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Rimborso riserve di capitale: impatto fiscale e contabile per il socio imprenditore

7 Marzo, 2025

Il rimborso delle riserve di capitale rappresenta un’operazione societaria con importanti risvolti fiscali e contabili. La recente Norma di comportamento n. 228 dell’AIDC del 26 febbraio 2025 chiarisce definitivamente quale trattamento applicare quando un socio imprenditore riceve somme a titolo di distribuzione di queste riserve. Contrariamente a quanto potrebbe sembrare da una prima lettura del principio contabile OIC 21, tali proventi non concorrono alla formazione del reddito d’impresa e necessitano di specifici accorgimenti in sede di dichiarazione. Vediamo insieme come orientarsi tra contabilità e fisco per evitare errori e cogliere le opportunità di questa particolare operazione societaria.

La dualità tra trattamento contabile e fiscale

Il socio che esercita attività d’impresa si trova spesso a dover gestire differenze tra il trattamento contabile e quello fiscale delle operazioni. Nel caso del rimborso di riserve di capitale, questa divergenza emerge in modo particolarmente evidente.

Dal punto di vista contabile, il principio OIC 21 prescrive che tutti i flussi finanziari ricevuti dalla partecipata debbano essere rilevati come proventi finanziari nel conto economico alla voce C15 “Proventi da partecipazioni”. Questo avviene indipendentemente dalla natura delle riserve distribuite, che siano esse di utili o di capitale.

Tuttavia, il legislatore fiscale ha previsto per le riserve di capitale un trattamento completamente diverso, disciplinato principalmente dall’art. 47, comma 5 del TUIR, che stabilisce che tali somme non costituiscono utili ma comportano una riduzione del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.

Questa asimmetria comporta la necessità di operare una variazione in diminuzione in sede di dichiarazione dei redditi, neutralizzando così l’impatto fiscale dell’importo contabilizzato come provento.

Quali sono le riserve di capitale

Prima di procedere, è fondamentale comprendere quali riserve possano qualificarsi come “di capitale” ai fini dell’applicazione della norma. L’art. 47, comma 5 del TUIR identifica esplicitamente diverse tipologie:

  • Riserve costituite con sovrapprezzi di emissione di azioni o quote;
  • Riserve formate con interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote;
  • Riserve derivanti da versamenti a fondo perduto o in conto capitale effettuati dai soci;
  • Riserve costituite con saldi di rivalutazione monetaria esenti da imposta.

Un esempio tipico è rappresentato dalla riserva sovrapprezzo azioni, che si forma quando le azioni vengono emesse ad un prezzo superiore al valore nominale. Anche i versamenti in conto capitale effettuati dai soci per rafforzare patrimonialmente la società senza aumentare il capitale sociale rientrano in questa categoria.

È importante ricordare che, come precisato dall’AIDC, queste riserve possono essere effettivamente considerate “di capitale” solo quando l’ammontare della riserva legale raggiunga almeno 1/5 del capitale sociale e non operi la presunzione legale dell’art. 47, comma 1 del TUIR.

Il meccanismo di tassazione spiegato passo per passo

Quando una società delibera la distribuzione di riserve di capitale, il meccanismo fiscale si articola in tre possibili scenari:

  • Se l’importo distribuito è inferiore al costo fiscale della partecipazione: non si genera alcun reddito imponibile, ma si deve ridurre corrispondentemente il valore fiscale della partecipazione.
  • Se l’importo distribuito è pari al costo fiscale della partecipazione: non si genera reddito imponibile, ma il valore fiscale della partecipazione si azzera.
  • Se l’importo distribuito eccede il costo fiscale della partecipazione: per la parte eccedente si genera una plusvalenza imponibile ai sensi dell’art. 86, comma 5-bis del TUIR.

Esempio pratico: la società Alfa Srl ha deliberato la distribuzione di una riserva sovrapprezzo quote per 50.000 euro. Il socio Beta, imprenditore individuale, possiede una partecipazione con valore fiscalmente riconosciuto di 80.000 euro. In questo caso:

  • Beta rileverà contabilmente un provento finanziario di 50.000 euro;
  • Fiscalmente dovrà operare una variazione in diminuzione dello stesso importo;
  • Il valore fiscale della sua partecipazione si ridurrà a 30.000 euro (80.000 – 50.000);
  • Nessuna plusvalenza sarà imponibile in quanto l’importo distribuito non eccede il costo fiscale.

La base normativa della variazione in diminuzione

La possibilità di effettuare una variazione in diminuzione in sede di dichiarazione dei redditi deriva dall’applicazione coordinata di diverse disposizioni del TUIR:

  • L’art. 83, comma 1, stabilisce che il reddito d’impresa si determina apportando all’utile di bilancio le variazioni conseguenti all’applicazione delle norme fiscali;
  • L’art. 86, comma 5-bis, specifica che costituiscono plusvalenze solo le somme eccedenti il valore fiscale della partecipazione;
  • L’art. 47, comma 5, sancisce che le somme ricevute a titolo di ripartizione di riserve di capitale non costituiscono utili.

