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IMU sugli immobili invenduti: la Consulta conferma l’obbligo di pagamento

23 Aprile, 2025

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 49 depositata il 17 aprile 2025, ha respinto le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito con modificazioni nella L. 22 dicembre 2011, n. 214). L’IMU rimane quindi esigibile anche sugli immobili delle imprese destinati alla vendita e temporaneamente non locati. Il collegio ha ritenuto la normativa compatibile con i parametri costituzionali di cui agli artt. 3 e 53 Cost., confermando la natura patrimoniale dell’imposta municipale.

Analisi dei profili costituzionali esaminati

La pronuncia affronta in modo analitico il tema della capacità contributiva ex art. 53 Cost. in relazione agli immobili non produttivi di reddito effettivo. Il Giudice delle leggi ha statuito che la mera titolarità di diritti reali sull’immobile integra un valido presupposto impositivo, prescindendo dall’effettivo utilizzo economico del bene. Tale principio si fonda sulla considerazione che il possessore conserva l’astratta facoltà di fruizione del bene, potendo disporne liberamente nell’ambito della propria autonomia imprenditoriale.

Nel dispositivo della sentenza si rileva che l’elemento dirimente consiste nella permanenza del bene nella sfera giuridica del soggetto passivo d’imposta. L’immobile invenduto, ancorché temporaneamente improduttivo di flussi reddituali, resta nella piena disponibilità del proprietario, che può in qualsiasi momento modificarne la destinazione economica. Tale situazione giuridica costituisce manifestazione di ricchezza tassabile ai sensi del citato parametro costituzionale.

Coordinamento sistematico con la precedente giurisprudenza costituzionale

La sentenza in esame si colloca in un rapporto di continuità logico-giuridica con il precedente orientamento espresso dalla Corte nella sentenza n. 60/2024, ove si era dichiarata l’illegittimità costituzionale della disciplina IMU nella parte in cui non prevedeva l’esenzione per immobili oggettivamente indisponibili nonostante l’esercizio di adeguata diligenza da parte del proprietario. La Consulta opera una raffinata distinzione tra le due fattispecie.

Il discrimine risiede nella concreta possibilità di esercizio delle facoltà dominicali. Nel caso degli immobili occupati sine titulo, per i quali sia stata esperita denuncia all’autorità giudiziaria, l’indisponibilità materiale del bene preclude al titolare qualsiasi forma di godimento o disposizione, integrando una situazione di oggettiva inidoneità a manifestare capacità contributiva. Diversamente, nell’ipotesi di immobili invenduti o temporaneamente sfitti, la mancata locazione o alienazione rappresenta l’esito di una determinazione imprenditoriale, persistendo in capo al titolare il pieno dominio sul bene e la facoltà di destinarlo a qualsiasi utilizzo economicamente apprezzabile.

Qualificazione giuridica dell’IMU nel sistema tributario

La pronuncia offre significativi spunti ricostruttivi circa la natura giuridica dell’imposta municipale. La Corte ribadisce inequivocabilmente la configurazione dell’IMU quale tributo di natura patrimoniale, il cui presupposto è costituito dal possesso di immobili ex art. 8, D.Lgs. n. 23/2011 e art. 13, D.L. n. 201/2011. Tale qualificazione risulta determinante ai fini della valutazione di legittimità costituzionale, in quanto consente di prescindere dalla concreta redditività del cespite.

La sentenza cristallizza un principio fondamentale nel diritto tributario: nelle imposte patrimoniali, la capacità contributiva si manifesta nella mera titolarità di diritti reali su beni potenzialmente produttivi, a prescindere dalla loro effettiva fruttuosità economica. Il legislatore, operando nell’ambito della propria discrezionalità costituzionalmente garantita, ha legittimamente individuato nella proprietà immobiliare un indice di ricchezza meritevole di imposizione, coerentemente con i principi di cui agli artt. 3 e 53 Cost. La mancanza di reddito effettivo, derivante da contingenti scelte gestionali, non inficia pertanto il presupposto del tributo.

Impatti sul comparto immobiliare e profili di fiscalità d’impresa

La pronuncia in esame produce effetti significativi sul regime fiscale delle società immobiliari e delle imprese di costruzione. Il consolidamento dell’orientamento giurisprudenziale circa l’imponibilità degli immobili invenduti comporta un aggravio fiscale per i soggetti economici detentori di patrimoni immobiliari destinati alla commercializzazione, con particolare incidenza in fasi di contrazione del mercato.

La questione assume rilevanza anche sotto il profilo contabile-fiscale. Le imprese del settore dovranno necessariamente considerare l’onere tributario derivante dall’IMU quale componente strutturale del costo di mantenimento degli assets immobiliari, con ripercussioni sulla determinazione del valore delle rimanenze e sulle politiche di bilancio. Si consideri, a titolo esemplificativo, l’ipotesi di una società di costruzioni che, a seguito del completamento di un intervento edilizio, detenga in magazzino unità immobiliari invendute: il prelievo IMU rappresenterà un costo ineludibile, suscettibile di incidere sulle strategie di pricing e sulla tempistica di dismissione del patrimonio, con potenziali ripercussioni sulla liquidità aziendale e sulla redditività complessiva dell’investimento.

Discrezionalità legislativa e prospettive de iure condendo

La Corte ribadisce un consolidato principio in materia tributaria: compete al legislatore, nell’esercizio della propria discrezionalità costituzionalmente garantita, la determinazione non solo dell’an, ma anche del quantum e delle modalità di applicazione di agevolazioni ed esenzioni fiscali (cfr. sentenza n. 72/2018). Tale affermazione delinea con chiarezza il perimetro entro cui può operare il sindacato di costituzionalità, limitato ai soli profili di manifesta irragionevolezza delle scelte legislative.

In prospettiva de iure condendo, permane la facoltà per il legislatore di introdurre regimi agevolativi specifici per determinate categorie di immobili improduttivi di reddito. Tali interventi normativi potrebbero articolarsi secondo diverse modalità tecniche: aliquote differenziate, deduzioni dalla base imponibile, crediti d’imposta o esenzioni temporanee. L’eventuale modulazione del prelievo dovrà necessariamente contemperare molteplici interessi: la tutela della capacità contributiva, le esigenze di gettito erariale, gli obiettivi di politica economica nel settore immobiliare e la coerenza sistematica dell’ordinamento tributario.

La pronuncia in commento, pur confermando la legittimità dell’attuale assetto normativo, lascia impregiudicata la possibilità di un intervento legislativo che, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, introduca meccanismi di mitigazione del carico fiscale per specifiche tipologie di immobili temporaneamente improduttivi.

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