Il panorama fiscale per i professionisti si arricchisce di una significativa novità a partire dal 2025. La riforma del reddito di lavoro autonomo introdotta dal D. Lgs. 192/2024 stabilisce che i rimborsi spese percepiti dai professionisti non concorreranno più alla formazione del reddito imponibile. Questa modifica, che interessa le somme rimborsate analiticamente dal committente per spese sostenute nell’esecuzione dell’incarico, presenta però un importante distinguo: mentre tali rimborsi escono dal perimetro della tassazione diretta, rimangono comunque soggetti all’applicazione dell’IVA. Questo articolo analizza il nuovo regime, illustrando le condizioni di applicabilità, le eccezioni e le implicazioni pratiche per i professionisti.
La novità normativa sui rimborsi spese dei professionisti
Il D. Lgs. 192/2024 ha riscritto il testo dell’articolo 54, comma 2, lettera b) del TUIR, stabilendo una svolta significativa nella gestione fiscale dei rimborsi spese dei professionisti. A partire dal periodo d’imposta 2025, le somme percepite a titolo di rimborso per spese sostenute nell’esecuzione di un incarico professionale e addebitate in modo analitico al committente non concorreranno più alla formazione del reddito imponibile.
Questo cambiamento riguarda, ad esempio, le spese di trasferta, i costi di vitto e alloggio, nonché le altre spese documentate sostenute direttamente dal professionista ma riferibili specificamente all’incarico ricevuto. La riforma risponde a un’esigenza di maggiore chiarezza nella distinzione tra compensi professionali veri e propri e semplici rimborsi di costi anticipati per conto del cliente.
Va sottolineato che la disposizione si applica esclusivamente ai rimborsi analiticamente addebitati, cioè a quelle spese che vengono puntualmente documentate e dettagliate in fattura, e non ai rimborsi forfettari che continuano a seguire le regole ordinarie.
Il meccanismo di non deducibilità delle spese rimborsate
La medaglia ha però due facce. Se da un lato i rimborsi non concorrono più alla formazione del reddito, dall’altro lato le relative spese diventano fiscalmente indeducibili per il professionista. Questa è la logica conseguenza dell’esclusione dei rimborsi dal reddito imponibile: non si può dedurre un costo che corrisponde a un importo non tassato.
Il nuovo articolo 54-ter, comma 1, del TUIR sancisce infatti espressamente questo principio di simmetria fiscale, impedendo la deduzione di spese che, essendo rimborsate, non rappresentano un effettivo componente negativo di reddito per il professionista.
Immaginiamo l’avvocato Rossi che sostiene spese di trasferta per 500 euro per partecipare a un’udienza per conto del cliente Bianchi. Se tali spese vengono rimborsate analiticamente, l’avvocato Rossi non potrà dedurle dal proprio reddito professionale, ma al contempo non dovrà includere i 500 euro ricevuti nel proprio reddito imponibile.
Quando le spese diventano deducibili nonostante tutto
La normativa prevede alcune situazioni specifiche in cui le spese sostenute dal professionista diventano deducibili anche se teoricamente rimborsabili dal cliente. Queste circostanze si verificano quando il professionista, pur avendo diritto al rimborso, di fatto non riesce a ottenerlo.
In particolare, le spese diventano deducibili a partire dalla data in cui:
- Il committente ha avviato o è stato sottoposto a procedure concorsuali secondo il codice della crisi d’impresa (D. Lgs. 14/2019) o procedure estere equivalenti in Stati con adeguato scambio di informazioni;
- La procedura esecutiva individuale verso il committente si è conclusa infruttuosamente;
- Il diritto alla riscossione del credito corrispondente si è prescritto.
Inoltre, le spese di importo non superiore a 2.500 euro (comprensive del compenso relativo) non rimborsate dal committente entro un anno dalla loro fatturazione diventano comunque deducibili a partire dal periodo d’imposta in cui scade tale termine annuale.
Questo meccanismo offre una rete di sicurezza per il professionista che, pur avendo anticipato spese rimborsabili, si trova nell’impossibilità pratica di ottenerne il rimborso.
Il trattamento IVA: l’aspetto spesso sottovalutato
Mentre la riforma ha semplificato il quadro fiscale ai fini delle imposte dirette, il trattamento ai fini IVA dei rimborsi spese resta sostanzialmente invariato, creando una discrasia tra imposte dirette e indirette che merita particolare attenzione.
