La recente riforma fiscale ha introdotto importanti novità nella disciplina della deducibilità delle spese sostenute dai lavoratori autonomi per gli immobili utilizzati nell’esercizio della professione, con particolare riferimento a quelli di proprietà di terzi. Il D.Lgs. n. 192/2024, attuativo della delega fiscale, ha modificato radicalmente il trattamento fiscale delle spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione straordinaria, eliminando il precedente limite del 5% e introducendo un meccanismo di deduzione semplificato. Questo cambiamento risponde all’esigenza di adattare la normativa alla realtà operativa dei professionisti, caratterizzata tipicamente da una limitata dotazione di beni strumentali ammortizzabili, che rendeva il precedente sistema poco funzionale.
Le tipologie di spese: incrementative e non incrementative
Nella pratica contabile è fondamentale distinguere le spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione in base alla loro natura. Si tratta di una distinzione che mantiene la sua rilevanza anche nel nuovo quadro normativo e che richiede particolare attenzione da parte dei professionisti.
Le spese non incrementative riguardano interventi di natura ordinaria, finalizzati a preservare l’efficienza del bene, mantenendone inalterate la vita utile prevista e le caratteristiche produttive originarie. In questa categoria rientrano interventi come:
- pulizia degli immobili,
- verniciatura,
- riparazioni di modesta entità,
- sostituzione di parti deteriorate dall’uso quotidiano.
Le spese incrementative, invece, si riferiscono a interventi che determinano un miglioramento sostanziale del bene, con un aumento significativo e misurabile di:
- capacità operativa,
- produttività,
- sicurezza,
- prolungamento della vita utile.
Questa distinzione non è meramente teorica, ma ha importanti risvolti pratici nella gestione fiscale degli immobili utilizzati dai professionisti.
Il trattamento fiscale previgente: limiti e criticità
Prima della riforma introdotta dal D.Lgs. n. 192/2024, l’art. 54, comma 2, del TUIR prevedeva che le spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione fossero deducibili nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili, con l’eccedenza deducibile nei cinque periodi d’imposta successivi.
Questo meccanismo presentava diverse criticità per i professionisti. In particolare:
- Il limite del 5% risultava spesso inadeguato per i liberi professionisti, che tipicamente possiedono beni strumentali di valore limitato rispetto alle imprese;
- Il calcolo della base di riferimento (valore dei beni ammortizzabili all’inizio dell’anno) risultava complesso e poteva generare incertezze interpretative;
- Il sistema creava disparità di trattamento tra situazioni sostanzialmente analoghe.
L’Agenzia delle Entrate era intervenuta con specifici chiarimenti, in particolare con la circolare 18 giugno 2008, n. 47/E e con la risoluzione 8 aprile 2009, n. 99/E, confermando che tale limitazione si applicava anche agli immobili di terzi utilizzati dai professionisti, sia in caso di locazione che di comodato.
Anche la giurisprudenza, con l’ordinanza della Suprema Corte del 13 marzo 2020, n. 7226, aveva confermato questa interpretazione, sottolineando che la circostanza che il professionista non fosse titolare di diritti reali sull’immobile non incideva sulla disciplina delle deduzioni.
Le nuove regole introdotte dalla riforma
Con l’intervento del D.Lgs. n. 192/2024, il legislatore ha completamente ridisegnato il quadro normativo. Il reddito di lavoro autonomo è ora disciplinato da più articoli del TUIR, con le spese relative all’ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione straordinaria di immobili regolate specificamente dall’art. 54-quinquies.
La novità principale è rappresentata dall’eliminazione del limite del 5% del valore dei beni ammortizzabili. L’ultimo periodo del comma 2 dell’art. 54-quinquies dispone ora che tali spese sono deducibili in quote costanti nel periodo d’imposta in cui sono sostenute e nei cinque successivi.
Questa modifica costituisce un notevole vantaggio per i professionisti, in quanto:
- Elimina la necessità di calcolare il valore complessivo dei beni ammortizzabili;
- Semplifica la gestione contabile e fiscale di tali spese;
- Consente una pianificazione più efficace degli interventi sugli immobili.
La relazione illustrativa al decreto fornisce un’importante indicazione sulle motivazioni di questa modifica, chiarendo che “quest’ultimo criterio, mutuato dalla disciplina del reddito d’impresa, mal si attaglia infatti alle attività di lavoro autonomo, a causa dell’esiguità del valore dei beni materiali ammortizzabili generalmente utilizzati nell’esercizio dell’arte o professione”.
Il caso degli immobili ad uso promiscuo
Un aspetto particolarmente rilevante della nuova disciplina riguarda gli immobili utilizzati dal professionista in modo promiscuo, ossia sia per l’attività professionale che per fini personali.
