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Nuove regole fiscali sui trust: tassazione anticipata, arricchimento effettivo e beneficiari

13 Febbraio, 2025

Le recenti modifiche introdotte dal D.Lgs. 139/2024 segnano un passaggio decisivo nella disciplina fiscale applicabile ai trust, chiarendo i criteri di imposizione e razionalizzando il sistema rispetto ai principi dell’imposta sulle successioni e donazioni. L’obiettivo del legislatore è stato quello di adeguare la normativa all’evoluzione giurisprudenziale, risolvendo dubbi interpretativi e introducendo meccanismi più precisi per garantire un’applicazione uniforme delle imposte.

Introduzione al nuovo regime fiscale dei trust

Il D.Lgs. 139/2024 ha introdotto nel D.Lgs. 346/1990 un nuovo articolo, il 4-bis, che ridefinisce in modo significativo la tassazione dei trust. La norma prevede che l’imposizione non avvenga più al semplice momento della costituzione del vincolo di destinazione, bensì al trasferimento effettivo dei beni o diritti ai beneficiari. Questo cambiamento riflette un principio fondamentale: l’imposizione fiscale deve basarsi su un arricchimento effettivo e definitivo del patrimonio di un soggetto. Inoltre, viene offerta un’opzione di tassazione anticipata, che stabilizza il rapporto tributario fin dall’inizio, ma con alcune limitazioni.

Vediamo ora nel dettaglio le implicazioni di queste modifiche, chi sono i soggetti coinvolti e come si applicano le nuove regole.

Il principio dell’arricchimento effettivo

La tassazione dei trust, secondo il nuovo articolo 4-bis, si fonda su un presupposto chiaro: l’imposta deve colpire solo gli arricchimenti reali e definitivi. Questo significa che il semplice atto di vincolare beni in un trust non è più sufficiente per generare un obbligo fiscale. Tale principio risponde a un’esigenza di equità, riconoscendo che un vincolo di destinazione, di per sé, non rappresenta un indice di capacità contributiva.

Ad esempio, immaginiamo un trust istituito per garantire il pagamento di debiti (trust di garanzia). In questo caso, non vi è alcun arricchimento per i beneficiari, e quindi non si genera alcuna imposizione fiscale. Al contrario, se i beni del trust vengono successivamente trasferiti senza corrispettivo ai beneficiari, allora si configura un arricchimento tassabile.

Questa impostazione esclude dalla rilevanza fiscale i trust privi di scopo liberale, come appunto i trust liquidatori o di garanzia, allineandosi alla giurisprudenza consolidata.

Il nuovo ruolo del beneficiario nella tassazione

Un elemento chiave della riforma riguarda il soggetto passivo dell’imposta, identificato nel beneficiario al momento del trasferimento dei beni. Il beneficiario diventa responsabile dell’autoliquidazione dell’imposta, tenendo conto delle franchigie e delle aliquote previste in base al rapporto con il disponente.

Ma chi si considera disponente? Non è solo colui che istituisce il trust, bensì ogni soggetto che, nel tempo, contribuisce alla dotazione patrimoniale del trust. Questo aspetto è particolarmente rilevante nei casi di trust con più apporti patrimoniali, dove il trustee ha l’obbligo di rendicontare separatamente gli apporti, consentendo ai beneficiari di calcolare correttamente l’imposta.

Ad esempio, se un trust viene finanziato da due persone (il padre e lo zio di un beneficiario), il calcolo dell’imposta dovrà tener conto delle diverse franchigie e aliquote applicabili in base al grado di parentela.

Modalità operative di autoliquidazione

L’articolo 4-bis richiama esplicitamente le modalità previste dall’art. 19 del D.P.R. 131/1986, che impone l’obbligo di denunciare l’evento tassabile entro 30 giorni dal trasferimento. Tuttavia, la norma prevede anche un rinvio a un futuro provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, che dovrà chiarire i dettagli operativi per il calcolo dell’imposta.

Questa fase di autoliquidazione rappresenta un momento cruciale, in quanto richiede ai beneficiari di operare con precisione, supportati dalla documentazione fornita dal trustee. È fondamentale che il computo tenga conto delle franchigie e delle aliquote applicabili, evitando errori che possano dar luogo a sanzioni.

L’opzione per la tassazione anticipata

Una delle novità più interessanti è la possibilità di optare per una tassazione anticipata, che può avvenire al momento della costituzione del trust o, in caso di trust testamentario, all’apertura della successione. Questa scelta consente di stabilizzare il rapporto tributario, evitando future imposizioni sui successivi accrescimenti patrimoniali.

Ad esempio, se un disponente trasferisce beni in un trust a favore dei figli e sceglie di tassare subito l’intera dotazione patrimoniale, eventuali rendimenti futuri di quei beni non saranno soggetti a ulteriori imposte. Tuttavia, questa opzione presenta alcune limitazioni: il calcolo iniziale dell’imposta è definitivo solo se i beneficiari originari rimangono invariati o appartengono alla stessa categoria. In caso di modifiche, ad esempio se i beni vengono trasferiti a beneficiari con un diverso grado di parentela, sarà necessario un conguaglio.

Trust già istituiti: cosa cambia?

Le nuove disposizioni si applicano anche ai trust già istituiti. Anche in questi casi, è possibile optare per la tassazione anticipata, purché siano rispettate le condizioni previste dalla norma. Questo vale anche per i trust che, al momento della loro istituzione, non erano stati soggetti a imposte proporzionali grazie all’applicazione di franchigie.

Immaginiamo un trust familiare istituito nel 2020, in cui i beni trasferiti erano esenti da imposta grazie alle franchigie disponibili. Con la nuova normativa, i beneficiari possono scegliere di tassare anticipatamente la dotazione patrimoniale, ottenendo così l’esonero da future imposizioni al momento del trasferimento dei beni.

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