Il riaddebito delle spese sostenute dal professionista nell’esecuzione dell’incarico, infatti, resta generalmente imponibile ai fini IVA. Questo perché non si configura l’ipotesi di non imponibilità prevista dall’articolo 15, comma 1, n. 3, del D.P.R. 633/1972, che riguarda esclusivamente le somme anticipate “in nome e per conto” del committente.
La distinzione è sottile ma determinante. Quando il professionista sostiene spese “per conto” del cliente, ma non “in nome” del cliente (cioè le fatture/ricevute sono intestate al professionista e non al cliente), tali spese non possono essere considerate semplici anticipazioni escluse dal campo di applicazione dell’IVA.
Prendiamo ad esempio un commercialista che si reca in un’altra città per assistere un cliente in una verifica fiscale. Le spese di viaggio, vitto e alloggio, pur sostenute nell’interesse del cliente e successivamente rimborsate, sono intestate al commercialista stesso e quindi soggette ad IVA quando vengono riaddebitate.
La differenza cruciale tra “in nome e per conto” e “per conto”
Per comprendere appieno il trattamento IVA dei rimborsi spese, è essenziale distinguere tra due fattispecie:
- Anticipazioni “in nome e per conto”: Si tratta di spese per le quali il documento fiscale (fattura/ricevuta) è intestato direttamente al cliente, mentre il professionista si limita ad anticiparne il pagamento. Queste somme sono escluse dalla base imponibile IVA ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. 633/1972. Un esempio classico è il pagamento del contributo unificato per una causa legale o le imposte di registro per la registrazione di un contratto;
- Spese sostenute “per conto”: Si tratta di spese sostenute dal professionista nell’interesse del cliente, ma con documentazione fiscale intestata al professionista stesso. Queste spese, come i costi di trasferta o di vitto e alloggio durante una missione professionale, sono soggette ad IVA quando vengono riaddebitate.
La distinzione è ben evidenziata da questa semplice regola: se la spesa ha come intestatario formale il cliente, si tratta di un’anticipazione esclusa da IVA; se invece l’intestatario è il professionista, si tratta di un costo riaddebitabile soggetto a IVA.
L’aliquota IVA applicabile ai rimborsi spese
Un aspetto spesso sottovalutato riguarda l’aliquota IVA da applicare al riaddebito delle spese. La normativa è chiara su questo punto: in assenza di un mandato senza rappresentanza, il riaddebito deve avvenire applicando l’aliquota ordinaria del 22%, indipendentemente dall’aliquota originariamente applicata alla spesa sostenuta.
Quindi, se un avvocato riaddebita al cliente le spese di soggiorno in hotel (soggette all’aliquota del 10%), dovrà comunque applicare l’aliquota del 22% in fattura. Questo perché l’oggetto dell’incarico è la prestazione professionale, non la rivendita di servizi alberghieri o di ristorazione.
Tale interpretazione deriva dal fatto che il professionista non agisce come intermediario nella fornitura di servizi alberghieri o di ristorazione, ma eroga una prestazione professionale complessa che include anche il sostenimento di alcune spese.
Il diritto alla detrazione IVA per il professionista
Sul fronte della detrazione dell’IVA sulle spese sostenute, il professionista mantiene il diritto a detrarre l’imposta pagata sugli acquisti, nei limiti e alle condizioni previste dall’articolo 19 del D.P.R. 633/1972, anche se le relative spese vengono successivamente rimborsate dal cliente.
Ciò significa che, ad esempio, l’IVA pagata su un pernottamento in hotel per motivi professionali può essere detratta dal professionista, nonostante il costo venga successivamente riaddebitato al cliente e non concorra alla formazione del reddito professionale.
Ovviamente, la detrazione resta soggetta ai normali vincoli di inerenza all’attività professionale e alle limitazioni specifiche previste per determinate categorie di spese (come la detraibilità parziale per le spese di rappresentanza).
