Nell’ambito dell’attività di consulenza fiscale, il professionista si trova spesso ad affrontare situazioni delicate in cui il confine tra la legittima pianificazione tributaria e l’illecito penale può essere molto sottile. Quando un cliente commette un reato tributario, il consulente fiscale rischia di essere coinvolto a titolo di concorso, qualora il suo operato abbia contribuito alla realizzazione dell’illecito. Questo articolo approfondisce i profili di responsabilità penale del professionista per concorso nei reati tributari commessi dai clienti, analizzando i principi giuridici applicabili e la recente giurisprudenza in materia.
Il concorso di persone nel reato tributario
Secondo l’art. 110 del codice penale, quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita. Nel contesto dei reati tributari, il concorso del professionista può configurarsi sia in forma di concorso morale, attraverso l’istigazione o il rafforzamento del proposito criminoso del cliente, sia in forma di concorso materiale, ad esempio redigendo documenti o dichiarazioni fraudolente.Affinché sussista la responsabilità penale del professionista, è necessario che il suo contributo sia fornito con dolo, ossia con la consapevolezza e la volontà di partecipare all’illecito. Non è sufficiente una condotta meramente colposa, caratterizzata da negligenza o imperizia: occorrono elementi probatori precisi e concordanti che dimostrino il coinvolgimento psicologico del consulente nella commissione del reato.La nozione di professionista rilevante ai fini del concorso nei reati tributari è ampia e comprende chiunque, nell’esercizio della sua professione, svolga attività di consulenza fiscale, come commercialisti, consulenti, avvocati e altri soggetti abilitati alla presentazione delle dichiarazioni fiscali.
L’orientamento della Cassazione
La Corte di Cassazione si è pronunciata più volte sulla responsabilità penale del professionista per concorso nei reati tributari, delineando alcuni principi fondamentali. In particolare, la Suprema Corte ha evidenziato che:
- Il soggetto attivo del reato tributario rimane sempre il contribuente, destinatario dell’adempimento fiscale. Tuttavia, i professionisti che lo assistono possono rispondere penalmente a titolo di concorso se forniscono un apporto consulenziale volto a supportare la volontà fraudolenta del cliente.
- Il coinvolgimento del professionista deve fondarsi su prove oggettive ed elementi indiziari precisi e concordanti, non su mere presunzioni. È necessario dimostrare che il consulente abbia agito con dolo, nella consapevolezza di contribuire alla realizzazione dell’illecito.
- Non è sufficiente una condotta professionale colposa, caratterizzata da errori dovuti a negligenza, imprudenza o imperizia, per configurare il concorso nel reato tributario.
Alcune sentenze significative
La Cassazione ha applicato questi principi in diverse pronunce, tra cui:
- Sentenza n. 14202/2021: il concorso del professionista nel reato di indebita compensazione di crediti IVA inesistenti è stato riconosciuto sulla base di elementi indiziari quali la sistematica creazione di crediti fittizi, l’inattendibilità della documentazione contabile tenuta dallo studio e il diretto coinvolgimento del consulente nella gestione della società.
- Sentenza n. 40324/2021: i membri del collegio sindacale sono stati ritenuti responsabili di concorso nell’indebita compensazione per aver espresso parere favorevole all’acquisto di un ramo d’azienda contenente un credito IVA inesistente, nella consapevolezza dell’anomalia dell’operazione e della strumentalità del credito.
- Sentenza n. 36212/2019: la Cassazione ha chiarito la portata dell’aggravante ad effetto speciale prevista dall’art. 13-bis del D.Lgs. 74/2000 per il professionista che concorre nei reati tributari attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale. Per l’applicazione dell’aggravante, è richiesta un’attività abituale e ripetitiva di predisposizione di meccanismi evasivi “su misura” per il cliente.
L’obbligo di verifica del professionista
Secondo la giurisprudenza, il professionista non può limitarsi a recepire acriticamente i dati forniti dal cliente, ma ha un obbligo di verifica della loro attendibilità. Qualora le informazioni ricevute presentino incongruenze o anomalie evidenti, il consulente deve effettuare gli opportuni controlli e, se necessario, astenersi dal prestare la propria opera.
