sponsorizzazione.

Di conseguenza, i corrispettivi derivanti dai contratti di sponsorizzazione sono soggetti a IVA con l’aliquota ordinaria del 22%, a meno che non si applichi il regime forfettario di cui alla legge n. 398/1991, che prevede l’esonero dagli adempimenti IVA per le associazioni sportive dilettantistiche con proventi commerciali non superiori a 400.000 euro annui.

Esempio pratico: Un’associazione sportiva dilettantistica che ha optato per il regime forfettario ex legge n. 398/1991 non dovrà applicare l’IVA sui corrispettivi derivanti dai contratti di sponsorizzazione, purché i proventi commerciali complessivi non superino la soglia di 400.000 euro annui.

La disciplina IRAP delle ASD e delle SSD

Sulla base della disciplina di cui al D.lgs. n. 446 del 1997, le attività sportive rientrano nell’ambito applicativo della disciplina IRAP, indipendentemente dalla natura dell’attività svolta. L’art. 10 del D.lgs. n. 446/1997 prevede una generale disciplina IRAP per gli enti non commerciali che non individua particolari previsioni normative con riguardo agli enti di natura sportivo-dilettantistica. Tuttavia, in base alla tipologia dell’associazione, si concretizzano modalità diverse per il calcolo e per la determinazione dell’imposta dovuta.

È prevista, infatti, la compilazione della Sezione 1 o 2 del modello IRAP, sulla scorta delle disposizioni dettate dall’Agenzia delle Entrate.Per le associazioni che svolgono esclusivamente attività istituzionale, ai sensi dell’art. 10 del D.lgs. n. 446/1997, la base imponibile IRAP è determinata dalla somma delle retribuzioni corrisposte al personale dipendente, dei compensi spettanti ai collaboratori coordinati e continuativi, di quelli per prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente e degli interessi passivi. Per le associazioni che hanno optato per il regime di cui alla legge n. 398/1991, invece, ai sensi degli artt. 10 e 17, comma 2, del decreto IRAP, il valore della produzione netta ai fini IRAP si determina aumentando il reddito calcolato in base a tale regime delle retribuzioni corrisposte al personale dipendente, dei compensi spettanti ai collaboratori coordinati e continuativi, di quelli per prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente e degli interessi passivi.

Conclusione

Il regime fiscale delle associazioni e società sportive dilettantistiche presenta numerose peculiarità e agevolazioni, ma richiede anche il rispetto di specifici requisiti e adempimenti. È fondamentale che queste realtà adeguino i propri statuti alle clausole di non lucratività e effettività del rapporto associativo, evitino la distribuzione indiretta di utili e gestiscano correttamente le sponsorizzazioni, tenendo conto delle presunzioni di deducibilità previste per gli sponsor e degli obblighi di tassazione dei proventi commerciali in capo alle associazioni beneficiarie.

La disciplina IRAP, pur non prevedendo particolari disposizioni per gli enti sportivi dilettantistici, si applica secondo modalità diverse in base alla tipologia dell’associazione e al regime contabile adottato. Le società sportive dilettantistiche costituite in forma di società di capitali, invece, non possono beneficiare del regime IRAP di favore previsto per le associazioni sportive dilettantistiche, dovendo seguire le regole ordinarie stabilite per gli enti commerciali.In definitiva, una corretta gestione fiscale delle associazioni e società sportive dilettantistiche richiede una attenta valutazione delle diverse disposizioni normative applicabili, al fine di cogliere le opportunità offerte dal legislatore e di evitare possibili contestazioni da parte dell’amministrazione finanziaria.


Domande e Risposte

D: Come viene determinata la base imponibile IRAP per un’associazione sportiva dilettantistica che ha optato per il regime forfettario ex legge n. 398/1991?

R: Per un’associazione sportiva dilettantistica che ha optato per il regime forfettario ex legge n. 398/1991, il valore della produzione netta ai fini IRAP si determina aumentando il reddito calcolato forfetariamente ai fini IRES delle seguenti voci:

  • retribuzioni corrisposte al personale dipendente;
  • compensi spettanti ai collaboratori coordinati e continuativi;
  • compensi per prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente;
  • interessi passivi.

D: Le società sportive dilettantistiche costituite in forma di società di capitali possono beneficiare del regime IRAP di favore previsto per le associazioni sportive dilettantistiche?

R: No, secondo la Corte di Cassazione (sentenza n. 29254/2023), le società sportive dilettantistiche costituite in forma di società di capitali non possono beneficiare del regime IRAP di favore previsto per le associazioni sportive dilettantistiche. Queste società, infatti, soggiacciono alle disposizioni tributarie previste per gli enti commerciali e società di capitali, con particolare riguardo all’art. 5 del D.Lgs. n. 446/1997.

D: Qual è il trattamento IVA dei corrispettivi derivanti dai contratti di sponsorizzazione per le associazioni sportive dilettantistiche?

R: I corrispettivi derivanti dai contratti di sponsorizzazione sono soggetti a IVA con l’aliquota ordinaria del 22%, a meno che non si applichi il regime forfettario di cui alla legge n. 398/1991. Tale regime prevede l’esonero dagli adempimenti IVA per le associazioni sportive dilettantistiche con proventi commerciali non superiori a 400.000 euro annui.

 

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