Esempi pratici di applicazione della nuova disciplina
Per chiarire ulteriormente l’applicazione pratica delle nuove disposizioni, esaminiamo alcuni casi concreti:
Esempio 1: Trasferta professionale
Un consulente aziendale di Milano si reca a Roma per un incontro con un cliente. Sostiene spese per:
- Biglietto aereo: 200 euro + IVA 22% (44 euro)
- Hotel: 150 euro + IVA 10% (15 euro)
- Ristorante: 80 euro + IVA 10% (8 euro)
Trattamento fiscale:
- Imposte dirette: Le spese totali di 430 euro, se analiticamente riaddebitate al cliente, non concorrono alla formazione del reddito professionale e non sono deducibili per il consulente.
- IVA: Il consulente può detrarre l’IVA pagata (67 euro in totale) e, nel riaddebitare le spese al cliente, applicherà l’IVA con aliquota 22% sull’intero importo di 430 euro.
Esempio 2: Spese “in nome e per conto” vs. spese “per conto”
Un commercialista sostiene:
- Diritti camerali per il deposito di un bilancio: 100 euro (pagati per conto del cliente, con ricevuta intestata al cliente);
- Spese di trasferta per recarsi alla Camera di Commercio: 50 euro (con ricevute intestate al commercialista).
Trattamento fiscale:
- Diritti camerali: Esclusi da IVA (art. 15 DPR 633/72) perché sostenuti “in nome e per conto” del cliente;
- Spese di trasferta: Escluse dal reddito ma soggette a IVA 22% quando riaddebitate, perché sostenute “per conto” ma non “in nome” del cliente.
Implicazioni operative e suggerimenti pratici
La nuova disciplina dei rimborsi spese richiede alcuni adeguamenti operativi nella gestione amministrativa e contabile dello studio professionale:
- Separazione chiara in fattura: È opportuno evidenziare distintamente in fattura i compensi professionali dai rimborsi spese, dettagliando analiticamente questi ultimi;
- Conservazione accurata della documentazione: La natura analitica del riaddebito richiede la conservazione puntuale di tutti i documenti giustificativi delle spese;
- Attenzione alle tempistiche: Per le spese non rimborsate, è importante monitorare il decorso del termine annuale per la corretta deduzione fiscale;
- Distinzione tra anticipazioni e rimborsi: È fondamentale distinguere chiaramente tra somme anticipate “in nome e per conto” del cliente (escluse da IVA) e spese sostenute “per conto” del cliente (soggette a IVA).
Conclusioni
La riforma del 2024 ha introdotto una significativa semplificazione nella gestione fiscale dei rimborsi spese per i professionisti, eliminando tali somme dalla base imponibile ai fini delle imposte dirette. Tuttavia, la permanenza dell’imponibilità ai fini IVA crea un sistema a doppio binario che richiede particolare attenzione nella gestione amministrativa e contabile.
I professionisti dovranno prestare particolare cura alla corretta distinzione tra spese anticipate “in nome e per conto” del cliente e spese sostenute semplicemente “per conto” del cliente, poiché da tale distinzione dipende il corretto trattamento IVA delle somme riaddebitate.
L’approccio più prudente consiste nel documentare con precisione ogni spesa riaddebitabile, conservando tutti i giustificativi e indicando analiticamente in fattura la natura e l’importo di ciascuna voce di spesa.
In sintesi
IN SINTESI Qual è la novità principale per i professionisti dal 2025? Dal 2025 i rimborsi spese analitici non concorrono più alla formazione del reddito imponibile, pur restando soggetti a IVA. Quali sono le implicazioni ai fini delle imposte dirette? Le spese rimborsate non possono essere dedotte, poiché non rappresentano un costo effettivo per il professionista. Cosa accade quando il professionista non riesce a ottenere il rimborso? Le spese diventano deducibili se il rimborso non avviene per procedure concorsuali del committente, esecuzioni infruttuose, prescrizione del credito o mancato pagamento entro un anno per importi fino a 2.500 euro. Qual è il trattamento ai fini IVA? I rimborsi spese restano imponibili, a meno che non si tratti di anticipazioni “in nome e per conto” del cliente, escluse dall’IVA per previsione normativa. Come distinguere tra “in nome e per conto” e semplici rimborsi di spese? Se la fattura è intestata al cliente, è un’anticipazione esclusa da IVA; se è intestata al professionista, il riaddebito è soggetto a IVA al 22%. Quali accorgimenti pratici sono consigliati? Tenere separati in fattura compensi e rimborsi, conservare la documentazione giustificativa e monitorare i termini per eventuali spese non recuperate. |