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La disciplina fiscale della cessione del contratto preliminare: regime IVA e caparra confirmatoria

6 Marzo, 2025

Nel panorama delle transazioni immobiliari, la cessione del contratto preliminare rappresenta un’operazione con importanti risvolti fiscali che meritano attenzione. Quando un soggetto passivo IVA cede a titolo oneroso un contratto preliminare, si configura una prestazione di servizi soggetta ad IVA, con conseguenze rilevanti anche in termini di imposta di registro. Parallelamente, è fondamentale comprendere la differenza tra caparra confirmatoria e acconto, elementi spesso presenti nei contratti preliminari, che seguono regimi fiscali completamente diversi. La caparra, avendo natura risarcitoria, resta fuori dal campo IVA, mentre l’acconto, essendo parte del corrispettivo, vi rientra pienamente.

Il contratto preliminare e i suoi elementi accessori

Il contratto preliminare rappresenta un accordo con cui le parti si obbligano reciprocamente alla stipulazione di un futuro contratto definitivo. Nella prassi delle transazioni immobiliari, questo strumento è spesso accompagnato dal versamento di somme di denaro che possono configurarsi come caparra confirmatoria o come acconto sul prezzo.

La distinzione tra questi due istituti è cruciale sotto il profilo civilistico e fiscale. La caparra confirmatoria, disciplinata dall’articolo 1385 del Codice Civile, non rappresenta un’anticipazione del prezzo, ma assolve a una funzione di garanzia e rafforzamento dell’obbligazione contrattuale. In caso di inadempimento, la parte adempiente può recedere dal contratto trattenendo la caparra ricevuta o esigendo il doppio di quella versata, rappresentando quindi una liquidazione anticipata del danno.

L’acconto, invece, costituisce a tutti gli effetti un pagamento parziale e anticipato del corrispettivo pattuito, destinato ad essere imputato al prezzo finale al momento della stipula del contratto definitivo.

Come sottolineato dalla Corte di Cassazione in diverse pronunce, affinché una somma versata sia qualificabile come caparra confirmatoria, è necessario che le parti abbiano espressamente attribuito a tale versamento non solo la funzione di anticipazione della prestazione, ma anche quella specifica di garanzia dell’obbligazione contrattuale.

Per chiarire con un esempio: se Tizio e Caio stipulano un preliminare per la vendita di un immobile a 300.000 euro e Tizio versa 30.000 euro come “caparra confirmatoria”, questa somma servirà a garantire l’adempimento. Se Tizio si tira indietro ingiustificatamente, Caio potrà trattenere i 30.000 euro. Se invece è Caio a non rispettare gli accordi, Tizio potrà esigere 60.000 euro (il doppio della caparra).

Regime IVA della cessione del contratto preliminare

La cessione a titolo oneroso di un contratto preliminare effettuata da un soggetto passivo IVA ricade nell’ambito di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto. Questo principio deriva direttamente dall’articolo 3, comma 2, numero 5, del D.P.R. 633/1972, che qualifica espressamente come prestazioni di servizi soggette a IVA “le cessioni di contratto di ogni tipo e oggetto“.

Considerando il principio di alternatività tra IVA e imposta di registro, sancito dall’articolo 40 del D.P.R. 131/1986, l’operazione sarà soggetta all’imposta di registro nella misura fissa di 200 euro.

Un aspetto da considerare attentamente riguarda il corrispettivo della cessione. Se il cessionario si impegna a rimborsare al cedente parte della caparra confirmatoria già versata, questa somma assume la natura di corrispettivo della cessione del contratto e sarà quindi soggetta a IVA, nonostante la caparra in sé non lo sia. Questo punto è stato chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello n. 95/E/2022, benché tale interpretazione appaia discutibile quando la cessione è formalmente a titolo gratuito.

È importante notare che la cessione del contratto preliminare a un terzo comporta una sostituzione del promittente acquirente che avviene a titolo derivato e con effetto ex nunc (non retroattivo). Questo significa che si creano due momenti giuridicamente distinti, con differenti parti contrattuali.