Queste norme, come sottolineato dall’AIDC, rappresentano una deroga al principio di derivazione rafforzata, secondo cui la determinazione del reddito imponibile segue generalmente le risultanze di bilancio.

È importante notare che, diversamente da quanto avviene per gli utili societari, non si applica l’art. 89, comma 2 del TUIR, che prevede l’esclusione del 95% degli utili percepiti dalla formazione del reddito. Nel caso delle riserve di capitale, l’esclusione riguarda l’intero importo, fino a concorrenza del costo fiscale della partecipazione.

L’attenzione al differenziale tra valore contabile e fiscale

Un aspetto cruciale da tenere presente è che, a seguito della riduzione del valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione, potrebbe crearsi un disallineamento tra il valore contabile e quello fiscale.

Questo accade perché, mentre il valore fiscale si riduce automaticamente, il valore contabile resta invariato a meno che non si verifichi un’effettiva perdita di valore che richieda una svalutazione. Tale disallineamento deve essere attentamente monitorato e tracciato nella dichiarazione dei redditi, specificamente nel quadro RV.

Il monitoraggio è essenziale perché, in caso di futura cessione della partecipazione, la plusvalenza fiscale sarà determinata come differenza tra il corrispettivo percepito e il costo fiscalmente riconosciuto (ridotto), e non sulla base del valore contabile.

Esempio: riprendendo il caso precedente, se Beta cedesse la partecipazione per 70.000 euro:

  • Contabilmente rileverebbe una minusvalenza di 10.000 euro (70.000 – 80.000);
  • Fiscalmente realizzerebbe una plusvalenza di 40.000 euro (70.000 – 30.000);
  • Dovrebbe quindi operare una variazione in aumento di 50.000 euro.

Quando la distribuzione potrebbe nascondere utili: la presunzione legale

Un’insidia da non sottovalutare è rappresentata dalla presunzione legale contenuta nell’art. 47, comma 1 del TUIR. Questa norma stabilisce che, indipendentemente dalla delibera assembleare, si presumono prioritariamente distribuiti l’utile dell’esercizio e le riserve di utili.

Tale presunzione opera quando la società dispone contemporaneamente di riserve di utili e di capitale, e può comportare la riqualificazione della distribuzione come dividendo anziché come rimborso di capitale. In questo caso, il trattamento fiscale sarebbe completamente diverso, con applicazione dell’art. 89, comma 2 del TUIR (esclusione del 95%).

È quindi fondamentale verificare attentamente la composizione del patrimonio netto della società partecipata prima di procedere con la distribuzione di riserve di capitale, per evitare sorprese in sede di accertamento fiscale.

In sintesi

IN SINTESI


Qual è il trattamento contabile e fiscale del rimborso delle riserve di capitale? Dal punto di vista contabile, il principio OIC 21 prevede che i flussi finanziari ricevuti dalla partecipata siano rilevati come proventi finanziari nel conto economico. Tuttavia, fiscalmente, l’art. 47, comma 5 del TUIR stabilisce che tali somme non costituiscono utili, ma riducono il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione, rendendo necessaria una variazione in diminuzione nella dichiarazione dei redditi.


Quali riserve rientrano nella definizione di “riserve di capitale”? L’art. 47, comma 5 del TUIR individua diverse categorie: riserve da sovrapprezzi di emissione, da interessi di conguaglio, da versamenti a fondo perduto o in conto capitale, e da rivalutazione monetaria esente. Queste possono essere considerate di capitale solo se la riserva legale ha raggiunto almeno 1/5 del capitale sociale e non opera la presunzione legale dell’art. 47, comma 1 del TUIR.


Come funziona la tassazione del rimborso delle riserve di capitale? La tassazione dipende dal rapporto tra l’importo distribuito e il costo fiscale della partecipazione:

  • Se l’importo è inferiore al costo fiscale, non si genera reddito imponibile, ma si riduce il valore fiscale della partecipazione.
  • Se l’importo è pari al costo fiscale, la partecipazione si azzera senza effetti fiscali.
  • Se l’importo supera il costo fiscale, l’eccedenza genera una plusvalenza imponibile ai sensi dell’art. 86, comma 5-bis del TUIR.

Quali sono le implicazioni del disallineamento tra valore contabile e fiscale? La riduzione del valore fiscale della partecipazione non modifica il valore contabile, creando un disallineamento da monitorare nel quadro RV della dichiarazione dei redditi. In caso di futura cessione, la plusvalenza fiscale sarà calcolata sulla differenza tra il prezzo di vendita e il valore fiscale ridotto.


Quando la distribuzione delle riserve di capitale può essere riqualificata come utile? L’art. 47, comma 1 del TUIR prevede che, in presenza di riserve di utili e di capitale, si presumano prioritariamente distribuite le riserve di utili. Ciò può portare alla riqualificazione fiscale della distribuzione come dividendo, con un trattamento meno favorevole. Per evitare questo rischio, è necessario verificare la composizione del patrimonio netto prima di procedere con l’operazione.

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