Ad esempio, la Cassazione ha ritenuto responsabile per concorso in dichiarazione fraudolenta un commercialista che, pur consapevole delle irregolarità contabili del cliente, aveva continuato ad assisterlo fiscalmente omettendo di segnalare le anomalie agli organi competenti. In un altro caso, è stato condannato per concorso in indebita compensazione il collegio sindacale che aveva espresso parere favorevole all’acquisto di un ramo d’azienda contenente un credito IVA fittizio, poi utilizzato dalla società.
Esempi pratici
Per comprendere meglio le implicazioni concrete della responsabilità penale del professionista, può essere utile analizzare alcuni esempi pratici:
Esempio #1
Un commercialista suggerisce al cliente di emettere fatture per operazioni inesistenti al fine di abbattere il reddito imponibile. Predispone poi la dichiarazione dei redditi indicando costi fittizi. In questo caso, il professionista concorre materialmente e moralmente nel reato di dichiarazione fraudolenta.
Esempio #2
Un avvocato tributarista, incaricato di redigere il ricorso contro un avviso di accertamento, si accorge che il cliente ha occultato documentazione contabile. Nonostante ciò, presenta comunque il ricorso omettendo di segnalare le irregolarità. Qui il legale potrebbe rispondere di concorso per aver consapevolmente agevolato l’evasione fiscale del cliente.
Esempio #3
Un consulente fiscale elabora un complesso schema di interposizione fittizia, basato su società estere e trust, che propone sistematicamente ai propri clienti per occultare materia imponibile all’estero. Questa condotta integra l’aggravante prevista dall’art. 13-bis, essendo il professionista l’ideatore di un articolato modello di evasione fiscale.
Conclusioni
In conclusione, il professionista che assiste un cliente nella gestione dei suoi adempimenti fiscali deve prestare la massima attenzione per non incorrere in profili di responsabilità penale a titolo di concorso. È fondamentale che il consulente operi con diligenza e professionalità, verificando sempre l’attendibilità dei dati ricevuti e segnalando eventuali irregolarità riscontrate.Solo mantenendo un approccio rigoroso e trasparente nello svolgimento del proprio incarico, il professionista può svolgere appieno quel ruolo di “filtro” tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria che la giurisprudenza gli riconosce. Al contrario, un atteggiamento compiacente o, peggio, la partecipazione attiva a meccanismi evasivi comportano il rischio concreto di subire pesanti conseguenze sanzionatorie insieme al cliente.
Domande e Risposte
D: Quando si configura il concorso del professionista nel reato tributario del cliente?
R: Il concorso del professionista si configura quando egli fornisce un contributo materiale o morale alla realizzazione dell’illecito da parte del cliente, agendo con dolo, cioè con la consapevolezza e la volontà di partecipare al reato. Non è sufficiente una condotta colposa per integrare il concorso.
D: Quali sono le forme di concorso del professionista nei reati tributari?
R: Il concorso del professionista può assumere la forma di concorso morale, attraverso l’istigazione o il rafforzamento del proposito criminoso del cliente, o di concorso materiale, ad esempio redigendo documenti o dichiarazioni fraudolente. In entrambi i casi, è necessario che il consulente agisca con dolo.
D: Chi rientra nella nozione di professionista ai fini del concorso nei reati tributari?
R: La nozione di professionista rilevante ai fini del concorso nei reati tributari è ampia e comprende chiunque, nell’esercizio della sua professione, svolga attività di consulenza fiscale, come commercialisti, consulenti, avvocati e altri soggetti abilitati alla presentazione delle dichiarazioni fiscali.
D: Il professionista ha l’obbligo di verificare i dati forniti dal cliente?
R: Sì, secondo la giurisprudenza il professionista non può limitarsi a recepire passivamente le informazioni ricevute dal cliente, ma deve verificarne l’attendibilità. In presenza di evidenti anomalie o incongruenze, il consulente ha il dovere di effettuare i necessari controlli e, se del caso, di astenersi dal prestare la propria opera.
D: Cosa prevede l’aggravante per i professionisti che concorrono nei reati tributari?
R: L’art. 13-bis del D.Lgs. 74/2000 prevede un aumento di pena per i professionisti che concorrono nei reati tributari attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale. Per l’applicazione dell’aggravante, è necessario che il consulente abbia ideato un meccanismo fraudolento “su misura” per il cliente, caratterizzato da abitualità e ripetitività.