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Srl si aprono al mercato: le innovazioni della legge Capitali

4 Ottobre, 2024

La legge Capitali (legge 5 marzo 2024, n. 21) ha introdotto importanti novità per le società a responsabilità limitata qualificabili come piccole e medie imprese (S.r.l. PMI), ampliando notevolmente le loro possibilità di accesso al mercato dei capitali. Analizziamo le principali innovazioni, sulla base del documento di ricerca elaborato dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti.

Premessa

La recente legge 5 marzo 2024, n. 21, nota come “legge Capitali”, ha introdotto importanti novità per le società a responsabilità limitata qualificabili come piccole e medie imprese (S.r.l. PMI), ampliando notevolmente le loro possibilità di accesso al mercato dei capitali. Queste innovazioni si inseriscono in un percorso di progressiva apertura del modello S.r.l. iniziato negli ultimi anni, con l’obiettivo di rendere questa forma societaria più flessibile e adatta alle esigenze di finanziamento delle PMI italiane.

La legge Capitali si pone come obiettivo principale quello di promuovere e incrementare la liquidità nel settore delle PMI, introducendo la facoltà per le S.r.l. PMI di dematerializzare le proprie partecipazioni mediante l’accesso al regime di gestione accentrata previsto dal Testo Unico della Finanza (TUF). Questa possibilità si affianca ai sistemi di circolazione già esistenti, offrendo nuove opportunità di finanziamento e crescita per le piccole e medie imprese.

Le principali novità riguardano:

  • La conferma e l’estensione di alcune deroghe al diritto societario già introdotte in precedenza;
  • La possibilità di creare categorie di quote standardizzate;
  • L’introduzione di un regime di dematerializzazione “forte” delle quote;
  • Nuove modalità di circolazione delle partecipazioni.

Queste innovazioni avvicinano ulteriormente le S.r.l. PMI al modello delle società per azioni, pur mantenendo le peculiarità tipiche della forma societaria a responsabilità limitata. Nel corso di questo articolo, analizzeremo in dettaglio ciascuna di queste novità, esaminandone le implicazioni pratiche e le opportunità che offrono alle PMI italiane.

Ambito applicativo e definizione di PMI

Per delimitare l’applicabilità delle nuove disposizioni introdotte dalla legge Capitali, occorre fare riferimento alla definizione di PMI contenuta nella Raccomandazione europea 2003/361/CE. Questa definizione è fondamentale per comprendere quali società a responsabilità limitata possano beneficiare delle nuove opportunità offerte dalla legge.

Secondo la Raccomandazione, sono considerate PMI le imprese che svolgono una qualsiasi attività economica, occupano meno di 250 persone e hanno un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro o un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro. È importante sottolineare che questi criteri devono essere considerati congiuntamente: il requisito del numero di dipendenti deve sempre essere soddisfatto, mentre è sufficiente che sia rispettato uno dei due criteri finanziari (fatturato o totale di bilancio).

Criteri dimensionali per la qualifica di PMI

I criteri dimensionali per la qualifica di PMI sono quindi tre: il numero di dipendenti, il fatturato annuo e il totale di bilancio. Il numero di dipendenti è considerato il criterio principale e deve essere sempre inferiore a 250. Per quanto riguarda i criteri finanziari, l’impresa deve rispettare almeno uno dei due limiti: un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro o un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro. Questi criteri si applicano all’impresa nel suo complesso, includendo eventuali imprese associate o collegate.

Distinzione tra micro, piccole e medie imprese

All’interno della categoria delle PMI, la Commissione Europea opera un’ulteriore distinzione. Le microimprese sono definite come imprese che occupano meno di 10 persone e realizzano un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro. Le piccole imprese sono quelle che occupano meno di 50 persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro. Le medie imprese, infine, si collocano tra i limiti delle piccole imprese e quelli generali delle PMI, quindi occupano tra 50 e 249 persone, con un fatturato annuo tra 10 e 50 milioni di euro o un totale di bilancio annuo tra 10 e 43 milioni di euro.

