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Visto di conformità infedele: rischi e responsabilità tra sanzioni amministrative e conseguenze penali

30 Gennaio, 2025

Il visto di conformità, essenziale per l’utilizzo di crediti fiscali superiori ai 5.000 euro o per operazioni come la cessione del credito e lo sconto in fattura, rappresenta uno strumento cruciale nel sistema tributario italiano. Tuttavia, dietro questa attività apparentemente tecnica, si nascondono rischi significativi per i professionisti che lo rilasciano. In caso di errori, omissioni o dolo, le conseguenze possono essere tanto amministrative quanto penali, con sanzioni severe e potenziali accuse di concorso in reati tributari. Questo articolo analizza in dettaglio i profili normativi e operativi del visto di conformità, evidenziandone i rischi e le responsabilità per i professionisti, con l’obiettivo di fornire una guida chiara e completa.

Il ruolo del visto di conformità e la sua funzione nel sistema fiscale

Il visto di conformità è un’attestazione rilasciata da professionisti abilitati (commercialisti, consulenti del lavoro e CAF) che certifica la correttezza formale delle dichiarazioni fiscali. Si tratta di un controllo essenzialmente cartolare, volto a verificare la congruenza dei dati contabili e dichiarativi, oltre al rispetto delle norme che regolano detrazioni, crediti d’imposta e oneri deducibili.

In pratica, il professionista non è chiamato a compiere valutazioni di merito o approfondimenti investigativi, ma deve accertarsi che i documenti prodotti dal contribuente siano completi e coerenti con quanto dichiarato. Questo non significa, tuttavia, che il suo compito sia privo di responsabilità. Un errore o una leggerezza nella verifica può comportare conseguenze significative.

Ad esempio, immaginiamo un contribuente che riporti un credito IVA dall’anno precedente. Il professionista deve accertarsi che tale credito sia effettivamente spettante e che non siano state già effettuate compensazioni non dichiarate. Un controllo superficiale potrebbe portare all’apposizione di un visto infedele, con gravi ripercussioni.

Le sanzioni amministrative: quando il visto è infedele

L’articolo 39, comma 1, del Decreto Legislativo n. 241 del 1997 stabilisce che, in caso di visto di conformità infedele, si applica una sanzione amministrativa che varia da 258 a 2.582 euro. Questo tipo di violazione può derivare anche da imperizia o negligenza del professionista, senza che vi sia necessariamente dolo.

Ad esempio, se il professionista non verifica correttamente i documenti relativi a una detrazione fiscale pluriennale (come le spese per ristrutturazioni edilizie) e si limita a controllare i dati dell’anno corrente senza considerare quelli degli anni precedenti, il visto potrebbe risultare infedele. Anche un errore apparentemente banale, come la mancata verifica di una ricevuta, può configurare una violazione.

Le sanzioni diventano più gravi in caso di violazioni ripetute o di particolare gravità, fino alla sospensione o revoca dell’abilitazione a rilasciare il visto di conformità. Questo rappresenta un rischio non solo economico, ma anche reputazionale per il professionista.

Quando il professionista rischia conseguenze penali

Il campo delle responsabilità si complica ulteriormente quando il visto infedele si configura come mendace, ovvero rilasciato in modo consapevole e intenzionale, nonostante la conoscenza di elementi impeditivi. In tal caso, il professionista può essere coinvolto nel concorso nel reato tributario commesso dal contribuente che beneficia del visto irregolare.

Un caso emblematico è quello delle indebite compensazioni di crediti d’imposta superiori a 50.000 euro annui. Se, a seguito di controlli documentali, tali crediti risultano inesistenti o non spettanti, il professionista che ha rilasciato il visto può essere chiamato a rispondere penalmente. Non è necessario che il professionista sia l’ideatore della frode fiscale; è sufficiente che abbia agito con consapevolezza, fornendo un contributo materiale o psicologico alla realizzazione dell’illecito.

La giurisprudenza recente (Cassazione n. 30329 del 2022) ha chiarito che il visto di conformità mendace può essere considerato un mezzo fraudolento atto a ostacolare i controlli dell’Amministrazione finanziaria. Pertanto, il professionista potrebbe essere incriminato per reati come la dichiarazione fraudolenta o l’indebita compensazione.

La linea sottile tra errore e dolo: l’importanza della diligenza

Un elemento cruciale è la distinzione tra errore umano, negligenza e dolo. La Cassazione (n. 1220 del 2025) ha stabilito che non è necessario dimostrare che il professionista sia il “consapevole ispiratore della frode”. È sufficiente che fosse consapevole della non conformità dei dati e che abbia agito con l’intenzione di avallare un’operazione irregolare.

Questo significa che, per evitare problemi, il professionista deve adottare un approccio estremamente rigoroso e documentare ogni passaggio del controllo. Ad esempio, deve conservare copia di tutti i documenti verificati e annotare eventuali richieste di integrazione al contribuente. La diligenza professionale è la migliore difesa contro accuse di complicità in frodi tributarie.

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