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Il Trattamento fiscale nella vendita immobili in ristrutturazione: la distinzione cruciale fra fabbricati ultimati e non

6 Maggio, 2024

Nell’ambito delle operazioni immobiliari, la corretta qualificazione dell’immobile oggetto di cessione assume un’importanza cruciale ai fini della determinazione del trattamento fiscale applicabile. In particolare, è fondamentale distinguere il trattamento riservato alla vendita di fabbricati in corso di costruzione da quello relativo alla cessione di immobili in ristrutturazione, precedentemente ultimati e accatastati. Questa distinzione ha rilevanti implicazioni in termini di IVA, imposta di registro, imposta ipotecaria e imposta catastale. La recente sentenza della Cassazione n. 9800/2024 ha gettato ulteriore luce su questa tematica, ponendo l’accento sulla necessità di valutare attentamente lo stato dell’immobile ceduto e la sua pregressa qualificazione catastale.

Il regime fiscale dei fabbricati in corso di costruzione

Secondo l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate espressa nella circolare n. 18/2013, le cessioni di fabbricati in corso di costruzione non rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 10, comma 1, nn. 8-bis e 8-ter del DPR 633/72, in quanto si tratta di beni ancora nel circuito produttivo. Pertanto, tali cessioni sono imponibili ai fini IVA, indipendentemente dalla natura del fabbricato in costruzione (abitativo o strumentale).

In questo scenario, le imposte di registro, ipotecaria e catastale trovano applicazione in misura fissa (200 euro ciascuna), in virtù del generale principio di alternatività IVA-registro. Questo principio stabilisce che, in caso di operazioni imponibili ai fini IVA, le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono dovute in misura fissa, mentre in caso di operazioni esenti da IVA, tali imposte sono dovute in misura proporzionale o con aliquote diverse.

Fanno eccezione a questa regola generale le cessioni di immobili non ultimati al “consumatore finale”, che ricadono nell’esenzione IVA di cui all’art. 10, comma 1, n. 8-ter del DPR 633/72, poiché l’immobile è già fuoriuscito dal circuito produttivo (Cass. n. 22138/2017). Analogamente, la cessione di un immobile non ultimato oggetto di contratto di leasing è esente da IVA, in quanto l’immobile viene utilizzato come “bene strumentale” (Cass. n. 7908/2020).

Il regime fiscale dei fabbricati in ristrutturazione

La sentenza n. 9800/2024 della Cassazione ha apportato un’importante precisazione in merito al trattamento fiscale dei fabbricati in ristrutturazione, distinguendolo da quello previsto per i fabbricati in corso di costruzione.

Nel caso specifico esaminato dalla Corte, la controversia verteva su un complesso immobiliare scolastico, classificato come B/5 (strumentale), in corso di ristrutturazione e destinato, al termine dei lavori, a cambio d’uso in residenziale. Le parti avevano equiparato l’immobile a uno “non ultimato”, applicando l’IVA ordinaria e le imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa.

Tuttavia, la Cassazione ha accolto la tesi dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui un immobile a suo tempo costruito, ultimato e accatastato come B/5 (strumentale) e successivamente ristrutturato, non può essere assoggettato al trattamento dei beni “non ultimati”. Ciò in quanto tale immobile configura a tutti gli effetti un fabbricato strumentale, ricadente nell’ambito di applicazione dell’art. 10, comma 1, n. 8-ter del DPR 633/72.

La Corte ha precisato che è il fatto che l’immobile sia ancora nel circuito produttivo a legittimarne l’esclusione dal n. 8-ter dell’art. 10 del DPR 633/72, e non il fatto che siano ancora in corso lavori di costruzione o ristrutturazione. Pertanto, un immobile precedentemente ultimato e accatastato, anche se in fase di ristrutturazione al momento della cessione, non può essere equiparato a un fabbricato “non ultimato”.

In base a questa interpretazione, la cessione di un immobile in ristrutturazione, precedentemente ultimato e accatastato, segue il regime fiscale previsto dall’art. 10, comma 1, n. 8-ter del DPR 633/72 per i fabbricati strumentali. Ciò implica che la cessione è:

    • Imponibile a IVA per obbligo, se effettuata dall’impresa di ristrutturazione entro 5 anni dalla data di ultimazione dei lavori;
    • Imponibile a IVA, in presenza di opzione per l’imponibilità, se effettuata dall’impresa di ristrutturazione oltre 5 anni dopo la fine dei lavori o da soggetti diversi dall’impresa di ristrutturazione;
    • Esente da IVA, in assenza di opzione per l’imponibilità, se effettuata dall’impresa di ristrutturazione oltre 5 anni dopo la fine dei lavori o da soggetti diversi dall’impresa di ristrutturazione.

Inoltre, in caso di cessione esente da IVA, l’imposta di registro è dovuta in misura proporzionale, mentre le imposte ipotecaria e catastale sono dovute nella misura del 3% e 1% rispettivamente.

