info@studiopizzano.it

Chiama: 0825 1686748

La gestione del bar interno nelle associazioni sportive: aspetti fiscali e commerciali

18 Aprile, 2024

La gestione di un bar interno da parte di un’associazione rappresenta un’attività commerciale a tutti gli effetti, anche se rivolta esclusivamente ai propri soci. Questo orientamento è stato confermato più volte dall’Agenzia delle Entrate e dalla giurisprudenza. L’inquadramento fiscale di tale attività va analizzato sia ai fini IVA che delle imposte sui redditi, tenendo conto di alcune specifiche eccezioni previste per le associazioni di promozione sociale. Inoltre, la Cassazione ha chiarito che la gestione di un bar interno con un’organizzazione stabile e la corresponsione di corrispettivi specifici configura un’attività commerciale, i cui proventi sono imponibili.

Inquadramento fiscale della gestione del bar interno

Dal punto di vista fiscale, la gestione di un bar interno da parte di un’associazione rientra nell’ambito delle attività commerciali. L’art. 4, comma 5, lett. d) del DPR 633/72 considera attività commerciale la somministrazione di pasti, anche se non viene fatta esplicita menzione delle bevande. Questo aveva inizialmente fatto pensare che la somministrazione di bevande potesse non essere rilevante ai fini IVA, ma tale interpretazione è stata superata.

L’art. 148, comma 3 del TUIR (DPR 917/86) stabilisce che, sia ai fini IVA che ai fini IRES, per le associazioni politiche, sindacali, di categoria, religiose, assistenziali, culturali e sportive, le prestazioni specifiche rese ai soci dietro compensi ad hoc, anche sotto forma di contribuzione supplementare, non si considerano svolte nell’esercizio di attività commerciale purché effettuate in conformità alle finalità istituzionali. Tuttavia, la somministrazione di alimenti e bevande non può considerarsi coerente con tali finalità, né meritevole di decommercializzazione dei relativi corrispettivi.

Un’eccezione è prevista dall’art. 148, comma 5 del TUIR per le associazioni di promozione sociale riconosciute dal Ministero dell’Interno. Per queste, la somministrazione di alimenti e bevande presso la sede sociale non si considera attività commerciale, a condizione che sia strettamente complementare alle finalità istituzionali e rivolta ai soli soci e partecipanti. Questa deroga conferma ulteriormente che, per tutte le altre associazioni, la gestione di un bar interno ha natura commerciale.

La posizione della giurisprudenza

Diverse sentenze della Cassazione hanno confermato la natura commerciale dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande da parte delle associazioni, anche se rivolta ai soli soci. In particolare, la sentenza n. 7953/2007 ha chiarito che tale attività non rientra nelle finalità istituzionali di un circolo sportivo, culturale o ricreativo e va quindi considerata commerciale, con i relativi proventi soggetti a IRES e IVA. Non assume rilevanza il fatto che l’autorizzazione amministrativa segua un iter semplificato, che l’attività sia destinata ai soli soci o che i prezzi siano inferiori a quelli di mercato.

La sentenza fa riferimento alla gestione abituale di un bar, con un’organizzazione stabile e non occasionale, dotata di beni e attrezzature specifiche e con la corresponsione di corrispettivi. Non rientrano quindi le somministrazioni saltuarie effettuate in occasione di eventi o manifestazioni organizzate dall’associazione.Un’altra sentenza (n. 25463/2008) ha stabilito che un circolo che distribuisce bevande a pagamento e rilascia tessere a chiunque è da considerarsi “aperto al pubblico” e svolge quindi attività commerciale ai fini fiscali.

Requisiti per la gestione di un bar interno

Per poter gestire un bar interno, un’associazione deve:

  1. Essere titolare di partita IVA e versare all’erario l’IVA e le imposte sui corrispettivi incassati, rispettando le scadenze e le aliquote previste dal regime fiscale adottato (solitamente il regime della Legge 398/1991 per le ASD).
  2. Trasmettere annualmente le dichiarazioni fiscali.
  3. Presentare la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) al Comune, allegando:
    • Affiliazione a un ente riconosciuto
    • Tipo di attività di somministrazione
    • Ubicazione e superficie dei locali adibiti alla somministrazione
  4. Rispettare i requisiti dei locali:
    • Ubicazione all’interno della sede dell’associazione, senza accesso diretto da luoghi pubblici
    • Assenza di insegne o indicazioni esterne che pubblicizzino l’attività di somministrazione
    • Somministrazione riservata ai soli soci
  5. Avere lo statuto contenente le disposizioni che assicurano l’assenza di scopo di lucro, la democraticità della struttura e l’elettività delle cariche associative.
  6. Ottenere l’autorizzazione per la somministrazione di alimenti e bevande.
  7. Rispettare le norme igienico-sanitarie e di sicurezza.

