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La cessione di partecipazioni rivalutate: quando non è elusiva secondo l’Agenzia delle Entrate

28 Agosto, 2024

Nel complesso panorama fiscale italiano, l’Agenzia delle Entrate ha recentemente fornito importanti chiarimenti su un tema di grande interesse per molti imprenditori e professionisti: la cessione di partecipazioni societarie rivalutate. Con la risposta all’interpello n. 169/2024, l’Agenzia ha delineato un quadro più chiaro su quando tali operazioni non possono essere considerate elusive, offrendo così maggiore certezza agli operatori del settore.

Il caso esaminato: una situazione familiare comune

L’Agenzia delle Entrate si è trovata ad analizzare una situazione che molti imprenditori potrebbero riconoscere come familiare. Il caso riguardava una società a responsabilità limitata partecipata da tre fratelli, uno dei quali desiderava uscire dalla compagine sociale a causa di dissidi con gli altri due. Questa situazione non è infrequente nelle imprese familiari, dove le dinamiche personali possono intrecciarsi con quelle aziendali, rendendo necessarie riorganizzazioni societarie.

La strategia proposta: un’uscita pianificata

Per consentire l’uscita del socio dissenziente, gli altri due fratelli hanno elaborato una strategia articolata in più fasi. Inizialmente, hanno previsto la costituzione di due holding unipersonali, una per ciascun fratello acquirente. Successivamente, hanno pianificato il conferimento delle partecipazioni già detenute nelle nuove holding. Il passo successivo prevedeva l’ottenimento di un finanziamento bancario da parte delle holding, finalizzato all’acquisto della partecipazione del fratello uscente, che era stata precedentemente rivalutata ai sensi dell’art. 5 della L. 448/2001. Infine, il piano prevedeva il rimborso del prestito bancario attraverso le future distribuzioni di dividendi.

Questa struttura operativa, seppur complessa, mirava a raggiungere l’obiettivo di liquidare il socio uscente in modo efficiente sia dal punto di vista finanziario che fiscale. La complessità dell’operazione, tuttavia, ha sollevato dubbi sulla sua possibile qualificazione come abusiva dal punto di vista fiscale.

Il timore dell’abuso del diritto

Il timore principale che ha spinto la società a richiedere un interpello all’Agenzia delle Entrate era quello di incorrere in una contestazione di abuso del diritto, come previsto dall’art. 10-bis della L. 212/2000. Questo timore non era infondato, considerando alcuni precedenti della prassi dell’Agenzia che avevano censurato operazioni apparentemente simili. In particolare, la società temeva che l’operazione potesse essere riqualificata come un recesso tipico, anziché come una vera e propria cessione di partecipazione, il che avrebbe potuto invalidare l’efficacia della rivalutazione della partecipazione.

La risposta dell’Agenzia

La risposta dell’Agenzia delle Entrate ha rappresentato una boccata d’ossigeno per gli istanti e, più in generale, per tutti coloro che si trovano in situazioni analoghe. L’Agenzia ha infatti rilevato l’assenza di qualsiasi vantaggio fiscale indebito nell’operazione proposta, rendendo così superflua l’analisi degli altri presupposti dell’abuso del diritto.

Gli elementi chiave della non elusività

Analizzando la risposta dell’Agenzia, emergono alcuni elementi fondamentali che hanno portato a escludere l’elusività dell’operazione. In primo luogo, l’operazione inizia con un doppio conferimento in regime di realizzo controllato ex art. 177 comma 2-bis del TUIR. Questo passaggio, reso necessario dalle esigenze di finanziamento bancario, non fa emergere plusvalenze fiscali, a condizione che il patrimonio netto della conferitaria non ecceda il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione conferita.Il passaggio cruciale è la rivalutazione e successiva cessione della partecipazione del socio uscente. Questo permette di sostituire il regime fiscale ordinario (tassazione del 26% sulla plusvalenza) con il pagamento di un’imposta sostitutiva inferiore (attualmente il 16% sull’intero importo rivalutato).

L’Agenzia ha riconosciuto la legittimità di questa scelta, qualificando l’operazione come una vera e propria cessione di partecipazione e non come un recesso tipico.Un elemento chiave evidenziato dall’Agenzia è la fuoriuscita definitiva del socio cedente, che non mantiene alcun ruolo o interesse nella società.

Questo aspetto distingue il caso in esame da situazioni precedenti in cui l’Agenzia aveva ravvisato comportamenti elusivi, come nel caso del principio di diritto n. 20/2019, dove il cedente continuava a mantenere un interesse nella società.Infine, l’Agenzia ha riconosciuto la legittimità della deduzione degli interessi passivi derivanti dal finanziamento bancario, sottolineando la simmetria fiscale tra la deduzione per le holding e l’imposizione in capo alle banche erogatrici.

Conclusioni

La risposta dell’Agenzia delle Entrate all’interpello n. 169 rappresenta un precedente importante nel panorama fiscale italiano. Essa fornisce linee guida chiare per operazioni di riorganizzazione societaria che coinvolgono la cessione di partecipazioni rivalutate, offrendo maggiore certezza agli operatori economici.Questo chiarimento è particolarmente rilevante per le imprese familiari, spesso alle prese con la necessità di gestire l’uscita di soci in modo fiscalmente efficiente. La chiave per evitare contestazioni sembra risiedere nella genuinità dell’operazione, nella sua sostanza economica e nella definitività dell’uscita del socio cedente.

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