Perdita della qualifica di PMI

Un aspetto rilevante della definizione riguarda la perdita della qualifica di PMI. La Raccomandazione prevede che un’impresa perda tale qualifica solo se supera i limiti sopra indicati per due esercizi consecutivi. Questa previsione offre una certa stabilità alle imprese, evitando che fluttuazioni temporanee possano causare un immediato cambio di status. I dati da prendere in considerazione sono quelli dell’ultimo esercizio contabile chiuso e calcolati su base annua. Per le società di nuova costituzione, che non hanno ancora chiuso il primo esercizio, la Raccomandazione chiarisce che i dati relativi ai criteri dimensionali possono essere oggetto di una stima in buona fede.

È importante notare che, ai fini dell’applicabilità delle deroghe al diritto societario introdotte dalla legge Capitali, si fa riferimento alla definizione generale di PMI e non alle sottocategorie di micro, piccole e medie imprese. Questo approccio garantisce una maggiore flessibilità nell’applicazione delle nuove disposizioni, consentendo a un ampio spettro di imprese di beneficiare delle opportunità offerte dalla legge Capitali.

Deroghe al diritto societario per le S.r.l. PMI

La legge Capitali ha confermato ed esteso alcune importanti deroghe al diritto societario per le S.r.l. PMI, originariamente introdotte per le start-up innovative e successivamente ampliate. Queste deroghe mirano a rendere la forma societaria della S.r.l. più flessibile e adatta alle esigenze di finanziamento e crescita delle piccole e medie imprese.

Creazione di categorie di quote con diritti diversi

Una delle principali deroghe riguarda la possibilità di creare categorie di quote fornite di diritti diversi. L’art. 26, comma 2, del D.L. 179/2012 stabilisce che l’atto costitutivo della PMI costituita in forma di S.r.l. può creare categorie di quote con diritti diversi e, nei limiti imposti dalla legge, può liberamente determinarne il contenuto, anche in deroga a quanto previsto dall’art. 2468, commi secondo e terzo, del codice civile. Questa disposizione consente una notevole flessibilità nella strutturazione del capitale sociale, permettendo di attribuire diritti diversi a ciascuna categoria di quote, superando i limiti previsti per i diritti particolari dei soci nelle S.r.l. ordinarie.

La norma amplia significativamente l’autonomia statutaria, consentendo di creare diverse categorie di quote similmente a quanto avviene nelle S.p.A. con le categorie di azioni. Ciò permette di attribuire diritti diversi a ciascuna categoria di quote e di derogare al principio di proporzionalità tra diritti sociali e partecipazione al capitale. I limiti a questa libertà sono quelli generali del diritto societario, come il divieto di patto leonino, e quelli specifici delle S.r.l., come le cause di recesso inderogabili.

Flessibilità nel diritto di voto

Un’altra importante deroga riguarda la flessibilità nel diritto di voto. L’art. 26, comma 3, del D.L. 179/2012 consente alle S.r.l. PMI di creare categorie di quote con diritti di voto non proporzionali alla partecipazione. In particolare, è possibile creare quote prive del diritto di voto, quote con diritto di voto limitato a particolari argomenti, o quote con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative. Questa disposizione deroga espressamente all’art. 2479, comma 5, del codice civile, che stabilisce la proporzionalità tra voto e partecipazione nelle S.r.l. ordinarie.

La norma apre la possibilità di creare strutture di voto differenziate, incluse quote a voto plurimo o maggiorato, senza i limiti previsti per le S.p.A. Alcuni orientamenti di prassi ritengono che non si applichino alle S.r.l. PMI i limiti quantitativi previsti per le S.p.A. riguardo alle azioni con voto limitato o escluso, consentendo una maggiore flessibilità nella strutturazione dei diritti di voto.

Operazioni sulle proprie partecipazioni

La legge Capitali ha inoltre confermato la possibilità per le S.r.l. PMI di effettuare operazioni sulle proprie partecipazioni, in deroga al divieto generale previsto dall’art. 2474 c.c. L’art. 26, comma 6, del D.L. 179/2012 consente queste operazioni purché siano compiute in attuazione di piani di incentivazione che prevedano l’assegnazione di quote a dipendenti, collaboratori, amministratori o prestatori d’opera e servizi anche professionali. Questa deroga permette alle S.r.l. PMI di implementare piani di incentivazione basati su quote societarie, strumento importante per attrarre e fidelizzare talenti e figure chiave.

