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La tassazione dei proventi derivanti dall’acquisto di crediti d’imposta per imprese, professionisti e privati

9 Maggio, 2024

 

Nell’attuale contesto normativo caratterizzato da numerose modifiche agli articoli 119 e 121 del Decreto Rilancio, si è aperta un’interessante opportunità di guadagno nel settore finanziario: l‘acquisto di crediti d’imposta maturati su interventi edilizi. Questa opzione di investimento sta attirando l’attenzione di molti, soprattutto in un periodo di incertezza economica. Tuttavia, per valutare adeguatamente la convenienza di tale operazione, è fondamentale comprendere il trattamento fiscale dei proventi generati dall’acquisto di questi crediti. In questo articolo, esploreremo in dettaglio come viene tassato l‘utile derivante dalla differenza tra il prezzo di acquisto e il valore nominale del credito, distinguendo tra diverse categorie di soggetti cessionari: imprese, professionisti e privati.

Tassazione per le imprese

Quando un’impresa acquista un credito d’imposta, la differenza tra il valore nominale del credito e il costo di acquisto genera un provento finanziario. Secondo l’Organismo Italiano di Contabilità (OIC), tale guadagno deve essere contabilizzato per competenza, ovvero ripartito in quote costanti lungo il periodo in cui è possibile utilizzare il credito in compensazione. Dal punto di vista fiscale, questo surplus è soggetto a tassazione ai sensi dell’articolo 96 del TUIR, che disciplina gli interessi attivi e i proventi finanziari derivanti da operazioni o rapporti contrattuali con causa finanziaria o contenenti una componente di finanziamento significativa.

È importante notare che il surplus non può essere considerato una sopravvenienza attiva ai sensi dell’articolo 88 del TUIR, poiché tale definizione si riferisce a ricavi o proventi determinati dal conseguimento di voci di bilancio già presenti negli anni precedenti, mentre l’utile derivante dall’acquisto di crediti d’imposta è un evento estemporaneo.

Esempio pratico: La società Alfa acquista un credito d’imposta del valore nominale di 100.000 euro al prezzo di 80.000 euro. La differenza di 20.000 euro rappresenta un provento finanziario che sarà tassato secondo l’articolo 96 del TUIR e contabilizzato in quote costanti lungo il periodo di utilizzo del credito.

Tassazione per i professionisti

Per i professionisti e soggetti assimilati, in assenza di chiarimenti specifici da parte dell’Agenzia delle Entrate, la dottrina prevalente suggerisce di collocare il guadagno derivante dalla differenza tra il prezzo pagato e il valore nominale del credito nella categoria dei redditi diversi, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-quinquies) del TUIR, che disciplina le plusvalenze e altri proventi realizzati mediante cessione a titolo oneroso. In alternativa, il reddito percepito potrebbe essere qualificato come reddito di capitale, applicando l’articolo 44, comma 1, lettera h) del TUIR, che riguarda gli interessi e altri proventi derivanti da rapporti aventi per oggetto l’impiego del capitale.

È esclusa la collocazione del reddito percepito nell’ambito dell’articolo 54 del TUIR, che fa riferimento solo al reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni, poiché l’acquisto di un credito d’imposta non rientra tra le attività professionali o artistiche elencate tassativamente nell’articolo.

Tuttavia, se il credito è acquistato tramite lo sconto in fattura nell’ambito di un incarico professionale, l’operazione rientra nell’esercizio delle professioni di cui all’articolo 54 del TUIR. In questo caso, il 10% del credito d’imposta più gli oneri finanziari rappresentano una sopravvenienza attiva soggetta a tassazione secondo il principio di cassa.

Esempio pratico: L’architetto Rossi acquista un credito d’imposta del valore nominale di 50.000 euro al prezzo di 40.000 euro. La differenza di 10.000 euro sarà tassata come reddito diverso o reddito di capitale, a seconda dell’interpretazione adottata. Se invece l’acquisto avviene tramite sconto in fattura nell’ambito di un incarico professionale, il 10% del credito più gli oneri finanziari saranno tassati come sopravvenienza attiva.

Tassazione per i privati

Per quanto riguarda l’acquisto di crediti da parte di soggetti privati, la dottrina si è espressa quasi unanimemente sulla non tassabilità del provento. Tuttavia, sorgono alcuni dubbi. In primo luogo, ci si chiede se la collocazione del reddito percepito dai professionisti con partita IVA nell’ambito dei redditi diversi o dei redditi di capitale non debba valere anche per i privati senza partita IVA, considerando che tali redditi non riguardano redditi d’impresa né redditi professionali. In secondo luogo, un’interpretazione favorevole al contribuente dovrebbe essere estesa anche a imprenditori e professionisti qualora effettuino l’acquisto del credito d’imposta in qualità di privati e non nell’ambito dell’esercizio d’impresa o della professione.