Trattamento fiscale della caparra confirmatoria e dell’acconto

Il diverso inquadramento civilistico di caparra confirmatoria e acconto si riflette in un trattamento fiscale nettamente differenziato.

La caparra confirmatoria, avendo natura risarcitoria e non rappresentando il corrispettivo di una prestazione, è esclusa dall’ambito di applicazione dell’IVA per mancanza del presupposto oggettivo previsto dagli articoli 2 e 3 del D.P.R. 633/1972. Questo principio è stato confermato dalla prassi amministrativa, in particolare con la risoluzione del MEF n. 411673/1977.

Tuttavia, è fondamentale precisare che se la caparra, in caso di adempimento del contratto, viene imputata al corrispettivo al momento della stipula del contratto definitivo, concorrerà a formare la base imponibile dell’operazione e sarà quindi soggetta a IVA in quella sede.

L’acconto sul prezzo, invece, costituendo un’anticipazione del corrispettivo, è immediatamente rilevante ai fini IVA e comporta l’obbligo di emissione della fattura da parte del soggetto passivo d’imposta che lo riceve, con applicazione dell’aliquota vigente al momento del pagamento.

Se prendiamo il caso di un costruttore che vende un appartamento di nuova costruzione a 250.000 euro più IVA al 4%, e l’acquirente versa 50.000 euro come acconto, il costruttore dovrà emettere immediatamente fattura per 50.000 euro più IVA al 4% (2.000 euro). Se invece la somma viene qualificata come “caparra confirmatoria”, non sarà soggetta ad IVA al momento del versamento.

Caparra con duplice funzione

Nella pratica contrattuale è frequente attribuire alla somma versata in sede di preliminare una duplice funzione: quella di caparra confirmatoria e quella di acconto sul prezzo. In questo caso, le parti attribuiscono espressamente alla somma, oltre alla funzione risarcitoria propria della caparra, anche quella di anticipazione del corrispettivo.

Questa doppia qualificazione è rilevante ai fini fiscali, poiché la somma, in quanto acconto, sarà soggetta a IVA al momento del pagamento. La formula utilizzata nei contratti è solitamente “mediante imputazione al prezzo a titolo di caparra confirmatoria e acconto prezzo”.

Come chiarito dall’Amministrazione finanziaria nella risoluzione n. 197/E/2007, recependo l’orientamento della Corte di Cassazione, nei casi in cui sia dubbia l’effettiva intenzione delle parti, le somme versate prima della stipulazione del contratto definitivo devono ritenersi corrisposte a titolo di acconto, non potendosi presumere che le parti si siano tacitamente assoggettate a una “pena civile” come quella rappresentata dalla caparra confirmatoria.

Dichiarazione di nomina e sue conseguenze fiscali

Un aspetto particolare riguarda il contratto preliminare stipulato con riserva di nomina di altro contraente, disciplinato dall’articolo 1401 del Codice Civile. In questa fattispecie, una parte (lo stipulante) si riserva la facoltà di nominare successivamente la persona che dovrà acquistare i diritti e assumere gli obblighi derivanti dal contratto.

Ai fini dell’IVA, la giurisprudenza ha escluso la portata retroattiva della dichiarazione di nomina. Con l’ordinanza n. 7340/2020, la Corte di Cassazione ha chiarito che il diritto alla detrazione dell’IVA sorge solo in capo a chi ha effettivamente realizzato il presupposto che fa sorgere tale diritto, ossia il soggetto che ha pagato l’imposta.

Questo significa che se il pagamento dell’acconto è stato effettuato da un soggetto diverso da quello nominato successivamente come acquirente definitivo, il diritto alla detrazione spetta solo al primo e non può essere trasferito al secondo, nonostante la nomina abbia effetto retroattivo dal punto di vista civilistico.

Tale conclusione si basa sul principio di simmetria tra esigibilità e detraibilità dell’IVA. L’articolo 19, comma 1, del D.P.R. 633/1972 stabilisce infatti che “il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile”.

Immaginiamo che Mario stipuli un preliminare per l’acquisto di un immobile commerciale, versando 50.000 euro di acconto con relativa IVA. Si riserva di nominare un altro acquirente e, al momento del definitivo, nomina la sua società. Secondo la Cassazione, il diritto alla detrazione dell’IVA sull’acconto spetta a Mario personalmente e non alla società, nonostante la nomina.