Offerta al pubblico delle quote

Infine, una deroga fondamentale riguarda la possibilità di offrire le quote al pubblico. L’art. 26, comma 5, del D.L. 179/2012 stabilisce che le quote di partecipazione in PMI costituite in forma di S.r.l. possono costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, anche attraverso i portali per la raccolta di capitali. Questa disposizione deroga al divieto generale per le S.r.l. di offrire le proprie quote al pubblico, aprendo importanti opportunità di finanziamento sia attraverso l’offerta diretta al pubblico delle quote sia attraverso l’utilizzo di piattaforme di equity crowdfunding.

Queste deroghe, nel loro complesso, delineano un quadro normativo che rende le S.r.l. PMI uno strumento molto più flessibile e adatto alle esigenze di finanziamento e crescita delle piccole e medie imprese innovative. La maggiore autonomia statutaria e le nuove possibilità di raccolta di capitali aprono scenari prima preclusi a questa forma societaria, avvicinandola sotto alcuni aspetti alle società per azioni.

Categorie di quote nelle S.r.l. PMI

Il d.l. 24 aprile 2017, n. 50 e il d.lgs. 3 agosto 2017, n. 129 hanno introdotto per le S.r.l. PMI la possibilità di creare categorie di quote e di offrirle al pubblico. Questa innovazione ha sollevato importanti questioni interpretative riguardo alla compatibilità di tali previsioni con il principio di unitarietà della partecipazione, tradizionalmente considerato un elemento caratterizzante delle S.r.l.

Superamento del principio di unitarietà della partecipazione

Il principio di unitarietà della partecipazione nelle S.r.l. si basa sull’idea che la quota rappresenti una posizione contrattuale unitaria del socio nei confronti della società, non frazionabile in parti predeterminate. Questo principio è stato tradizionalmente desunto da diverse disposizioni del codice civile, come l’art. 2463, comma 2, che richiede l’indicazione della “quota di partecipazione di ciascun socio” nell’atto costitutivo, o l’art. 2468, commi 1 e 2, che vieta la rappresentazione delle partecipazioni mediante azioni.

Tuttavia, l’introduzione della possibilità di creare categorie di quote per le S.r.l. PMI ha messo in discussione questo principio. Secondo l’orientamento prevalente in dottrina e nella prassi notarile, la previsione dell’art. 26, comma 2, d.l. 179/2012, pur non derogando espressamente al principio di unitarietà, avrebbe natura implicitamente derogatoria. Questa interpretazione si basa sull’idea che la creazione di categorie di quote sia incompatibile con una concezione rigida dell’unitarietà della partecipazione.

Standardizzazione e oggettivizzazione delle quote

La creazione di categorie di quote nelle S.r.l. PMI comporta un processo di standardizzazione e oggettivizzazione delle partecipazioni sociali. Questo significa che i diritti legati alle quote diventano oggettivi, cioè indipendenti dalla persona del socio, e standardizzati, ovvero uguali per tutte le quote appartenenti alla stessa categoria.

La standardizzazione implica che le quote di una stessa categoria abbiano uguale valore e attribuiscano gli stessi diritti. Questo aspetto è stato ulteriormente confermato dalla legge Capitali, che ha introdotto la possibilità di dematerializzazione delle quote di S.r.l. PMI, richiedendo espressamente che le quote dematerializzabili abbiano “eguale valore” e attribuiscano “eguali diritti”.

L’oggettivizzazione, d’altra parte, comporta che i diritti diversi siano incorporati nella quota anziché essere attribuiti al singolo socio, come avviene invece nel caso dei diritti particolari ex art. 2468, comma 3, c.c. Questo avvicina le categorie di quote delle S.r.l. PMI al modello delle categorie di azioni nelle S.p.A., pur mantenendo alcune differenze significative.

