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L’affitto d’azienda: peculiarità fiscali e trattamento degli ammortamenti

5 Marzo, 2024

 

L’affitto d’azienda rappresenta un istituto giuridico di grande rilevanza nel panorama economico italiano, consentendo alle imprese di gestire temporaneamente un complesso aziendale senza dover procedere all’acquisto definitivo. Tuttavia, questa operazione presenta alcune criticità dal punto di vista fiscale, soprattutto per quanto riguarda la disciplina degli ammortamenti e delle spese di manutenzione, ammodernamento e miglioria. La normativa tributaria in materia, infatti, risulta ancora incompleta e necessita di un migliore coordinamento con le disposizioni generali sul reddito d’impresa. In questo articolo analizzeremo nel dettaglio le peculiarità fiscali dell’affitto d’azienda, con particolare focus sul trattamento degli ammortamenti.

Il quadro normativo di riferimento

La norma fiscale di riferimento per l’affitto d’azienda è l’art. 102, comma 8 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). Questa disposizione va interpretata in stretta connessione con l’art. 2561 del Codice Civile, che disciplina gli obblighi dell’affittuario in termini di conservazione dell’efficienza dell’azienda affittata. In particolare, l’art. 2561 c.c. impone all’affittuario di gestire l’azienda senza modificarne la destinazione e in modo da conservare l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti, così da non compromettere il normale svolgimento dell’attività produttiva. In caso di violazione di tali obblighi, l’affittante ha diritto ad un indennizzo per il pregiudizio subito.

La deducibilità degli ammortamenti per l’affittuario

Dal punto di vista fiscale, se il contratto di affitto non deroga espressamente all’art. 2561 c.c., l’affittuario ha il diritto di dedurre le quote di ammortamento ordinarie calcolate sul costo originario dei beni risultante dal registro dei beni ammortizzabili tenuto dall’affittante. Questo principio si ricava dall’art. 102, comma 8 del TUIR. Tuttavia, se il registro dei beni ammortizzabili dell’affittante risulta inattendibile o incompleto, si considera già dedotto il 50% delle quote relative ai periodi precedenti l’affitto. Queste regole si discostano sensibilmente dai criteri ordinari di calcolo degli ammortamenti previsti per le imprese, che si basano sul costo di acquisizione o di produzione dei beni strumentali.

La funzione convenzionale delle quote di ammortamento nell’affitto d’azienda

In realtà, le quote di ammortamento deducibili ex art. 102 co. 8 TUIR hanno una funzione principalmente convenzionale nell’ambito dell’affitto d’azienda. Esse rappresentano la misura forfettaria della deduzione annua spettante all’affittuario a fronte dell’obbligo di mantenere inalterata l’efficienza dell’azienda affittata, come previsto dall’art. 2561 c.c. Non c’è quindi necessariamente una corrispondenza tra tali quote e l’effettivo deperimento economico-tecnico dei beni aziendali durante il periodo di affitto. Questa peculiarità distingue nettamente il trattamento degli ammortamenti nell’affitto d’azienda rispetto alle regole ordinarie applicabili alle imprese.

Il fondo per oneri futuri di ripristino

Secondo l’interpretazione prevalente, le quote di ammortamento deducibili ex art. 102 co. 8 TUIR vanno a costituire un fondo per oneri futuri di ripristino del valore dell’azienda affittata. Tale fondo risponde a logiche più indennitarie che di rappresentazione dell’effettivo consumo dei cespiti aziendali. In altre parole, le quote di ammortamento deducibili per l’affittuario non misurano il reale deperimento dei beni, ma rappresentano uno stanziamento forfettario per far fronte agli obblighi di conservazione dell’efficienza dell’azienda imposti dall’art. 2561 c.c. Questo meccanismo è coerente con la previsione di un indennizzo a favore dell’affittante in caso di gestione pregiudizievole dell’azienda da parte dell’affittuario.