Esempi pratici

  • Un’associazione sportiva dilettantistica gestisce un bar presso la propria sede, somministrando alimenti e bevande ai soci dopo gli allenamenti e le partite. I proventi di tale attività sono da considerarsi commerciali e soggetti a tassazione.
  • Un circolo culturale organizza saltuariamente delle cene a tema per i propri soci, facendo pagare un contributo per coprire le spese. Non avendo un’organizzazione stabile, tali eventi non configurano un’attività commerciale.

Conclusioni

In sintesi, la gestione di un bar interno da parte di un’associazione costituisce un’attività commerciale, i cui proventi sono imponibili ai fini fiscali. Fanno eccezione le associazioni di promozione sociale riconosciute, per le quali tale attività, se strettamente connessa alle finalità istituzionali e rivolta ai soli soci, non si considera commerciale. La giurisprudenza ha confermato questo orientamento, chiarendo che l’organizzazione stabile di un bar con la corresponsione di corrispettivi configura un’attività commerciale, indipendentemente dalle agevolazioni amministrative, dalla limitazione ai soli soci o dai prezzi praticati.

Per poter gestire un bar interno, l’associazione deve rispettare una serie di requisiti fiscali, amministrativi e strutturali, tra cui l’apertura della partita IVA, la presentazione della SCIA al Comune, il possesso di uno statuto conforme e l’autorizzazione. I locali devono essere ubicati all’interno della sede, senza accesso diretto dall’esterno, e la somministrazione deve essere riservata ai soli soci.


Domande e risposte

D: Un’associazione sportiva dilettantistica può gestire un bar interno senza che questo configuri un’attività commerciale?

R: No, la gestione di un bar interno da parte di un’associazione sportiva dilettantistica è da considerarsi un’attività commerciale a tutti gli effetti, anche se rivolta ai soli soci. I relativi proventi sono quindi soggetti a tassazione ai fini IRES e IVA.

D: Cosa differenzia la somministrazione occasionale di alimenti e bevande da parte di un’associazione dalla gestione di un bar vero e proprio?

R: La gestione di un bar presuppone un’organizzazione stabile e non occasionale, con la presenza di beni e attrezzature specifiche e la corresponsione di corrispettivi. Le somministrazioni saltuarie effettuate in occasione di eventi o manifestazioni organizzate dall’associazione non rientrano in questa casistica e non configurano un’attività commerciale.

D: Esistono eccezioni alla natura commerciale dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande per le associazioni?

R: Sì, l’art. 148, comma 5 del TUIR prevede un’eccezione per le associazioni di promozione sociale riconosciute dal Ministero dell’Interno. Per queste, la somministrazione di alimenti e bevande presso la sede sociale non si considera attività commerciale, purché sia strettamente complementare alle finalità istituzionali e rivolta esclusivamente ai soci e partecipanti.

D: Quali sono i principali requisiti che un’associazione deve rispettare per poter gestire un bar interno?

R: Per gestire un bar interno, l’associazione deve essere titolare di partita IVA, presentare la SCIA al Comune, avere uno statuto conforme, ottenere l’autorizzazione  e rispettare le norme igienico-sanitarie e di sicurezza. I locali devono essere ubicati all’interno della sede, senza accesso diretto dall’esterno, e la somministrazione deve essere riservata ai soli soci.

D: La gestione di un bar interno da parte di un’associazione può essere considerata attività istituzionale?

R: No, la somministrazione di alimenti e bevande non può essere considerata coerente con le finalità istituzionali di un’associazione, né meritevole di decommercializzazione dei relativi corrispettivi. Pertanto, la gestione di un bar interno è sempre da considerarsi attività commerciale, salvo le eccezioni previste per le associazioni di promozione sociale riconosciute.

Articoli correlati