Coesistenza di quote ordinarie e di categoria

Un aspetto rilevante della disciplina delle categorie di quote nelle S.r.l. PMI riguarda la possibilità di far coesistere quote ordinarie e quote di categoria all’interno della stessa società. La dottrina e la prassi notarile prevalenti ritengono ammissibile una categorizzazione parziale del capitale sociale, non riscontrando alcuna limitazione normativa in tal senso.

Questa coesistenza può dar luogo a situazioni complesse, in cui alcuni soci detengono quote ordinarie, mentre altri possiedono quote appartenenti a una o più categorie speciali. In questo contesto, è importante che lo statuto della società disciplini attentamente i diritti e gli obblighi connessi a ciascun tipo di quota, nonché le modalità di conversione o trasferimento tra quote ordinarie e di categoria.

La possibilità di creare categorie di quote accanto alle quote ordinarie offre alle S.r.l. PMI una maggiore flessibilità nella strutturazione del proprio capitale sociale e nell’attrazione di investimenti. Tuttavia, richiede anche una particolare attenzione nella redazione degli statuti e nella gestione dei rapporti tra i soci, al fine di evitare conflitti e garantire un equilibrio tra le diverse posizioni all’interno della compagine sociale.

Circolazione delle quote attraverso portali di crowdfunding

La legge Capitali ha confermato e ulteriormente disciplinato la possibilità per le S.r.l. PMI di offrire le proprie quote al pubblico attraverso piattaforme di crowdfunding. Questa innovazione, introdotta inizialmente per le start-up innovative e successivamente estesa a tutte le PMI, rappresenta una significativa deroga al tradizionale divieto di offerta al pubblico delle quote di S.r.l. e apre nuove opportunità di finanziamento per queste società.

Disciplina dell’art. 100-ter TUF

L’art. 100-ter del Testo Unico della Finanza (TUF) costituisce il fulcro della disciplina relativa all’offerta di quote di S.r.l. PMI attraverso portali online. Questa norma, introdotta dal D.L. 3/2015 e successivamente modificata, prevede un regime speciale per la sottoscrizione e la circolazione delle quote offerte tramite portali di equity crowdfunding.

In particolare, l’art. 100-ter stabilisce che le quote di partecipazione in S.r.l. PMI offerte al pubblico attraverso portali online possono essere sottoscritte e successivamente alienate tramite intermediari abilitati alla prestazione di uno o più servizi di investimento. Questa previsione mira a semplificare il processo di investimento e disinvestimento nelle S.r.l. PMI, superando le tradizionali formalità richieste per il trasferimento delle quote di S.r.l.

La norma prevede inoltre specifiche tutele per gli investitori, tra cui l’obbligo per gli intermediari di effettuare la profilatura del cliente ai sensi della disciplina MiFID e di assicurare il rispetto del limite di investimento previsto per gli investitori non professionali. Questi obblighi mirano a garantire un’adeguata protezione degli investitori retail, bilanciando l’apertura del mercato con la necessità di tutelare i soggetti meno esperti.

Regime alternativo di sottoscrizione e trasferimento

Il comma 2-bis dell’art. 100-ter TUF introduce un regime alternativo di sottoscrizione e trasferimento delle quote, basato su un mandato conferito dai sottoscrittori a un intermediario. Secondo questo regime, l’intermediario:

  • Effettua la sottoscrizione o l’acquisto delle quote in nome proprio e per conto dei sottoscrittori o degli acquirenti;
  • Rilascia un’attestazione di avvenuta sottoscrizione o acquisto;
  • Tiene un registro delle quote sottoscritte o acquistate per conto di ciascun sottoscrittore o acquirente;
  • Provvede al trasferimento delle quote in caso di successiva alienazione.

Questo meccanismo consente di semplificare notevolmente la gestione delle partecipazioni, evitando la necessità di ricorrere all’atto pubblico o alla scrittura privata autenticata per ogni trasferimento di quote. L’intermediario agisce come mandatario dei sottoscrittori, gestendo le quote in regime di dematerializzazione “impropria”.