Le spese di manutenzione, ammodernamento e miglioria

Un altro aspetto critico del trattamento fiscale dell’affitto d’azienda riguarda le spese di manutenzione, ammodernamento e miglioria sostenute dall’affittuario. In linea di principio, tali spese dovrebbero essere capitalizzate ed ammortizzate secondo le regole ordinarie, in quanto incrementative del valore dei beni aziendali. Tuttavia, se si considera che l’art. 2561 c.c. impone all’affittuario di conservare l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti, si potrebbe sostenere che le spese di manutenzione, ammodernamento e miglioria rientrino negli obblighi di ordinaria gestione dell’azienda affittata. In quest’ottica, esse potrebbero essere dedotte integralmente nell’esercizio di sostenimento, senza necessità di capitalizzazione. Su questo punto, tuttavia, non vi è ancora un orientamento univoco da parte della dottrina e della giurisprudenza.

Casi di esempio

Di seguito si forniscono alcuni casi di esempio

Esempio #1

La società Alfa Srl affitta un ramo d’azienda alla società Beta Srl per un periodo di 5 anni. Nel contratto di affitto non viene derogato l’art. 2561 c.c. Beta Srl potrà dedurre le quote di ammortamento calcolate sul costo originario dei beni risultante dal registro tenuto da Alfa Srl, anche se tali quote non riflettono l’effettivo consumo dei cespiti durante il periodo di affitto. Le quote di ammortamento dedotte da Beta Srl alimenteranno un fondo per oneri futuri di ripristino dell’efficienza del ramo d’azienda affittato.

Esempio #2

La società Gamma Spa affitta la propria azienda alla società Delta Spa per un periodo di 3 anni. Durante il periodo di affitto, Delta Spa sostiene spese di manutenzione straordinaria per € 100.000 e spese di ammodernamento degli impianti per € 200.000. Al termine del contratto, Gamma Spa non dovrà corrispondere alcun indennizzo a Delta Spa per tali spese, in quanto rientranti negli obblighi di conservazione dell’efficienza ex art. 2561 c.c. Tuttavia, il trattamento fiscale di tali spese per Delta Spa risulta incerto, in assenza di una disciplina specifica.

Conclusioni

In conclusione, l’affitto d’azienda presenta peculiarità fiscali di grande rilievo, soprattutto per quanto riguarda il trattamento degli ammortamenti. Le quote di ammortamento deducibili ex art. 102 co. 8 TUIR hanno un significato convenzionale, discostandosi dalla funzione tipica dell’ammortamento come rappresentazione contabile del consumo dei beni. Esse vanno piuttosto ricondotte ad uno stanziamento forfettario per far fronte agli obblighi di conservazione del valore aziendale imposti all’affittuario dall’art. 2561 c.c., in un’ottica più risarcitoria che di misurazione dell’effettivo deperimento. Restano invece ancora incerti i criteri di deduzione delle spese di manutenzione, ammodernamento e miglioria sostenute dall’affittuario. In ogni caso, appare evidente la necessità di un intervento legislativo volto a meglio coordinare la disciplina fiscale dell’affitto d’azienda con le disposizioni generali sul reddito d’impresa.


Domande e risposte

D: Qual è la norma fiscale di riferimento per l’affitto d’azienda e come va interpretata?
R: La norma fiscale di riferimento è l’art. 102, comma 8 del TUIR, che va interpretata in stretta connessione con l’art. 2561 del Codice Civile. Quest’ultimo impone all’affittuario specifici obblighi di conservazione dell’efficienza dell’azienda affittata e prevede un indennizzo a favore dell’affittante in caso di gestione pregiudizievole.

D: Come si calcolano le quote di ammortamento deducibili per l’affittuario?
R: Se il contratto di affitto non deroga all’art. 2561 c.c., l’affittuario può dedurre le quote di ammortamento ordinarie calcolate sul costo originario dei beni risultante dal registro dei beni ammortizzabili tenuto dall’affittante. In caso di inattendibilità di tale registro, si considera già dedotto il 50% delle quote relative ai periodi precedenti.

D: Qual è il trattamento fiscale delle spese di manutenzione, ammodernamento e miglioria sostenute dall’affittuario?
R: Il trattamento fiscale di tali spese risulta ancora incerto. In linea di principio, esse dovrebbero essere capitalizzate ed ammortizzate secondo le regole ordinarie. Tuttavia, considerando gli obblighi di conservazione dell’efficienza ex art. 2561 c.c., si potrebbe sostenere la loro deducibilità integrale nell’esercizio di sostenimento. Su questo punto non vi è ancora un orientamento univoco.

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