La recente ordinanza n. 781/2024 della Corte di Cassazione ha riacceso il dibattito sull’applicazione del principio di inerenza ai fini dell’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP). Nonostante l’abrogazione dell’articolo 11-bis del D.Lgs. 446/97, che prevedeva esplicitamente il requisito dell’inerenza, la giurisprudenza e la prassi amministrativa hanno continuato a ritenere tale principio rilevante per la deducibilità dei componenti negativi del valore della produzione ai fini IRAP. Questo articolo analizza le diverse interpretazioni e implicazioni relative all’inerenza “civilistica” ai fini IRAP, con particolare enfasi sulla deducibilità dei costi e sull’onere della prova alla luce delle recenti pronunce della Cassazione e della prassi dell’Amministrazione finanziaria. Verranno forniti esempi pratici e una sezione di domande e risposte per una migliore comprensione della materia.
L’Inerenza “Civilistica” ai Fini IRAP: Le Interpretazioni della Cassazione
La Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 15115/2018, ha affermato che il principio di derivazione dalle voci rilevanti del Conto economico, applicabile per la determinazione della base imponibile IRAP delle società di capitali, non esclude la necessità di verificare l’inerenza dei costi dedotti. Tuttavia, la presunta assenza di inerenza non va contestata sulla base delle norme del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), bensì in virtù dell’appostazione degli oneri nel Conto economico in modo difforme rispetto ai principi contabili adottati dall’impresa.
Questo principio è stato ribadito anche dalle ordinanze successive, come la n. 7183/2021 e la sentenza n. 6492/2023, con riferimento ai canoni di leasing immobiliare. La Cassazione ha stabilito che tali canoni sono deducibili per l’importo stanziato nella voce B.8 del Conto economico (eccetto la quota interessi), senza tenere conto dei limiti forfetari valevoli in ambito IRES. La motivazione risiede nel fatto che i principi contabili nazionali non prevedono per i canoni di locazione finanziaria lo scorporo della parte correlata al costo delle aree.
Esempio Pratico: Un’impresa deduce interamente i costi di telefonia aziendale ai fini IRAP, nonostante il TUIR preveda un limite di deducibilità del 20%. Poiché i principi contabili non prevedono tale limitazione, l’Amministrazione finanziaria non può contestare l’inerenza di tali costi sulla base delle norme del TUIR, a meno che non dimostri che tali costi non sono stati correttamente appostati nel Conto economico secondo i principi contabili.
L’Interpretazione dell’Amministrazione Finanziaria
La posizione della Suprema Corte sembra ricalcare con maggior vigore quella già espressa in passato dall’Amministrazione finanziaria (cfr. circolari nn. 36/2009, § 1.2, e 39/2009), secondo la quale il principio di inerenza valido ai fini IRAP è quello “civilistico”, desumibile dalla corretta applicazione dei principi contabili.
Secondo l’Amministrazione finanziaria, l’assenza di inerenza è sindacabile in sede di controllo. Ad esempio, un costo non relativo all’attività d’impresa, bensì alla sfera personale degli amministratori o dei soci, non può essere dedotto dalla base imponibile IRAP solo perché civilisticamente imputato al Conto economico: in tale ipotesi, gli uffici hanno il potere di contestare al contribuente la mancanza di inerenza.
Il problema si pone in modo particolare con riferimento ai costi relativamente ai quali il TUIR introduce presunzioni legali di parziale inerenza, ponendo limiti alla relativa deducibilità (es. costi relativi agli autoveicoli, costi di telefonia, ecc.). Nei riguardi di tali oneri, per esigenze di semplificazione, l’inerenza (e, quindi, la deducibilità) ai fini IRAP sussiste nel limite della quota deducibile ai fini IRES. Se viene dedotto un ammontare superiore, il contribuente deve provare analiticamente l’inerenza all’attività d’impresa della quota di costo eccedente (questione che dovrebbe risultare di fatto automatica in presenza di beni correlati all’attività svolta e acquisiti in funzione della produzione di ricavi).
Esempio Pratico: Un’impresa deduce integralmente i costi relativi agli autoveicoli ai fini IRAP, nonostante il TUIR preveda un limite di deducibilità del 20%. In questo caso, secondo la prassi dell’Amministrazione finanziaria, l’impresa dovrebbe provare l’inerenza della quota di costo eccedente il 20% all’attività d’impresa.