È importante sottolineare che questo regime alternativo è facoltativo e può essere adottato solo se espressamente previsto nell’offerta pubblicata sul portale. Inoltre, l’investitore ha sempre il diritto di richiedere la consegna materiale del titolo rappresentativo della sua partecipazione.

Ruolo degli intermediari abilitati

Gli intermediari abilitati svolgono un ruolo centrale nel sistema di circolazione delle quote attraverso portali di crowdfunding. Questi soggetti, che devono essere autorizzati alla prestazione di servizi di investimento, agiscono come interfaccia tra gli investitori e la società emittente, gestendo sia la fase di sottoscrizione che quella di successiva circolazione delle quote.

In particolare, gli intermediari sono responsabili di:

  • Verificare l’identità e la profilatura degli investitori;
  • Gestire il processo di sottoscrizione delle quote;
  • Tenere il registro delle partecipazioni;
  • Gestire i trasferimenti successivi delle quote;
  • Fornire agli investitori le informazioni relative alle loro partecipazioni.

Il ruolo degli intermediari è particolarmente rilevante nel regime alternativo di sottoscrizione e trasferimento, dove agiscono come mandatari degli investitori. In questo contesto, l’intermediario deve garantire la corrispondenza tra le risultanze del proprio registro e quelle del registro delle imprese, assicurando la certezza e la trasparenza delle partecipazioni.

La presenza di intermediari qualificati contribuisce a rendere più efficiente e sicuro il processo di investimento in quote di S.r.l. PMI attraverso piattaforme di crowdfunding, offrendo garanzie sia agli investitori che alle società emittenti. Tuttavia, è importante che gli intermediari operino con la massima diligenza e professionalità, dato il ruolo cruciale che svolgono nella tutela degli interessi di tutte le parti coinvolte.

Dematerializzazione delle quote di partecipazione

La legge Capitali ha introdotto una significativa novità per le S.r.l. PMI: la possibilità di dematerializzare le proprie quote di partecipazione mediante l’accesso al regime di gestione accentrata previsto dal Testo Unico della Finanza (TUF). Questa innovazione, definita come dematerializzazione “forte”, rappresenta un importante passo avanti nella modernizzazione del diritto societario italiano, offrendo alle S.r.l. PMI nuove opportunità di accesso al mercato dei capitali.

Introduzione del regime di dematerializzazione “forte”

L’art. 3 della legge 5 marzo 2024, n. 21 ha modificato l’art. 26 del d.l. 179/2012, introducendo i nuovi commi 2-bis, 2-ter e 2-quater che disciplinano la “Dematerializzazione delle quote di piccole e medie imprese”. Questo nuovo regime si affianca ai sistemi di circolazione preesistenti, quali il regime ordinario disciplinato dall’art. 2470 c.c., il regime di cui all’art. 36, comma 1-bis, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, e il regime di circolazione intermediata delle partecipazioni dematerializzate previsto dall’art. 100-ter del TUF per le S.r.l. PMI che ricorrono al crowdfunding.

La dematerializzazione delle quote nelle società a responsabilità limitata (S.r.l.) PMI consiste nella possibilità di gestire le quote di partecipazione al capitale sociale in forma digitale attraverso un sistema di gestione accentrata. In pratica, le quote non saranno più rappresentate da certificati cartacei, ma saranno registrate in un sistema elettronico gestito da un intermediario finanziario autorizzato. Questo sistema, già utilizzato per le azioni, facilita la circolazione delle quote e ne aumenta la trasparenza.

La dematerializzazione “forte” rappresenta un ulteriore passo avanti rispetto alla dematerializzazione “impropria” già prevista per le quote offerte tramite portali di crowdfunding. Mentre quest’ultima si basa su un sistema di intestazione fiduciaria e annotazioni presso registri tenuti da intermediari, la dematerializzazione “forte” prevede l’immissione delle quote nel sistema di gestione accentrata disciplinato dal TUF, analogamente a quanto avviene per le azioni delle società quotate.

