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La nuova imposta di registro per le cessioni di azienda, sentenze di condanna, contratti preliminari e divisioni ereditarie

1 Maggio, 2024

Il Consiglio dei Ministri, in attuazione dell’articolo 10 della Legge Delega n. 111/2023 per la riforma fiscale, ha approvato in data 9 aprile 2024 uno schema di Decreto Legislativo che apporta significative modifiche al sistema delle imposte indirette, con particolare riguardo all’imposta di registro. Questo provvedimento mira a modernizzare e semplificare le procedure relative all’imposta di registro, introducendo meccanismi analoghi a quelli delle imposte sui redditi e apportando chiarimenti su questioni controverse. Le principali novità riguardano il pagamento dell’imposta, la tassazione delle cessioni di aziende, il trattamento delle sentenze di condanna, dei contratti preliminari e delle divisioni ereditarie, oltre a semplificazioni relative all’imposta di bollo. Questo articolo offre un’analisi approfondita delle novità introdotte dal decreto, evidenziandone gli aspetti salienti e fornendo esempi pratici per una migliore comprensione.

Pagamento dell’imposta di registro

Una delle novità più rilevanti introdotte dal decreto riguarda il meccanismo di pagamento dell’imposta di registro. Analogamente a quanto avviene per le imposte sui redditi, viene introdotto un sistema di autoliquidazione, controllo dell’Ufficio, eventuale avviso di liquidazione in caso di versamenti inferiori e possibilità di definire la contestazione con uno sconto sulle sanzioni.

A titolo esemplificativo, la procedura di autoliquidazione e di pagamento dell’imposta di registro è stata introdotta in relazione all’articolo 19, comma 1, del DPR 131/1986, riguardante la denuncia di eventi successivi alla registrazione. Secondo questa disposizione, l’avveramento della condizione sospensiva apposta a un atto, l’esecuzione di tale atto prima dell’avveramento della condizione e il verificarsi di eventi che diano luogo ad ulteriore liquidazione di imposta devono essere denunciati entro 30 giorni dalle parti contraenti o dai loro aventi causa. Lo schema di decreto legislativo stabilisce che tale denuncia dovrà essere preceduta dall’autoliquidazione e dal pagamento del relativo importo.

Esempio pratico: Supponiamo che un contratto di compravendita immobiliare sia stato registrato con riserva di condizione sospensiva relativa all’ottenimento di un mutuo bancario. Qualora la condizione si avveri, le parti dovranno denunciare tale evento all’Ufficio che ha registrato l’atto entro 30 giorni. Prima delle modifiche introdotte dal Decreto, la denuncia avveniva senza alcun pagamento. Dopo le modifiche, le parti dovranno prima autoliquidare e pagare l’imposta di registro dovuta sull’atto, per poi procedere alla denuncia.

Cessione di aziende

Un intervento di rilievo riguarda le modalità di applicazione dell’imposta di registro alla cessione d’azienda. Attualmente, nel Testo Unico delle Imposte di Registro (DPR 131/86), non esiste una norma specifica destinata al trattamento impositivo della cessione d’azienda. Tuttavia, questo aspetto è desumibile dall’articolo 23, che disciplina gli atti che coinvolgono più beni soggetti a diverse aliquote.

Il decreto modifica l’articolo 23, comma 4, del DPR 131/86, specificando le modalità di tassazione delle cessioni di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa. In particolare, è previsto che in questi casi:

  • Devono applicarsi le aliquote previste per i trasferimenti a titolo oneroso aventi a oggetto le diverse tipologie di beni che compongono l’azienda o il ramo di azienda, sulla base dell’imputazione a tali beni di una quota parte del corrispettivo da individuare secondo una ripartizione indicata nell’atto o nei suoi allegati.
  • Per i crediti aziendali, sulla quota parte di corrispettivo a essi imputata, deve applicarsi l’aliquota prevista per le cessioni di crediti (pari allo 0,50% – ex art. 6, Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86).
  • Ai fini dell’applicazione delle diverse aliquote, le passività devono essere imputate ai diversi beni (sia mobili che immobili) in proporzione al loro rispettivo valore. In assenza di ripartizione, deve applicarsi l’aliquota più elevata, ex art. 23, comma 1, DPR 131/1986.

