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Regime forfettario e concordato preventivo: limite fissato a 150 mila euro

29 Luglio, 2024

Il panorama fiscale italiano si arricchisce di nuove disposizioni che interessano in modo particolare i contribuenti in regime forfettario. Il recente decreto legislativo correttivo della riforma fiscale, approvato dal Consiglio dei Ministri il 26 luglio 2024, introduce significative modifiche al concordato preventivo biennale, con implicazioni rilevanti per le partite IVA che adottano il regime agevolato. In questo articolo, esploreremo in dettaglio le novità introdotte, focalizzandoci sulle nuove soglie di reddito, le nuove cause di decadenza dal concordato e le tutele estese ai contribuenti forfettari. Analizzeremo inoltre le conseguenze pratiche di queste modifiche, fornendo esempi concreti per una migliore comprensione.

Il concordato preventivo biennale per i forfettari

Il concordato preventivo biennale rappresenta un’importante opportunità per i contribuenti in regime forfettario. Questa misura, introdotta dall’articolo 30 del Decreto Legislativo 13/2024, consente anche alle partite IVA più piccole di aderire a un accordo con il fisco per definire anticipatamente il proprio reddito imponibile valevole però solo per un anno. Il vantaggio principale risiede nella possibilità di “blindare” un imponibile inferiore a quello effettivamente realizzato, godendo di una sorta di scudo fiscale sui redditi eccedenti quelli concordati.

Per comprendere appieno l’importanza di questa novità, è necessario ricordare le regole base del regime forfettario. Attualmente, un contribuente esce da questo regime se nell’anno precedente supera gli 85.000 euro di ricavi o compensi. Inoltre, l’uscita è immediata se si oltrepassano i 100.000 euro nell’anno in corso. Il concordato preventivo offre quindi una possibilità di ottimizzazione fiscale, soprattutto per chi prevede una crescita significativa del proprio fatturato.

La nuova soglia dei 150.000 euro

Il decreto correttivo introduce una novità di grande rilevanza: una nuova causa di decadenza dal concordato preventivo per i contribuenti forfettari. Questa si verifica al superamento della soglia di 150.000 euro di ricavi o compensi nel corso del 2024. Tale limite è stato calcolato considerando un incremento del 50% rispetto alla soglia ordinaria di 100.000 euro, il cui superamento comporta già l’uscita dal regime forfettario nell’anno in corso.

Questa disposizione ha implicazioni significative. Se un professionista o un’impresa in regime forfettario, che ha aderito al concordato preventivo, dovesse registrare un’impennata dei ricavi oltre i 150.000 euro nel 2024, si troverebbe in una situazione complessa. Non solo sarebbe costretto ad abbandonare il regime forfettario, ma perderebbe anche i benefici del concordato preventivo.

Prendiamo ad esempio il caso di Maria, una graphic designer freelance. Maria ha aderito al concordato preventivo biennale per il 2024-2025, prevedendo un fatturato di circa 90.000 euro all’anno. Tuttavia, grazie a un importante progetto internazionale, nel 2024 i suoi compensi raggiungono i 160.000 euro. In questo scenario, Maria:

  1. Uscirà automaticamente dal regime forfettario a partire dal 2024.
  2. Vedrà decadere il concordato preventivo biennale.
  3. Dovrà rideterminare il proprio reddito secondo le regole ordinarie per il 2024.
  4. Sarà soggetta alle normali aliquote IRPEF progressive, perdendo il beneficio della tassazione agevolata prevista dal concordato.

Flat tax ulteriomente scontata in caso di adesione

Il decreto correttivo introduce una significativa modifica al regime fiscale dei forfettari che optano per il concordato preventivo biennale. L’imposta sostitutiva, già vantaggiosa nel regime forfettario standard, viene ulteriormente abbassata, creando un incentivo notevole per l’adesione a questo strumento fiscale.

Nello specifico, l’aliquota prevista per i forfettari che aderiscono al concordato si attesterebbe intorno al 10%, una riduzione considerevole rispetto al 15% applicato normalmente. Ma la vera sorpresa riguarda le startup: per queste realtà imprenditoriali nei primi cinque anni di attività, l’aliquota potrebbe scendere addirittura al 3%.

Prendiamo ad esempio il caso di Mario Rossi, libero professionista in regime forfettario con un fatturato di 50.000 euro. Con l’aliquota standard del 15%, Mario pagherebbe 7.500 euro di imposte. Aderendo al concordato preventivo con la nuova aliquota del 10%, la sua imposizione fiscale si ridurrebbe a 5.000 euro, con un risparmio netto di 2.500 euro.

Parità di trattamento: nuove tutele per i forfettari

Un’altra novità significativa introdotta dal decreto correttivo riguarda l’estensione di alcune tutele ai contribuenti in regime forfettario. In particolare, viene accolta la richiesta avanzata dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di estendere l’esclusione dagli accertamenti basati su presunzioni semplici anche alle partite IVA più piccole o meno strutturate che applicano il regime forfettario.Questa modifica rappresenta un importante passo verso un sistema fiscale più equo. Prima di questa novità, i contribuenti forfettari si trovavano in una posizione di svantaggio rispetto a coloro che potevano accedere al regime premiale degli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA). Ora, anche le imprese di minori dimensioni godranno delle stesse tutele in materia di accertamenti fiscali.

Per comprendere meglio l’importanza di questa modifica, immaginiamo il caso di Luca, un artigiano in regime forfettario. Prima della nuova normativa, Luca era potenzialmente soggetto ad accertamenti basati su presunzioni semplici, che potevano mettere in discussione la sua contabilità anche in assenza di prove concrete di irregolarità. Con le nuove disposizioni, Luca godrà di una maggiore protezione, allineandosi alle tutele già previste per le imprese più strutturate.

Conclusioni

Le novità introdotte dal decreto correttivo rappresentano un significativo cambiamento nel panorama fiscale per i contribuenti in regime forfettario. Da un lato, l’introduzione della soglia dei 150.000 euro come causa di decadenza dal concordato preventivo pone nuovi limiti e sfide per le partite IVA in crescita. Dall’altro, l’estensione delle tutele in materia di accertamenti fiscali rappresenta un passo avanti verso un sistema più equo e bilanciato.

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