L’Onere della Prova: L’Ordinanza n. 781/2024 e le Possibili Implicazioni
L’ordinanza n. 781/2024 della Cassazione ha introdotto un’ulteriore precisazione, affermando che la deducibilità ai fini IRAP di costi in misura maggiore rispetto ai limiti fissati dal TUIR è subordinata alla prova dell’inerenza, che deve essere fornita dal contribuente e non dall’Amministrazione finanziaria. Questa statuizione potrebbe sollevare dubbi sulla sua compatibilità con il nuovo articolo 7, comma 5-bis, del D.Lgs. 546/92, introdotto dalla Legge 130/2022, secondo cui l’onere della prova deve essere assolto dall’ente impositore.
Se questa interpretazione della Cassazione dovesse prevalere, potrebbe comportare un’inversione dell’onere della prova rispetto a quanto previsto dalla recente riforma. Ciò potrebbe creare incertezze e possibili contestazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria nei confronti dei contribuenti che deducono costi in misura superiore ai limiti del TUIR.
Esempio Pratico: Un’impresa deduce integralmente i costi relativi agli autoveicoli ai fini IRAP, nonostante il TUIR preveda un limite di deducibilità del 20%. Secondo l’ordinanza n. 781/2024, sarebbe onere dell’impresa provare l’inerenza della quota di costo eccedente il 20% all’attività d’impresa, contrariamente a quanto previsto dall’articolo 7, comma 5-bis, del D.Lgs. 546/92.
Conclusioni
La giurisprudenza e la prassi amministrativa hanno confermato l’applicabilità del principio di inerenza ai fini IRAP, sebbene con un’accezione “civilistica” desumibile dalla corretta applicazione dei principi contabili. Tuttavia, l’ordinanza n. 781/2024 ha sollevato alcune perplessità riguardo all’onere della prova in caso di deducibilità di costi in misura superiore ai limiti previsti dal TUIR. Se questa interpretazione dovesse prevalere, potrebbe creare incertezze e possibili contestazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria nei confronti dei contribuenti.
Nonostante ciò, sembra restare fermo il principio secondo cui l’Amministrazione finanziaria non può adoperare le forfetizzazioni del TUIR per contestare l’inerenza dei costi dedotti ai fini IRAP, qualora questi siano correttamente appostati nel Conto economico secondo i principi contabili adottati dall’impresa.
L’Agenzia delle Entrate potrebbe, tuttavia, avvalersi di altri strumenti per dimostrare l’eventuale indeducibilità di tali costi, come la mancata osservanza dei principi di competenza e di inerenza nella determinazione del reddito d’impresa ai sensi degli articoli 109 e 83 del TUIR, nonché l’inosservanza dei principi contabili nazionali.
In sintesi, sebbene la recente ordinanza n. 781/2024 abbia sollevato alcune perplessità, l’inerenza “civilistica” ai fini IRAP continua a rappresentare un principio cardine, ma con un onere della prova che potrebbe subire un’inversione rispetto a quanto previsto dalla recente riforma processuale tributaria.
Domande e Risposte
D: Quali sono le differenze nell’applicazione del principio di inerenza ai fini IRAP per le società di persone in regime “naturale” e le società di capitali?
R: Per le società di persone in regime “naturale”, che calcolano l’IRAP ai sensi dell’articolo 5-bis del D.Lgs. 446/97, i componenti rilevanti vengono assunti secondo le medesime regole valevoli per la determinazione del reddito d’impresa, applicando la stessa nozione di inerenza. Per le società di capitali e le società di persone con opzione, invece, si fa riferimento al principio di inerenza “civilistica”, desumibile dall’applicazione dei principi contabili.
D: L’Amministrazione finanziaria può contestare l’inerenza di un costo appostato correttamente nel Conto economico secondo i principi contabili?
R: Sì, l’Amministrazione finanziaria può contestare l’inerenza di un costo anche se correttamente appostato nel Conto economico secondo i principi contabili, nel caso in cui tale costo non sia effettivamente relativo all’attività d’impresa, bensì alla sfera personale degli amministratori o dei soci.
D: Cosa accade quando un’impresa deduce ai fini IRAP un ammontare di costi superiore rispetto ai limiti previsti dal TUIR?
R: Secondo l’ordinanza n. 781/2024 della Cassazione, in questo caso il contribuente deve provare analiticamente l’inerenza all’attività d’impresa della quota di costo eccedente rispetto ai limiti del TUIR. Tuttavia, questa posizione potrebbe essere in contrasto con il nuovo articolo 7, comma 5-bis, del D.Lgs. 546/92, che attribuisce l’onere della prova all’ente impositore.