Il panorama giuridico italiano è stato recentemente scosso da una sentenza della Corte di Cassazione che ha ridefinito i confini della responsabilità dei soci in materia di sanzioni tributarie delle società estinte. La sentenza n. 23341 del 29 agosto 2023 ha segnato un punto di svolta, ribaltando un orientamento consolidato e aprendo nuovi scenari interpretativi. Questa decisione ha il potenziale di influenzare profondamente le strategie aziendali e le considerazioni dei soci nelle fasi di liquidazione e cancellazione delle società.
Il Contesto Normativo e l’Orientamento Precedente
Per comprendere appieno la portata di questa svolta giurisprudenziale, è necessario esaminare il contesto normativo preesistente. L’articolo 8 del Decreto Legislativo 472/1997 stabilisce chiaramente che “l’obbligazione per il pagamento della sanzione non si trasmette agli eredi“. Questo principio è stato a lungo interpretato in modo estensivo, applicandolo per analogia anche ai soci delle società estinte. L’idea di fondo era che la cancellazione di una società dal Registro delle Imprese potesse essere paragonata, in un certo senso, alla morte di una persona fisica.
Fino a questa recente sentenza, la Corte di Cassazione aveva costantemente affermato che le sanzioni irrogate a una società cancellata dal Registro delle Imprese non si trasmettessero ai soci. Questa interpretazione si basava non solo sull’analogia con il principio di non trasmissibilità agli eredi, ma anche sul concetto di personalità della sanzione, sancito dall’articolo 2, comma 2, del medesimo decreto. Numerose sentenze, tra cui la n. 24316 del 9 agosto 2023, la n. 29112 del 20 ottobre 2021 e la n. 9094 del 7 aprile 2017, avevano consolidato questo orientamento.
La Svolta della Cassazione
La sentenza n. 23341/2023 segna un punto di rottura con il passato. La Corte ha stabilito che i soci sono chiamati a rispondere anche per il pagamento delle sanzioni tributarie, nei limiti di quanto riscosso in sede di liquidazione. Questa decisione si fonda su due argomenti principali che meritano un’analisi approfondita.In primo luogo, la Corte sottolinea la natura sui generis della successione societaria. Secondo i giudici, l’estinzione di una società di capitali non può essere assimilata alla morte di una persona fisica. Si tratta, invece, di un fenomeno successorio con caratteristiche uniche, strettamente legate al regime di responsabilità dei soci per i debiti sociali. Questa distinzione è fondamentale per comprendere perché la Corte ritiene che non si possa applicare, in via estensiva o analogica, l’articolo 8 del D.Lgs. 472/97.
Il secondo argomento si basa sulla ratio dell’articolo 7 del DL 269/2003. La Corte sostiene che escludere la responsabilità dei soci per le sanzioni vanificherebbe lo scopo di questa norma, che mira a evitare che gli effetti della sanzione ricadano su un soggetto diverso da quello che si è effettivamente avvantaggiato della violazione tributaria. In altre parole, se i soci hanno beneficiato delle attività della società, incluse quelle che hanno portato a violazioni tributarie, è giusto che rispondano anche delle relative sanzioni.
Le Implicazioni Pratiche della Nuova Interpretazione
Questa nuova interpretazione ha importanti conseguenze pratiche che meritano di essere esaminate in dettaglio. Innanzitutto, è importante sottolineare che la responsabilità dei soci per le sanzioni è limitata. I soci saranno chiamati a rispondere solo nei limiti di quanto hanno effettivamente riscosso in base al bilancio finale di liquidazione. Questo significa che non rischiano di dover pagare somme superiori a quanto hanno effettivamente ricevuto dalla società.Un altro aspetto da considerare è la tempistica. Rimane valido il “posticipo” di cinque anni previsto dall’articolo 28, comma 4, del D.Lgs. 175/2014 per la notifica degli atti di accertamento, riscossione, liquidazione e per il contenzioso. Questo significa che, anche dopo la cancellazione della società, c’è un periodo durante il quale gli atti possono ancora essere notificati, e questo potrebbe influenzare le strategie di difesa dei soci.
È interessante notare che la sentenza non si sofferma esplicitamente sulla responsabilità prevista dall’articolo 36 del DPR 602/73 per liquidatori, amministratori e soci. Questa norma fa riferimento solo alle imposte, quindi si potrebbe argomentare che la responsabilità per le sanzioni rimanga esclusa in questo specifico contesto. Tuttavia, questa è un’area che potrebbe richiedere ulteriori chiarimenti giurisprudenziali in futuro.
Caso Pratico
Per comprendere meglio le implicazioni di questa nuova interpretazione, consideriamo un esempio concreto. Immaginiamo una società a responsabilità limitata, chiamata “Beta S.r.l.”, che viene cancellata dal Registro delle Imprese nel 2023. Durante la liquidazione, i tre soci, Anna, Bruno e Carlo, ricevono rispettivamente 100.000€, 75.000€ e 50.000€. Successivamente, l’Agenzia delle Entrate accerta una violazione tributaria commessa dalla società nel 2021, irrogando una sanzione di 300.000€.
Secondo il nuovo orientamento della Cassazione, la situazione si configurerebbe così:
- Anna potrebbe essere chiamata a rispondere fino a un massimo di 100.000€
- Bruno fino a un massimo di 75.000€
- Carlo fino a un massimo di 50.000€
I restanti 75.000€ della sanzione rimarrebbero, di fatto, non riscuotibili. Questo esempio illustra chiaramente come la responsabilità dei soci sia effettivamente limitata a quanto hanno ricevuto, ma allo stesso tempo mostra come questa nuova interpretazione possa avere un impatto significativo sulla loro posizione finanziaria post-liquidazione.
Conclusioni
La sentenza n. 23341/2023 della Cassazione rappresenta un significativo cambio di rotta nella giurisprudenza tributaria italiana. Mentre da un latoestins questa interpretazione mira a garantire una maggiore equità, evitando che le violazioni tributarie rimangano impunite dopo l’estinzione della società, dall’altro solleva interrogativi sulla certezza del diritto e sulla tutela dei soci in buona fede.
È probabile che questa decisione generi un acceso dibattito sia in ambito accademico che professionale. Non si può escludere un futuro intervento delle Sezioni Unite della Cassazione per dirimere la questione, vista la sua rilevanza e le possibili implicazioni di vasta portata. In attesa di ulteriori sviluppi, è consigliabile che soci, amministratori e professionisti del settore prestino particolare attenzione a questa nuova interpretazione, valutando attentamente i rischi potenziali legati alla liquidazione e cancellazione delle società.