Nel complesso panorama finanziario italiano, la questione dei prestiti concessi da soggetti non finanziari diversi dai soci rappresenta un tema di grande interesse e rilevanza per il mondo imprenditoriale. Questo articolo si propone di analizzare in dettaglio le condizioni in cui tali operazioni sono considerate legittime, esplorando il quadro normativo di riferimento e le implicazioni pratiche per le aziende coinvolte. Vedremo come, nonostante le restrizioni poste dalla legge sulla raccolta del risparmio presso il pubblico, esistano spazi di manovra significativi per le imprese che necessitano di finanziamenti alternativi ai tradizionali canali bancari.
Il quadro normativo di riferimento
La legislazione italiana pone limiti precisi all’attività di raccolta del risparmio presso il pubblico, riservandola principalmente alle banche e agli intermediari finanziari autorizzati. Questa restrizione è sancita dall’articolo 11, comma 2, del Decreto Legislativo 385/1993 (Testo Unico Bancario) e ribadita dalla Delibera CICR 1058/2005. Tuttavia, il legislatore ha previsto alcune importanti eccezioni a questa regola generale, aprendo la strada a forme di finanziamento inter-aziendale sotto determinate condizioni.
Finanziamenti all’interno dei gruppi aziendali
Una prima, significativa eccezione riguarda i finanziamenti all’interno dei gruppi aziendali. L’articolo 3, comma 2, del Decreto Ministeriale 53/2015 stabilisce che non configurano operatività nei confronti del pubblico le attività finanziarie esercitate esclusivamente all’interno del gruppo di appartenenza. Questa disposizione consente, ad esempio, a una società controllante di concedere prestiti alle proprie controllate, o viceversa.
L’articolo 8, comma 1, della Delibera CICR 1058/2005 amplia ulteriormente questa possibilità, permettendo la raccolta di risparmio tra società controllanti, controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del Codice Civile. Ciò significa che sono ammessi anche i finanziamenti tra società “sorelle”, ovvero controllate dalla stessa capogruppo, anche in assenza di partecipazioni dirette tra loro.
Trattative personalizzate e contratti di finanziamento
Un’altra importante eccezione è rappresentata dai finanziamenti basati su trattative personalizzate con singoli soggetti. L’articolo 2, comma 2, della Delibera CICR 1058/2005 stabilisce che non costituisce raccolta del risparmio tra il pubblico quella effettuata sulla base di trattative individuali, purché i contratti stipulati evidenzino chiaramente la natura di finanziamento dell’operazione.
Questa disposizione apre interessanti prospettive per le imprese, consentendo loro di ottenere prestiti da soggetti non finanziari esterni al proprio gruppo aziendale. È fondamentale, in questi casi, che il finanziamento sia adeguatamente “contrattualizzato”, specificando natura e destinazione del prestito, nonché le motivazioni alla base dell’operazione.
Vantaggi e rischi dei finanziamenti inter-aziendali
I finanziamenti tra imprese possono offrire vantaggi significativi sia per il soggetto finanziato che per il finanziatore. Per il primo, può rappresentare un’opportunità di ottenere liquidità a condizioni più vantaggiose rispetto ai canali bancari tradizionali. Per il secondo, può costituire un modo per impiegare proficuamente eccedenze di liquidità, ottenendo rendimenti superiori rispetto ad altre forme di investimento a basso rischio.
Tuttavia, è fondamentale che queste operazioni siano condotte con la massima cautela e trasparenza. La giurisprudenza ha infatti evidenziato come, in caso di fallimento, i finanziamenti inter-aziendali possano essere oggetto di scrutinio da parte degli organi della procedura concorsuale. In particolare, la Cassazione ha più volte sottolineato la necessità che tali operazioni generino vantaggi concreti per la società finanziatrice e siano giustificate da un punto di vista economico e strategico.
Aspetti penali e responsabilità
Sul fronte penale, è importante sottolineare che i finanziamenti inter-aziendali, se non adeguatamente giustificati e documentati, possono configurare il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale in caso di successivo fallimento. La Corte di Cassazione ha stabilito che, per escludere la natura distrattiva del finanziamento, è necessario dimostrare il saldo finale positivo delle operazioni compiute nell’interesse del gruppo o la concreta prevedibilità di vantaggi compensativi per la società apparentemente danneggiata.
Inoltre, l’articolo 2497 del Codice Civile sancisce la responsabilità diretta per abuso dell’attività di direzione e coordinamento nei confronti dei creditori delle società controllate. Questo significa che i vertici aziendali devono prestare particolare attenzione nel gestire i flussi finanziari all’interno del gruppo, evitando operazioni che possano ledere l’integrità patrimoniale delle singole società coinvolte.
Conclusioni
In conclusione, i prestiti concessi da soggetti non finanziari diversi dai soci rappresentano una valida alternativa di finanziamento per le imprese italiane, purché vengano rispettate le condizioni previste dalla normativa vigente. Che si tratti di operazioni all’interno di un gruppo aziendale o di finanziamenti basati su trattative personalizzate, è fondamentale che queste transazioni siano adeguatamente documentate e rispondano a logiche economiche chiare e giustificabili.