L’applicazione del reverse charge nel sistema IVA è una modalità contabile pensata per contrastare le frodi fiscali, trasferendo l’obbligo di versamento dell’imposta dal fornitore al committente. Tuttavia, quando un acquisto non è inerente all’attività d’impresa, la detrazione dell’IVA può essere contestata dall’Agenzia delle Entrate. In questo articolo, analizziamo i chiarimenti forniti nel Telefisco 2025, soffermandoci sulla disciplina sanzionatoria e sui criteri che determinano la detraibilità dell’imposta in questi casi.
Il reverse charge e la sua funzione nel sistema IVA
Il meccanismo del reverse charge, o inversione contabile, è stato introdotto nell’ordinamento tributario italiano per prevenire fenomeni di evasione e frode. A differenza del regime ordinario, in cui l’IVA viene applicata e versata dal fornitore, nel reverse charge è il cessionario o committente a farsi carico dell’imposta, integrando la fattura ricevuta e registrandola sia nel registro delle vendite che in quello degli acquisti.
Questa modalità trova applicazione in settori specifici, come l’edilizia, la cessione di rottami e alcuni servizi digitali, ma il diritto alla detrazione resta soggetto alle regole generali dell’IVA, in particolare quelle che richiedono l’inerenza dell’acquisto all’attività d’impresa.
Quando l’IVA diventa indetraibile: il concetto di inerenza
L’inerenza è un principio cardine della disciplina fiscale e rappresenta il legame funzionale tra un costo e l’attività economica del soggetto passivo IVA. Se un bene o servizio acquistato non è direttamente riconducibile all’attività svolta, l’IVA non può essere portata in detrazione.
Secondo gli artt. 19 e ss. del DPR 633/1972, la detrazione dell’IVA è ammessa solo quando l’acquisto è finalizzato alla realizzazione di operazioni imponibili. Questo significa che, anche se un’operazione è soggetta a reverse charge, la detrazione può essere negata se manca il requisito dell’inerenza.
Ad esempio, un’impresa edile che acquista materiale per lavori destinati a un utilizzo personale del titolare non può detrarre l’IVA, poiché il bene non è funzionale all’attività d’impresa.
Le conseguenze della detrazione indebita e il regime sanzionatorio
Se il cessionario o committente detrae indebitamente l’IVA su un’operazione non inerente, l’Agenzia delle Entrate può contestare la detrazione e recuperare l’imposta, applicando le sanzioni previste dalla normativa.
Il riferimento normativo principale è l’art. 6, comma 6, del Dlgs. 471/1997, che punisce la detrazione indebita con una sanzione amministrativa proporzionale all’importo indebitamente detratto. Non si applicano invece le sanzioni più severe previste dai commi 9-bis.1 e 9-bis.2, che si riferiscono ad errori nell’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile.
Un aspetto interessante chiarito dall’Agenzia delle Entrate è che il principio di indetraibilità dell’IVA si applica anche nel regime del reverse charge, equiparando la posizione del committente a quella del fornitore nel regime ordinario.
L’orientamento della Corte di Cassazione e le implicazioni per le imprese
La giurisprudenza ha confermato più volte questo principio. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 140/2022, ha ribadito che il diritto alla detrazione IVA dipende sia da requisiti soggettivi (essere soggetto passivo IVA) che oggettivi (utilizzo del bene o servizio per operazioni imponibili).
Ne consegue che la registrazione della fattura nel registro degli acquisti, senza il rispetto dei criteri di inerenza, non legittima automaticamente la detrazione. L’annotazione errata può comportare accertamenti fiscali e il recupero dell’imposta da parte dell’Amministrazione finanziaria.
In sintesi
IN SINTESI Qual è la funzione del reverse charge nel sistema IVA? Il reverse charge è un meccanismo contabile introdotto per prevenire frodi fiscali ed evasione, trasferendo l’obbligo di versamento dell’IVA dal fornitore al committente. In questo regime, il cessionario integra la fattura ricevuta e la registra sia nel registro delle vendite che in quello degli acquisti. È applicato in settori specifici come l’edilizia, la cessione di rottami e alcuni servizi digitali. Quando l’IVA diventa indetraibile? L’IVA diventa indetraibile quando manca il requisito dell’inerenza, ovvero il legame funzionale tra l’acquisto e l’attività economica del soggetto passivo IVA. Secondo il DPR 633/1972, la detrazione è ammessa solo se l’acquisto è finalizzato alla realizzazione di operazioni imponibili. Ad esempio, un’impresa edile che acquista materiale per uso personale del titolare non può detrarre l’IVA perché il bene non è destinato all’attività d’impresa. Quali sono le conseguenze della detrazione indebita? Se un committente detrae indebitamente l’IVA su un’operazione non inerente, l’Agenzia delle Entrate può contestare la detrazione e recuperare l’imposta, applicando le sanzioni previste. L’arte. 6, comma 6, del Dlgs. 471/1997 una sanzione amministrativa proporzionale all’importo detratto indebitamente. Tuttavia, non si applicano le sanzioni più severe previste per errori nell’applicazione del reverse charge. Qual è l’orientamento della Corte di Cassazione in materia di detrazione IVA? La Corte di Cassazione ha ribadito con la sentenza n. 140/2022 che il diritto alla detrazione dipende sia dai requisiti soggettivi (essere soggetto passivo IVA) che oggettivi (utilizzo del bene o servizio per operazioni imponibili). La semplice registrazione della fattura nel registro degli acquisti non garantisce la detrazione, se manca l’inerenza. In caso di irregolarità, l’Amministrazione finanziaria può effettuare accertamenti e richiedere il recupero dell’imposta. |