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Recesso del Socio di srl: differenza indeducibile

3 Dicembre, 2024

Nel contesto delle società di capitali, la questione del recesso del socio e delle sue implicazioni fiscali rappresenta un tema di grande rilevanza. La recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato che la differenza tra il valore liquidato al socio recedente e la sua quota nominale di capitale sociale non può essere dedotta nei bilanci aziendali. Questa decisione sottolinea l’importanza di comprendere come la differenza da recesso si configuri come una liquidazione anticipata di utili futuri e, pertanto, non deducibile secondo l’articolo 109, comma 9, del TUIR.

Il Contesto del Recesso: Cosa Comporta per una Società

Quando un socio decide di recedere, la società di capitali è tenuta a liquidargli un importo che, spesso, è superiore al semplice valore nominale delle sue quote. Questo valore viene calcolato tenendo conto del valore di mercato della società, comprendendo quindi elementi come utili futuri attesi, avviamento e plusvalenze latenti.

Ad esempio, se una società è in crescita e ha acquisito un significativo avviamento, il valore della quota di un socio potrebbe riflettere questi aspetti, risultando superiore a quello nominale.

Cosa Stabilisce la Cassazione

L’ordinanza n. 27460 del 2024 della Cassazione ha ribadito un importante principio: la somma pagata a un socio che recede non può essere dedotta come un costo aziendale, in quanto rappresenta una retribuzione del valore latente delle sue quote. Questa liquidazione si traduce in una trasferimento diretto tra la società e i soci e non incide sul conto economico dell’azienda.

Questo quadro normativo è in linea con il decreto del Presidente della Repubblica n. 917/86, che specifica l’indeducibilità di tali componenti negative del reddito d’impresa.

Esempio Concreto: Il Caso della SRL e del Trust

Un caso specifico ha visto protagonisti due soci di una SRL che hanno ceduto le loro quote a un trust. Successivamente, il trust ha esercitato il diritto di recesso, ottenendo 500.000 euro, di cui solo 3.432 euro rappresentavano la quota nominale. La restante somma, una differenza da recesso di 496.568 euro, è stata contestata dall’Agenzia delle Entrate, che ha iniziato un accertamento fiscale.

La società è stata costretta a iscrivere questa differenza nel conto patrimoniale anziché nel conto economico, seguendo il principio dell’indeducibilità.

Conseguenze e Gestione Contabile

Il trattamento contabile di queste operazioni impone alle società di considerare attentamente le proprie riserve. Infatti, secondo il principio OIC n. 28, la differenza da recesso deve essere coperta da riserve disponibili. In mancanza di tali riserve, la società deve deliberare una riduzione del capitale sociale o, in casi estremi, considerare lo scioglimento.

Questo approccio assicura che le operazioni di recesso non compromettano l’equilibrio economico dell’azienda.

Conclusioni

Le aziende devono prestare particolare attenzione alla gestione dei recessi, pianificando accuratamente come affrontare la liquidazione delle quote senza provocare effetti negativi sui bilanci. La chiara comprensione di tali processi è cruciale per evitare futuri contenziosi fiscali. Il principio stabilito dalla Cassazione rafforza la necessità di una gestione patrimoniale attenta e informata, garantendo che le società di capitali si conformino alle disposizioni legali e fiscali vigenti.

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