Requisiti per la dematerializzazione

Il nuovo comma 2-bis dell’art. 26 d.l. 179/2012 stabilisce che le quote delle S.r.l. PMI che abbiano eguale valore e che attribuiscano eguali diritti “possono esistere in forma scritturale” ai sensi di quanto previsto dall’art. 83-bis del TUF. Da questa disposizione emergono i seguenti requisiti per la dematerializzazione:

  • Qualifica di PMI: solo le S.r.l. che rientrano nella definizione di PMI secondo la Raccomandazione 2003/361/CE possono accedere al regime di dematerializzazione;
  • Standardizzazione delle quote: le quote oggetto di dematerializzazione devono essere standardizzate, ovvero avere eguale valore e conferire eguali diritti. Questo requisito implica necessariamente la creazione di categorie di quote, possibilità introdotta per le S.r.l. PMI dal d.l. 50/2017;
  • Previsione statutaria: sebbene non espressamente menzionato nella norma, si ritiene che la possibilità di emettere quote in forma dematerializzata debba essere prevista nell’atto costitutivo della società, in analogia a quanto disposto dall’art. 2346 c.c. per le azioni di S.p.A.

La standardizzazione delle quote rappresenta un elemento fondamentale per la dematerializzazione, in quanto permette di superare il principio di unitarietà della partecipazione tipico delle S.r.l. tradizionali. Questo aspetto avvicina ulteriormente le S.r.l. PMI al modello delle società per azioni, facilitando la circolazione delle partecipazioni e l’accesso al mercato dei capitali.

Applicazione della disciplina del TUF sulla gestione accentrata

Il comma 2-ter dell’art. 26 d.l. 179/2012 prevede che alle quote emesse in forma scritturale si applichi la disciplina di cui alla sezione I del capo IV, titolo II-bis, parte terza del TUF, ovvero gli artt. 83-bis e seguenti. Questa disposizione comporta l’applicazione integrale del regime di dematerializzazione previsto per gli strumenti finanziari, con alcune importanti conseguenze:

  • Immissione nel sistema: le quote dematerializzate vengono immesse nel sistema di gestione accentrata gestito da un depositario centrale autorizzato;
  • Trasferimento mediante registrazioni contabili: la circolazione delle quote avviene attraverso registrazioni sui conti degli intermediari, senza necessità di atti notarili o altre formalità;
  • Legittimazione all’esercizio dei diritti: il titolare del conto presso l’intermediario è legittimato all’esercizio dei diritti sociali sulla base delle risultanze del conto stesso;
  • Vincoli sulle quote: eventuali vincoli sulle quote dematerializzate (pegno, usufrutto, etc.) sono opponibili ai terzi solo se annotati nel conto;
  • Irreversibilità: una volta dematerializzate, le quote non possono più essere rimaterializzate, salvo casi eccezionali previsti dalla legge.

L’applicazione di questa disciplina comporta una significativa semplificazione nella gestione e nella circolazione delle quote di S.r.l. PMI, rendendo questi strumenti più appetibili per gli investitori e facilitando l’accesso delle società al mercato dei capitali. Tuttavia, richiede anche un adeguamento delle strutture societarie e dei sistemi informativi per interfacciarsi con il sistema di gestione accentrata.

Impatti e opportunità per le S.r.l. PMI

Le novità introdotte dalla legge Capitali e le deroghe al diritto societario previste per le S.r.l. PMI hanno un impatto significativo su questa forma societaria, offrendo nuove opportunità ma anche sollevando potenziali criticità. In questo paragrafo, analizzeremo in dettaglio gli effetti di queste innovazioni normative.

Facilitazione dell’accesso al mercato dei capitali

La possibilità di dematerializzare le quote e di offrirle al pubblico rappresenta una svolta epocale per le S.r.l. PMI, aprendo loro le porte del mercato dei capitali. Questa innovazione consente alle piccole e medie imprese di accedere a fonti di finanziamento prima riservate alle società per azioni, superando uno dei principali limiti del modello S.r.l.