In sostanza, recependo gli orientamenti giurisprudenziali più recenti (cfr. Cass. nn. 888/2019 e 539/2022), viene ora espressamente riconosciuto che per valore dell’azienda deve intendersi quello venale complessivo dei beni che la compongono, incluso l’avviamento, al netto delle passività inerenti all’azienda.

Le aliquote dell’imposta di registro previste per le diverse tipologie di beni in caso di cessione d’azienda sono le seguenti:

  • Immobili: 9%, salvo casi particolari
  • Beni mobili e avviamento: 3%
  • Crediti: 0,5%

Facciamo un esempio pratico. Supponiamo che venga ceduta un’azienda composta da immobili (valore 1.000.000 euro), beni mobili (valore 500.000 euro), crediti (valore 200.000 euro) e passività (300.000 euro), per un corrispettivo complessivo di 1.400.000 euro. Nell’atto di cessione viene indicata la seguente ripartizione:

  • Immobili: 800.000 euro
  • Beni mobili: 400.000 euro
  • Crediti: 200.000 euro

Le passività vengono imputate proporzionalmente:

  • Immobili: 171.429 euro (300.000 x 800.000 / 1.400.000)
  • Beni mobili: 85.714 euro (300.000 x 400.000 / 1.400.000)
  • Crediti: 42.857 euro (300.000 x 200.000 / 1.400.000)

L’imposta di registro sarà così calcolata:

  • Immobili: 9% su 628.571 euro (800.000 – 171.429) = 56.571 euro
  • Beni mobili: 3% su 314.286 euro (400.000 – 85.714) = 9.429 euro
  • Crediti: 0,5% su 157.143 euro (200.000 – 42.857) = 786 euro

Totale imposta di registro: 66.786 euro.

La congruità di questa ripartizione del corrispettivo tra i vari beni sarà oggetto di una specifica verifica da parte dell’amministrazione finanziaria ai sensi del novellato articolo 51, comma 4.

Sentenze di condanna

Per quanto riguarda i provvedimenti dell’autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento di somme, valori o altre prestazioni, o alla consegna di beni di qualsiasi natura, il decreto introduce una novità procedurale. La registrazione di tali provvedimenti sarà eseguita a prescindere dal pagamento dell’imposta.

Successivamente, l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate richiederà il pagamento dell’imposta alla parte condannata al pagamento delle spese ovvero al debitore nei cui confronti il decreto ingiuntivo è divenuto esecutivo, mediante l’emissione di un apposito avviso di liquidazione.

Tale avviso di liquidazione dovrà essere notificato anche alle altre parti del giudizio o al creditore, i quali risponderanno in solido per il pagamento dell’imposta qualora l’azione di riscossione nei confronti del debitore principale dovesse rivelarsi infruttuosa. Fino al verificarsi di tale evento, i termini per la richiesta dell’imposta principale nei confronti degli obbligati in via sussidiaria saranno sospesi.

Esempio pratico: viene emessa una sentenza di condanna di Tizio a pagare 50.000 euro a Caio, l’Ufficio provvederà alla registrazione della sentenza e richiederà il pagamento dell’imposta di registro a Tizio. Se Tizio non paga, l’Ufficio notificherà l’avviso di liquidazione anche a Caio, coobbligato in solido. I termini per la richiesta dell’imposta a Caio saranno sospesi fino a quando il tentativo di riscossione nei confronti di Tizio non si sarà rivelato infruttuoso.

Questa procedura mira a semplificare e agevolare la registrazione dei provvedimenti giudiziari, svincolandola dal previo pagamento dell’imposta e garantendo all’Amministrazione Finanziaria la possibilità di recuperare successivamente l’importo dovuto, coinvolgendo anche eventuali soggetti obbligati in solido.