Il comma 3 dell’art. 54-quinquies stabilisce che:
- Le spese per i servizi relativi agli immobili utilizzati promiscuamente, nonché quelle relative alla manutenzione ordinaria, sono deducibili nella misura del 50%;
- Le spese relative all’ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione straordinaria di tali immobili sono deducibili per un importo pari al 50% del relativo ammontare e, comunque, in quote costanti nel periodo d’imposta in cui sono sostenute e nei cinque successivi.
È importante sottolineare che le spese di manutenzione ordinaria degli immobili di terzi utilizzati esclusivamente per la professione rimangono integralmente deducibili nel periodo d’imposta di sostenimento, seguendo il criterio di cassa.
Distinzione tra manutenzione ordinaria e straordinaria
Un elemento cruciale per l’applicazione corretta della nuova disciplina è la distinzione tra manutenzione ordinaria e straordinaria. La relazione illustrativa al decreto fornisce indicazioni precise in merito, richiamando le definizioni degli interventi edilizi contenute nell’art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico dell’edilizia).
Queste definizioni, richiamate anche dall’art. 16-bis del TUIR ai fini delle detrazioni per interventi di recupero del patrimonio edilizio, rappresentano un riferimento autorevole per distinguere le diverse tipologie di intervento.
In base a tali criteri:
- Manutenzione ordinaria: interventi di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici, nonché quelli necessari a integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti;
- Manutenzione straordinaria: opere e modifiche necessarie per rinnovare o sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici.
Esempi pratici di applicazione della nuova normativa
Per comprendere meglio l’impatto delle nuove disposizioni, esaminiamo alcuni casi concreti:
Esempio 1: Studio professionale in locazione con interventi di ristrutturazione
Un avvocato conduce in locazione un immobile di proprietà di terzi per il proprio studio professionale. Nel 2024 sostiene spese di ristrutturazione straordinaria per 60.000 euro.
Con la precedente normativa, la deducibilità sarebbe stata limitata al 5% del valore dei beni strumentali ammortizzabili. Ipotizzando beni strumentali per 40.000 euro, la deduzione annua sarebbe stata limitata a 2.000 euro, con l’eccedenza (58.000 euro) ripartita nei cinque periodi d’imposta successivi.
Con la nuova normativa, l’avvocato potrà dedurre 10.000 euro all’anno per sei anni (2024-2029), indipendentemente dal valore dei beni strumentali.
Esempio 2: Studio medico in immobile acquisito per donazione
Un medico utilizza come studio professionale un immobile ricevuto in donazione. Nel 2024 sostiene spese di ammodernamento per 30.000 euro.
Applicando le nuove regole, il medico potrà dedurre 5.000 euro all’anno per sei anni (2024-2029), senza dover fare riferimento al valore dei beni strumentali ammortizzabili in suo possesso.
Esempio 3: Studio utilizzato promiscuamente
Un commercialista utilizza parte della propria abitazione come studio professionale. Nel 2024 effettua lavori di ristrutturazione dell’intero immobile per 40.000 euro.
In base alle nuove regole, potrà dedurre il 50% della spesa (20.000 euro) in sei quote annuali di 3.333 euro ciascuna.
In sintesi
IN SINTESI Quali sono le principali novità introdotte dalla riforma fiscale in materia di deducibilità delle spese per immobili utilizzati dai lavoratori autonomi? Il D.Lgs. n. 192/2024 ha eliminato il limite del 5% per la deducibilità delle spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione straordinaria degli immobili utilizzati dai professionisti, introducendo un meccanismo di deduzione semplificato in quote costanti nell’anno di sostenimento e nei cinque successivi. Quali sono le tipologie di spese rilevanti ai fini fiscali? Le spese si distinguono in non incrementative, che riguardano interventi ordinari per il mantenimento del bene (come verniciatura e piccole riparazioni), e incrementative, che determinano un miglioramento sostanziale del bene, aumentando capacità operativa, sicurezza o durata utile. Quali erano i limiti e le criticità della disciplina previgente? Il precedente limite del 5% penalizzava i professionisti, che possiedono beni ammortizzabili di valore ridotto, e il calcolo della base di riferimento risultava complesso. Inoltre, la normativa creava disparità di trattamento tra situazioni simili. Come cambia il regime di deducibilità con la nuova normativa? Le spese di ristrutturazione e manutenzione straordinaria sono ora deducibili in sei anni, eliminando la necessità di calcolare il valore dei beni ammortizzabili e semplificando la gestione fiscale. Come viene trattato il caso degli immobili ad uso promiscuo? Le spese relative agli immobili utilizzati sia per attività professionale che per uso personale sono deducibili al 50%, comprese quelle per ammodernamento e ristrutturazione, sempre in quote costanti in sei anni. Qual è la distinzione tra manutenzione ordinaria e straordinaria? La manutenzione ordinaria comprende interventi di riparazione e rinnovo delle finiture e degli impianti esistenti, mentre quella straordinaria riguarda opere che modificano strutturalmente l’edificio o ne migliorano i servizi tecnologici e igienico-sanitari. |