Dal 2025 arriva una novità importante per i professionisti e i lavoratori autonomi: le spese sostenute per conto del cliente, ma non rimborsate, potranno essere dedotte sotto specifiche condizioni. Una norma che, di fatto, equipara tali situazioni al trattamento fiscale delle perdite su crediti per le imprese. Vediamo come funziona questa nuova disciplina e cosa cambia per gli operatori del settore.
Il nuovo regime di deducibilità
La deducibilità delle spese sostenute dai professionisti per conto dei clienti è sempre stata un tema delicato. Con le modifiche introdotte dal 2025, il legislatore ha voluto evitare una doppia penalizzazione per il lavoratore autonomo: non solo il mancato rimborso da parte del cliente, ma anche l’impossibilità di dedurre tali costi dal reddito imponibile. La nuova normativa, contenuta nell’articolo 54-ter del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), consente ora di dedurre queste spese non rimborsate, ma solo al verificarsi di specifiche condizioni, ispirandosi alla normativa già prevista per le perdite su crediti delle imprese.
Il principio generale: quando le spese non rimborsate diventano deducibili
La normativa stabilisce che, dal 2025, le spese sostenute dal professionista per l’esecuzione di un incarico e addebitate al cliente, ma non rimborsate, possono essere dedotte dal reddito imponibile. Tuttavia, ciò è possibile solo quando risulta evidente che il rimborso non potrà mai essere ottenuto.
Questo principio è particolarmente rilevante perché, fino a oggi, tali spese rimanevano a carico del professionista sia in termini economici che fiscali. Ora, invece, si riconosce che il mancato rimborso rappresenta una perdita economica reale, che deve essere considerata nel calcolo del reddito.
Le condizioni per la deducibilità richiedono che il committente (il cliente) si trovi in una situazione di difficoltà economica o insolvenza, regolata da procedure specifiche.
Le condizioni per la deducibilità: insolvenza, prescrizione e procedure infruttuose
Per rendere deducibili le spese non rimborsate, il professionista deve dimostrare che il cliente si trova in una delle seguenti situazioni:
- Crisi o insolvenza: Il cliente è stato assoggettato a una procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza disciplinata dal Decreto Legislativo 14/2019. Tra queste procedure rientrano il concordato preventivo, la liquidazione giudiziale, la ristrutturazione dei debiti e altre simili.
- Esecuzione infruttuosa: Il tentativo di recuperare il credito attraverso una procedura esecutiva individuale si è rivelato vano. Questo significa che, ad esempio, un pignoramento o altre azioni legali per il recupero delle somme non hanno avuto successo.
- Prescrizione del diritto: Il diritto del professionista a riscuotere il rimborso delle spese è prescritto. Questo accade quando è trascorso il termine legale entro il quale il credito poteva essere richiesto.
Queste condizioni richiedono una documentazione adeguata, che dimostri in modo oggettivo l’irrecuperabilità del credito.
Come e quando avviene la deduzione
La deduzione delle spese non rimborsate può avvenire a partire dalla data in cui si verifica una delle condizioni sopra descritte. Ad esempio, nel caso di una procedura di concordato preventivo, la data rilevante sarà quella del decreto che apre la procedura.
È importante sottolineare che la deduzione può essere effettuata anche in anni successivi, purché sia dimostrata la certezza della perdita economica. Questo aspetto è fondamentale per garantire che il professionista non subisca un ulteriore danno fiscale.
Un’eccezione interessante riguarda le spese di importo contenuto (fino a 2.500 euro). In questi casi, il professionista può dedurre il costo se, entro un anno dalla fatturazione, il cliente non ha provveduto al rimborso. La deduzione potrà avvenire nel periodo d’imposta in cui scade l’anno dalla fatturazione.
Esempi pratici: come applicare la norma
Per comprendere meglio come funziona questa nuova disciplina, esaminiamo due esempi concreti:
- Esempio 1: Un professionista ha sostenuto spese di viaggio e alloggio per conto di un cliente, per un totale di 3.000 euro. Nonostante i ripetuti solleciti, il cliente non rimborsa l’importo e, dopo un anno, il professionista avvia un’azione legale. La procedura esecutiva si conclude senza successo. A questo punto, il professionista può dedurre i 3.000 euro dal reddito imponibile, come previsto dalla normativa.
- Esempio 2: Un architetto sostiene spese per conto di un cliente che, successivamente, viene ammesso a una procedura di liquidazione giudiziale. Le spese non rimborsate ammontano a 1.800 euro. Poiché l’importo è inferiore a 2.500 euro, e il cliente non ha pagato entro un anno dalla fatturazione, l’architetto può dedurre la somma già a partire dal periodo d’imposta successivo.
Spese di vitto e alloggio: limiti di deducibilità
Un aspetto che merita attenzione riguarda le spese di vitto e alloggio, che sono soggette a limiti di deducibilità specifici. Anche in caso di mancato rimborso, tali spese potranno essere dedotte solo entro il limite del 75% del costo, e comunque non oltre il 2% dei compensi percepiti dal professionista nel periodo d’imposta.
Un dubbio interpretativo riguarda a quale anno fare riferimento per il calcolo del limite del 2%: quello in cui la spesa è stata sostenuta o quello della sua deduzione. Questo punto potrebbe richiedere chiarimenti futuri da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Obbligo di tracciabilità
Infine, il legislatore sottolinea l’importanza della tracciabilità delle spese per garantirne la deducibilità. In linea con quanto previsto dalla Legge di Bilancio 2025, spese di vitto, alloggio, viaggio e trasporto devono essere pagate tramite strumenti tracciabili (come carte di credito o bancomat). Questo requisito mira a ridurre l’evasione fiscale e aumentare la trasparenza.