Contratti preliminari

Attualmente, la nota all’articolo 10 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/1986, stabilisce che:

  • Sulle somme corrisposte a titolo di caparra confirmatoria si applica l’imposta di registro dello 0,50%.
  • Sugli acconti di prezzo non soggetti a IVA si applica l’imposta di registro del 3%.

In entrambi i casi, l’imposta pagata viene imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo.

Il decreto prevede l’equiparazione del trattamento fiscale della caparra confirmatoria e degli acconti di prezzo non soggetti a IVA, assoggettandoli entrambi all’imposta proporzionale dello 0,50%. Questa modifica semplifica la disciplina e uniforma il regime impositivo per queste fattispecie, eliminando la distinzione attuale.

Inoltre, il decreto stabilisce che in entrambi i casi l’imposta pagata dovrà essere imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo. Questa disposizione non rappresenta una novità, in quanto è già prevista dalla normativa vigente.

Tuttavia, viene introdotta un’importante precisazione: nel caso in cui il contratto definitivo sia soggetto a un’aliquota minore, questa minore aliquota sarà applicabile anche sulla caparra o sull’acconto di prezzo.

Esempio pratico: Nel caso di un contratto preliminare di vendita di un immobile, viene versato un acconto di prezzo di 50.000 euro. Attualmente, su questo acconto si applica l’imposta di registro del 3%, pari a 1.500 euro. Con la nuova norma, l’imposta sarà pari allo 0,50%, quindi 250 euro.

Se successivamente il contratto definitivo risulterà soggetto all’imposta di registro fissa (ad esempio, per agevolazioni sulla piccola proprietà contadina), non sarà più necessario applicare l’imposta proporzionale al compromesso per poi richiedere il rimborso, ma si applicherà direttamente l’imposta fissa anche sulla caparra o sull’acconto di prezzo.

Divisioni ereditarie

Per quanto riguarda le divisioni ereditarie, il decreto apporta una modifica all’articolo 34, comma 1, del DPR 131/1986. Viene precisato che, nelle comunioni ereditarie, quando si determina la massa comune e le quote di diritto, è necessario conteggiare anche i beni oggetto di collazione ai fini civilistici.

La collazione è un istituto previsto dal codice civile (artt. 737 e seguenti) che impone ai coeredi, al momento della divisione, di conferire nella massa ereditaria i beni che hanno ricevuto in vita dal defunto, al fine di preservare l’eguaglianza delle quote ereditarie.

Secondo la nuova disposizione:

  • I beni oggetto di collazione rientrano nel calcolo della massa comune da dividere tra gli eredi.
  • Tali beni concorrono a determinare le rispettive quote di diritto spettanti a ciascun erede.

Questa modifica mira a garantire una corretta quantificazione delle quote ereditarie e della massa comune, tenendo conto anche dei beni oggetto di collazione, in linea con i principi civilistici. Ciò avrà inevitabili riflessi anche sul calcolo dell’imposta di registro dovuta in sede di divisione ereditaria.

Esempio pratico: Il defunto ha lasciato un patrimonio composto da un immobile del valore di 500.000 euro e un conto corrente di 100.000 euro. In vita, aveva donato al figlio A un appartamento del valore di 300.000 euro. Alla divisione ereditaria partecipano i figli A e B.

Senza considerare la collazione, la massa comune sarebbe pari a 600.000 euro, con quote di 1/2 per ciascun erede. Applicando la nuova norma, l’appartamento donato a A andrà computato nella massa comune, che diventerà pari a 900.000 euro. Le quote di diritto saranno quindi ricalcolate tenendo conto di questo valore aggiuntivo apportato dalla collazione.