Imposta di registro su acconto e caparra confirmatoria

Il trattamento dell’imposta di registro per acconto e caparra confirmatoria varia a seconda che il trasferimento immobiliare oggetto del contratto preliminare sia soggetto a imposta di registro proporzionale o a IVA.

Nel caso di trasferimento soggetto a imposta di registro proporzionale:

  • Se il preliminare prevede la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria, l’imposta di registro è dovuta nella misura dello 0,50%, ai sensi del combinato disposto degli articoli 6 e 10 della Tariffa, Parte I, del D.P.R. 131/1986.
  • Se il preliminare prevede il versamento di un acconto, l’imposta di registro si applica nella misura del 3%.

L’imposta pagata in relazione alla caparra confirmatoria e agli acconti viene scomputata da quella dovuta in sede di registrazione del contratto definitivo.

Per i trasferimenti immobiliari soggetti a IVA:

  • La caparra confirmatoria non è soggetta a IVA ma all’imposta di registro nella misura proporzionale dello 0,50%.
  • L’acconto è soggetto a IVA e all’imposta di registro nella misura fissa di 200 euro.

In questo secondo caso, l’imposta di registro proporzionale pagata sulla caparra confirmatoria non può essere recuperata, poiché il contratto definitivo, in base al principio di alternatività, non è soggetto all’imposta proporzionale di registro ma a quella fissa.

Per evitare questa perdita fiscale, nella prassi si attribuisce spesso alla somma versata la duplice funzione di caparra e acconto, evitando così l’applicazione dell’imposta di registro proporzionale dello 0,50% e pagando solo quella fissa di 200 euro.

In sintesi

IN SINTESI


Quali sono le implicazioni fiscali della cessione del contratto preliminare? La cessione a titolo oneroso di un contratto preliminare da parte di un soggetto passivo IVA è considerata una prestazione di servizi soggetta ad IVA, come stabilito dall’articolo 3, comma 2, n. 5 del D.P.R. 633/1972. Inoltre, si applica l’imposta di registro nella misura fissa di 200 euro, in base al principio di alternatività tra IVA e imposta di registro sancito dall’articolo 40 del D.P.R. 131/1986.


Qual è la differenza tra caparra confirmatoria e acconto? La caparra confirmatoria ha una funzione risarcitoria e di garanzia, escludendola dall’ambito IVA. In caso di inadempimento, la parte adempiente può trattenerla o richiedere il doppio di quanto versato. L’acconto, invece, è un pagamento parziale del prezzo finale e rientra nell’ambito IVA, con obbligo di fatturazione.


Come viene trattata fiscalmente la cessione di un contratto preliminare con caparra confirmatoria? Se il cessionario rimborsa al cedente una caparra già versata, tale somma assume la natura di corrispettivo della cessione e diventa imponibile IVA, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 95/E/2022.


Cosa accade se una somma ha una duplice funzione di caparra e acconto? Se una somma viene qualificata sia come caparra confirmatoria sia come acconto sul prezzo, la parte imputata ad acconto sarà soggetta a IVA già al momento del pagamento. Questa soluzione viene spesso adottata per ottimizzare il carico fiscale.


Quali sono le conseguenze fiscali della dichiarazione di nomina? La dichiarazione di nomina non ha effetti retroattivi ai fini IVA. Se un soggetto versa un acconto e poi nomina un altro acquirente, il diritto alla detrazione dell’IVA spetta solo al soggetto che ha effettuato il pagamento, come confermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 7340/2020.


Come si applica l’imposta di registro su caparra e acconto? Se il trasferimento è soggetto a imposta di registro proporzionale, la caparra sconta un’imposta dello 0,50% mentre l’acconto è tassato al 3%. Se l’operazione è soggetta a IVA, la caparra è comunque soggetta all’imposta di registro dello 0,50%, mentre l’acconto è soggetto a IVA e all’imposta di registro fissa di 200 euro. Per evitare perdite fiscali, si ricorre spesso alla doppia qualificazione di caparra e acconto.

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