Esempi pratici

  • Un’impresa edile cede un fabbricato residenziale in corso di costruzione a un privato cittadino. In questo caso, la cessione è imponibile ai fini IVA, e le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono dovute in misura fissa (200 euro ciascuna).
  • Un’impresa di ristrutturazioni vende un immobile precedentemente accatastato come B/5 (strumentale), che sta ristrutturando per destinarlo a uso abitativo. La cessione avviene entro 5 anni dall’ultimazione dei lavori di ristrutturazione. In questo caso, la cessione è imponibile a IVA per obbligo, ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 8-ter del DPR 633/72. L’imposta di registro sarà dovuta in misura fissa, mentre le imposte ipotecaria e catastale saranno dovute nella misura del 3% e 1% rispettivamente.
  • Un privato cittadino vende un immobile precedentemente accatastato come B/5 (strumentale), che ha ristrutturato per destinarlo a uso abitativo. La cessione avviene oltre 5 anni dall’ultimazione dei lavori di ristrutturazione. In questo caso, in assenza di opzione per l’imponibilità IVA, la cessione è esente da IVA ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 8-ter del DPR 633/72. L’imposta di registro sarà dovuta in misura proporzionale, mentre le imposte ipotecaria e catastale saranno dovute nella misura del 3% e 1% rispettivamente.
  • Un’impresa edile cede un fabbricato strumentale appena costruito a un’altra impresa. La cessione è imponibile ai fini IVA, e le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono dovute in misura fissa (200 euro ciascuna).

Conclusione

La sentenza n. 9800/2024 della Cassazione ha apportato un importante chiarimento in merito al trattamento fiscale applicabile alla vendita di immobili in ristrutturazione, distinguendolo da quello previsto per i fabbricati in corso di costruzione. È fondamentale, quindi, valutare attentamente lo stato dell’immobile ceduto, nonché la sua pregressa qualificazione catastale, al fine di determinare correttamente il regime IVA, di registro, ipotecario e catastale applicabile.

Mentre i fabbricati in corso di costruzione sono generalmente imponibili ai fini IVA (salvo eccezioni), i fabbricati a suo tempo costruiti, ultimati e accatastati, ma successivamente ristrutturati, rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 10, comma 1, n. 8-ter del DPR 633/72, con conseguente applicazione del regime ivi previsto. In particolare, la cessione di tali immobili sarà imponibile o esente da IVA a seconda della qualifica del cedente, del termine entro cui avviene la cessione rispetto alla fine dei lavori, e dell’eventuale opzione per l’imponibilità IVA.

La distinzione tra fabbricati “non ultimati” e fabbricati “in ristrutturazione” è cruciale anche ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale. Nel primo caso, tali imposte sono dovute in misura fissa, mentre nel secondo caso seguono il regime previsto per i fabbricati strumentali esenti da IVA ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 8-ter del DPR 633/72.

La corretta qualificazione dell’immobile oggetto di cessione assume quindi un’importanza fondamentale nell’ambito delle operazioni immobiliari, al fine di evitare costose contestazioni e sanzioni da parte dell’Amministrazione finanziaria. È pertanto essenziale valutare attentamente lo stato dell’immobile, la sua pregressa qualificazione catastale e il rispetto dei termini previsti dalla normativa, per determinare il corretto trattamento fiscale da applicare.


Domande e Risposte

D: Un’impresa di ristrutturazioni vende un immobile accatastato come A/2 (abitativo) e in corso di ristrutturazione per destinarlo a uso residenziale. Quale sarà il trattamento fiscale applicabile a questa cessione?

R: In questo caso, poiché l’immobile era precedentemente accatastato come A/2 (abitativo), la cessione effettuata dall’impresa di ristrutturazione sarà esente da IVA ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 8-bis del DPR 633/72, se avviene oltre 5 anni dalla data di ultimazione dei lavori di ristrutturazione (o in presenza di opzione per l’imponibilità). L’imposta di registro sarà dovuta in misura proporzionale, mentre le imposte ipotecaria e catastale saranno dovute in misura fissa (50 euro ciascuna).

D: Un privato cittadino vende un immobile precedentemente accatastato come B/5 (strumentale) e ristrutturato per destinarlo a uso residenziale. La cessione avviene entro 5 anni dall’ultimazione dei lavori. Quale sarà il trattamento fiscale?

R: In questo caso, poiché il cedente non è l’impresa di ristrutturazione, la cessione dell’immobile precedentemente accatastato come B/5 (strumentale) è imponibile a IVA solo in presenza di opzione per l’imponibilità, ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 8-ter del DPR 633/72. In assenza di tale opzione, la cessione sarà esente da IVA. L’imposta di registro sarà dovuta in misura proporzionale, mentre le imposte ipotecaria e catastale saranno dovute nella misura del 3% e 1% rispettivamente.

D: Un’impresa edile cede un fabbricato residenziale in corso di costruzione a un’altra impresa. Come sarà trattata questa cessione ai fini fiscali?

R: La cessione di un fabbricato residenziale in corso di costruzione è imponibile ai fini IVA, in quanto si tratta di un bene ancora nel circuito produttivo, indipendentemente dal fatto che il cessionario sia un’impresa o un privato cittadino. Le imposte di registro, ipotecaria e catastale saranno dovute in misura fissa (200 euro ciascuna), in virtù del principio di alternatività IVA-registro.

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