L’Agenzia delle Entrate ha recentemente fornito importanti chiarimenti sulla deducibilità fiscale degli interessi passivi derivanti da atti di conciliazione e accertamenti con adesione. Con la Risposta n. 172 del 20 agosto 2024, l’Amministrazione finanziaria ha confermato sostanzialmente l’orientamento già espresso in precedenti documenti di prassi su questo tema di rilevante interesse per le imprese coinvolte in contenziosi fiscali.
Il caso esaminato
La Risposta n. 172/2024 trae origine da un’istanza di interpello presentata da una società che aveva ricevuto contestazioni dall’Agenzia delle Entrate in materia di transfer pricing per gli anni dal 2014 al 2018. La società aveva poi definito tali contestazioni attraverso atti di conciliazione e di accertamento con adesione, versando le relative imposte, sanzioni e interessi. Il dubbio interpretativo riguardava proprio il trattamento fiscale di questi interessi ai fini IRES e IRAP.
La posizione dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia ha ribadito che la deducibilità degli interessi passivi versati in relazione a maggiori imposte definite tramite conciliazione o adesione deve essere determinata applicando le modalità di calcolo previste dal TUIR al loro ammontare complessivo. Questo principio si applica indipendentemente dal fatto aziendale che ha generato tali interessi e dalla deducibilità o meno del costo al quale gli interessi sono collegabili.
Secondo l’Agenzia, gli interessi passivi correlati alla riscossione e all’accertamento delle imposte non differiscono da qualsiasi altro onere collegato al ritardo nell’adempimento di un’obbligazione. Pertanto, rientrano nella categoria generale degli interessi passivi prevista dal TUIR, separandosi dal regime impositivo del tributo cui accedono.
Il quadro normativo e interpretativo di riferimento
La posizione espressa dall’Agenzia delle Entrate si inserisce in un contesto interpretativo che ha visto diversi interventi nel corso degli anni:
- Già la Circolare ministeriale n. 7/1496 del 30 aprile 1977 si era espressa a favore della deducibilità degli interessi maggiorativi sui tributi previsti dal DPR 602/1973.
- La Risoluzione n. 178/2001 aveva esteso tale principio anche agli interessi di dilazione per il pagamento di ammende.
- La Risposta n. 541/2022 aveva precisato che gli interessi versati in esecuzione di accordi conciliativi sono integralmente deducibili nel periodo d’imposta in cui vengono sottoscritti gli accordi che ne prevedono il pagamento.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione
Anche la Corte di Cassazione si è pronunciata più volte sul tema, con orientamenti non sempre univoci:
- La sentenza n. 12990/2007 aveva ammesso la deducibilità degli interessi passivi da ritardata iscrizione a ruolo, distinguendoli dalle sanzioni.
- L’ordinanza n. 28740/2022 ha invece negato la deducibilità degli interessi moratori conseguenti al tardivo pagamento di un tributo, ritenendo che non originino dall’attività d’impresa.
- La sentenza n. 24930/2011 aveva ricondotto l’indeducibilità degli interessi moratori alla loro presunta natura sanzionatoria, tesi criticata da Assonime nella circolare n. 18/2012.
Implicazioni pratiche
Il chiarimento fornito dall’Agenzia delle Entrate con la Risposta n. 172/2024 ha importanti risvolti pratici per le imprese. Conferma la deducibilità degli interessi passivi su atti di conciliazione e accertamenti con adesione, semplifica il trattamento fiscale di tali oneri evitando di doverli collegare alla deducibilità o meno delle imposte cui si riferiscono, e offre maggiore certezza nella pianificazione fiscale e nella gestione dei contenziosi tributari.
Conclusioni
La Risposta n. 172/2024 dell’Agenzia delle Entrate rappresenta un importante tassello nel quadro interpretativo relativo alla deducibilità degli interessi passivi su atti di conciliazione e accertamenti con adesione. Confermando l’orientamento già espresso in precedenza, l’Amministrazione finanziaria fornisce alle imprese un punto di riferimento chiaro per la corretta determinazione del reddito imponibile in presenza di tali oneri. Resta da vedere se questo orientamento verrà confermato anche dalla giurisprudenza, in particolare dalla Corte di Cassazione, considerando i precedenti non sempre allineati su questo tema.