La dematerializzazione delle quote, in particolare, semplifica notevolmente il processo di circolazione delle partecipazioni. La gestione accentrata elimina la necessità di atti notarili per il trasferimento delle quote, riducendo tempi e costi delle operazioni. Questo aspetto rende le quote di S.r.l. PMI più appetibili per gli investitori, soprattutto quelli istituzionali, che possono ora considerare queste partecipazioni come una valida alternativa alle azioni di S.p.A.

Inoltre, la possibilità di utilizzare piattaforme di crowdfunding amplia ulteriormente le opportunità di raccolta di capitale. Le S.r.l. PMI possono ora rivolgersi direttamente a una platea di piccoli investitori, sfruttando le potenzialità del web per finanziare i propri progetti di crescita. Questo canale di finanziamento può risultare particolarmente vantaggioso per le start-up e le imprese innovative, che spesso faticano ad ottenere credito attraverso i canali tradizionali.

Maggiore flessibilità nella struttura societaria

Le deroghe al diritto societario consentono alle S.r.l. PMI di adottare strutture partecipative più flessibili e adatte alle proprie esigenze. La possibilità di creare categorie di quote con diritti diversi permette di modulare l’assetto societario in modo da attrarre investitori con esigenze diverse.

Ad esempio, la società può emettere quote prive di diritto di voto o con voto limitato per investitori interessati principalmente al rendimento economico, mantenendo al contempo il controllo nelle mani dei soci fondatori. Oppure può creare categorie di quote con diritti patrimoniali rafforzati per attrarre investitori di capitale di rischio.

Questa flessibilità consente alle S.r.l. PMI di adottare strutture partecipative simili a quelle delle S.p.A., mantenendo al contempo le caratteristiche tipiche della S.r.l., come la maggiore personalizzazione dei rapporti tra soci. Ciò può risultare particolarmente vantaggioso per le imprese in fase di crescita, che possono così modulare la propria struttura societaria in base alle diverse fasi del loro sviluppo.

Potenziali criticità e aspetti da considerare

Nonostante i numerosi vantaggi, le novità introdotte dalla legge Capitali comportano anche alcune potenziali criticità che le S.r.l. PMI devono attentamente considerare.

In primo luogo, l’apertura al mercato dei capitali implica una maggiore complessità nella gestione societaria. La presenza di categorie di quote diverse e di un azionariato potenzialmente più frammentato richiede una governance più strutturata e procedure decisionali più articolate. Le S.r.l. PMI dovranno quindi dotarsi di competenze e strumenti adeguati per gestire questa maggiore complessità.

Un altro aspetto da considerare è l’aumento dei costi di compliance. L’accesso al mercato dei capitali comporta infatti l’assoggettamento a una serie di obblighi informativi e di trasparenza tipici delle società quotate. Le S.r.l. PMI dovranno quindi essere pronte a sostenere i costi associati a questi adempimenti, che potrebbero risultare significativi per le imprese di minori dimensioni.

Inoltre, la dematerializzazione delle quote e la loro circolazione attraverso sistemi di gestione accentrata richiedono l’adozione di adeguate misure di sicurezza informatica. Le S.r.l. PMI dovranno investire in sistemi e procedure per garantire l’integrità e la sicurezza delle transazioni, proteggendosi da possibili rischi di frode o manipolazione.

Infine, l’apertura al pubblico risparmio espone le S.r.l. PMI a potenziali rischi reputazionali e legali. La società dovrà essere in grado di gestire le aspettative degli investitori e di comunicare efficacemente con il mercato, aspetti che richiedono competenze specifiche e una cultura aziendale orientata alla trasparenza.

Conclusione

le novità introdotte dalla legge Capitali offrono alle S.r.l. PMI opportunità senza precedenti di crescita e accesso al capitale. Tuttavia, per sfruttare appieno queste opportunità, le imprese dovranno essere pronte ad affrontare le sfide associate a una maggiore apertura al mercato, adeguando la propria struttura organizzativa e le proprie competenze. Solo attraverso una attenta valutazione dei benefici e dei rischi, le S.r.l. PMI potranno trarre il massimo vantaggio da questo nuovo quadro normativo.

Link Utili

Le s.r.l. PMI deroghe al diritto societario e novita introdotte dalla legge Capitale (FNC)

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