La Circolare Ministeriale n. 165 del 24 giugno 1998 suggerisce che la stipula di un atto di compravendita di un credito fiscale ha come funzione l’impiego di capitale e, pertanto, l’arricchimento derivante dall’utile ottenuto rientra nell’ambito dei redditi di capitale. In assenza di chiarimenti ufficiali, si consiglia di assoggettare a tassazione le differenze ottenute tra il valore nominale del credito e la somma effettivamente pagata al cedente da qualsiasi soggetto partecipante al contratto di cessione, al fine di evitare future interpretazioni autentiche con effetto retroattivo.

Esempio pratico: Il signor Bianchi, privato senza partita IVA, acquista un credito d’imposta del valore nominale di 20.000 euro al prezzo di 16.000 euro. Nonostante la dottrina prevalente suggerisca la non tassabilità del provento, si consiglia di assoggettare a tassazione la differenza di 4.000 euro come reddito di capitale, in linea con la Circolare Ministeriale n. 165 del 1998.

Conclusione

In conclusione, la tassazione dei proventi derivanti dall’acquisto di crediti d’imposta varia a seconda della categoria di soggetti cessionari. Per le imprese, il surplus è considerato un provento finanziario tassabile ai sensi dell’articolo 96 del TUIR. Per i professionisti, il guadagno può essere collocato tra i redditi diversi o i redditi di capitale, a meno che l’acquisto non avvenga tramite sconto in fattura nell’ambito di un incarico professionale, nel qual caso si applica l’articolo 54 del TUIR. Per i privati, nonostante la dottrina prevalente suggerisca la non tassabilità, si consiglia di assoggettare a tassazione le differenze ottenute come reddito di capitale, in linea con la Circolare Ministeriale n. 165 del 1998. In assenza di chiarimenti ufficiali, è opportuno adottare un approccio prudenziale per evitare future interpretazioni autentiche con effetto retroattivo.


Domande e Risposte

D: Come viene tassato il guadagno derivante dall’acquisto di crediti d’imposta per le imprese?

R: Per le imprese, il guadagno derivante dalla differenza tra il valore nominale del credito e il costo di acquisto è considerato un provento finanziario. Questo surplus è soggetto a tassazione ai sensi dell’articolo 96 del TUIR, che disciplina gli interessi attivi e i proventi finanziari derivanti da operazioni o rapporti contrattuali con causa finanziaria o contenenti una componente di finanziamento significativa.

D: Qual è il trattamento fiscale per i professionisti che acquistano crediti d’imposta?

R: Per i professionisti, in assenza di chiarimenti specifici da parte dell’Agenzia delle Entrate, la dottrina prevalente suggerisce di collocare il guadagno nella categoria dei redditi diversi (articolo 67, comma 1, lettera c-quinquies del TUIR) o dei redditi di capitale (articolo 44, comma 1, lettera h del TUIR). Tuttavia, se l’acquisto avviene tramite sconto in fattura nell’ambito di un incarico professionale, il 10% del credito d’imposta più gli oneri finanziari rappresentano una sopravvenienza attiva soggetta a tassazione secondo l’articolo 54 del TUIR.

D: I privati devono pagare tasse sui proventi derivanti dall’acquisto di crediti d’imposta?

R: Nonostante la dottrina prevalente suggerisca la non tassabilità del provento per i privati, sorgono alcuni dubbi. La Circolare Ministeriale n. 165 del 1998 suggerisce che l’arricchimento derivante dall’utile ottenuto rientra nell’ambito dei redditi di capitale. In assenza di chiarimenti ufficiali, si consiglia di assoggettare a tassazione le differenze ottenute tra il valore nominale del credito e la somma effettivamente pagata al cedente, al fine di evitare future interpretazioni autentiche con effetto retroattivo.

D: Qual è l’approccio consigliato in assenza di chiarimenti ufficiali sulla tassazione dei proventi derivanti dall’acquisto di crediti d’imposta?

R: In assenza di chiarimenti ufficiali da parte delle istituzioni, si consiglia di adottare un approccio prudenziale e di assoggettare a tassazione le differenze ottenute tra il valore nominale del credito e la somma effettivamente pagata al cedente da qualsiasi soggetto partecipante al contratto di cessione. Questo approccio mira a evitare future interpretazioni autentiche con effetto retroattivo che potrebbero comportare esborsi imprevisti di imposte.

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