Imposta di bollo

Infine, il decreto prevede alcune semplificazioni per il pagamento dell’imposta di bollo sugli atti soggetti a registrazione. In particolare:

  • Per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti ad IVA, l’imposta di bollo sarà applicata solo se l’imposta stessa è dovuta in modo autonomo, ossia non in caso di assolvimento mediante modalità virtuale.
  • Per gli atti e documenti formati all’estero, l’imposta di bollo sarà dovuta solo se gli stessi sono utilizzati in Italia.

Queste disposizioni mirano a semplificare gli adempimenti e a evitare doppi pagamenti dell’imposta di bollo, in linea con i principi di razionalizzazione e semplificazione del sistema fiscale perseguiti dalla riforma.

Conclusione

Le modifiche introdotte dal decreto legislativo in materia di imposta di registro mirano a razionalizzare e semplificare gli adempimenti a carico dei contribuenti, allineando alcune disposizioni agli orientamenti giurisprudenziali e introducendo criteri più chiari per la tassazione di fattispecie finora non espressamente disciplinate, come la cessione d’azienda.

Tra le principali novità si segnalano il meccanismo di autoliquidazione e versamento dell’imposta, analogo a quello previsto per le imposte sui redditi, l’equiparazione del trattamento di caparre e acconti del prezzo nei contratti preliminari, la semplificazione del pagamento dell’imposta di bollo e l’esplicitazione delle modalità di tassazione della cessione d’azienda e delle divisioni ereditarie.

Il decreto entrerà in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ma le disposizioni avranno effetto a partire dal 1° gennaio 2025, applicandosi agli atti formati, pubblicati, autenticati o presentati per la registrazione da tale data, nonché alle successioni aperte e agli atti a titolo gratuito fatti sempre a partire dal 2025. Sarà quindi necessario attendere tale data per poter applicare concretamente le nuove regole.


Domande e Risposte

D: Cosa cambia con il nuovo decreto per quanto riguarda il pagamento dell’imposta di registro?
R: Viene introdotto un meccanismo di autoliquidazione e versamento dell’imposta analogo a quello previsto per le imposte sui redditi. Il contribuente dovrà calcolare e versare autonomamente l’imposta, mentre l’Ufficio effettuerà i controlli successivi, emettendo eventuali avvisi di liquidazione in caso di versamenti insufficienti, con possibilità di definizione agevolata.

D: Come vengono tassate le cessioni d’azienda in base alle nuove disposizioni?
R: Il decreto prevede l’applicazione delle aliquote previste per i trasferimenti delle diverse tipologie di beni che compongono l’azienda, sulla base di una ripartizione del corrispettivo indicata nell’atto. Per i crediti si applica l’aliquota dello 0,50%, mentre le passività sono imputate proporzionalmente ai diversi beni. La congruità della ripartizione sarà verificata dall’Amministrazione finanziaria.

D: Cosa prevede il decreto in merito ai contratti preliminari?
R: Viene equiparato il trattamento fiscale della caparra confirmatoria e degli acconti prezzo non soggetti ad IVA. Entrambi scontano l’imposta di registro dello 0,50%, da imputare all’imposta dovuta per la registrazione del contratto definitivo. Se il definitivo è soggetto ad un’aliquota inferiore, questa si applica anche a caparra e acconti.

D: Quali novità riguardano le divisioni ereditarie?
R: Per la determinazione della massa comune e delle quote di diritto nelle divisioni ereditarie si dovrà tener conto anche dei beni oggetto di collazione. Tali beni rientrano nel calcolo delle quote, ma non nella base imponibile dell’imposta di registro. Inoltre, viene precisato che i conguagli si considerano sempre rilevanti, anche se non vengono effettivamente corrisposti per accordo tra le parti.

D: Quando entrano in vigore le nuove disposizioni?
R: Il decreto entra in vigore il giorno dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ma le disposizioni si applicano agli atti formati, pubblicati, autenticati o presentati per la registrazione dal 1° gennaio 2025, nonché alle successioni aperte e agli atti gratuiti fatti da tale data. Fino ad allora continueranno ad applicarsi le regole attualmente in vigore.

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